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Intelligenza artificiale, tra opportunità di investimento e falsi miti

Ospiti del Tech Forum 2024 di TopLegal, gli esperti del settore hanno discusso il ruolo cruciale della tecnologia per aziende e startup, individuando le sfide del futuro

09-05-2024

Intelligenza artificiale, tra opportunità di investimento e falsi miti

 

 

di Francesca Lai

L’influenza sempre più pervasiva dell’intelligenza artificiale (AI) ha portato il legislatore dell’Unione Europea a unire in un’unica norma tutte le prassi e i codici di condotta finora applicati da parte di imprese e istituzioni nell’utilizzo delle tecnologie algoritmiche. È nato così l’AI Act, prima legge al mondo sull’intelligenza artificiale, approvata dal Parlamento Ue il 13 marzo 2024.

La panoramica sulla posizione dell’Ue in merito all’AI ha aperto il Tech Forum 2024, il convegno organizzato da TopLegal, che si è svolto martedì 23 aprile a Milano. L’evento, moderato da Valentina Magri, content coordinator di TopLegal, è stato sostenuto dai media partner Italia Economy e Decripto.org.

 

«Grazie a questo regolamento, l’Ue è la prima a passare da un regime di pratiche consigliate e no, a obblighi e divieti ben definiti», ha dichiarato in video collegamento Brando Benifei, eurodeputato correlatore dell’AI Act, dando inizio all’incontro. Gli obiettivi del nuovo regolamento Ue sull’AI sono due: «da un lato prevenire gli eventuali pericoli derivabili dai sistemi di AI ad alto rischio, dall’altro sostenere lo sviluppo dell'innovazione e della produttività, garantendo all'Europa una posizione di primato nel settore».

A conferma del fatto che la rivoluzione dell’AI è in atto da diverso tempo, obbligando le aziende a implementare autonomamente procedure di sicurezza, Marilù Capparelli, general counsel di Google, ha ricordato che la società tecnologica si occupa di AI da quasi vent’anni. Quanto al timore che l’intelligenza artificiale si sostituisca all’uomo, per Capparelli è infondato: «Anche qualora fosse l’AI a eseguire una lastra, «il tocco del radiologo non potrebbe mai mancare». Agli interventi introduttivi sono seguite due tavole rotonde, che hanno indagato le ultime frontiere della tecnologia e le opportunità di investimenti.

 

Le ultime frontiere della tecnologia

Per fare in modo che l’intelligenza artificiale diventi alleata delle imprese e delle istituzioni è necessario un approccio strategico e coerente con le norme vigenti. Rosy Cinefra, vice president, head of legal & compliance di Ntt Data Italia, ha affermato: «I sistemi di machine learning possono essere soggetti ad attacchi adversarial, che vanno ad intaccare gli input inseriti nel modello di AI e, di conseguenza, gli output senza che l’occhio umano se ne renda conto». Nel caso del deep learning, invece, occorre fare una riflessione relativa alla sostenibilità. «Si tratta di sistemi estremamente energivori – continua Cinefra –.  Le aziende dovranno valutarne l’implementazione sulla base degli obiettivi Esg».

 

Per Alessandra Bini, senior counsel, trust and compliance Europe di Ibm, è «importante chiarire l’obiettivo che ci si pone con utilizzo dell’AI, stabilire i principi e poi, sulla base di questi, costruire un sistema di governance pervasivo all’interno dell’organizzazione». La transizione non può prescindere dalla collaborazione tra imprese, cosa che accade nel caso dell’AI Alliance, la collaborazione tra Ibm e altre big del settore nata per affrontare le sfide provenienti dall’intelligenza artificiale innovandosi insieme.

In merito al rapporto tra Gdpr (il regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Ue, ndr) e AI Act, è intervenuto Ernesto Covello, specialista senior group Dpo di Bper Banca, che ha competenze legali multisciplinari legate anche alla Digital Compliance e all’AI,  specificando che «quanto previsto dall’AI Act è un lavoro che non è nuovo, il legislatore continua il lavoro fatto con il Gdpr nel 2016, continua a sostenere l’innovazione nel rispetto dei diritti, le libertà, ambiente, sicurezza: si parla di futuro.». Oltre alla trasparenza, i requisiti e i principi che l’AI Act prevede devono necessariamente integrarsi con quelli di cui al Gdpr secondo un risk-based approach:  la valutazione di impatto sui diritti fondamentali e la Dpia, la compliance anticipata. «Non soltanto una verifica ex post degli algoritmi – ha precisato Covello – ma si tratta di una compliance by design & life cicle by design, ossia per tutti il ciclo di vita del sistema di AI e del trattamento dei dati personali e per fare ciò deve cambiare l’approccio della compliance, deve essere capace di anticipare, innovare e accogliere il cambiamento».

 

Ascensionato Raffaello Carnà, partner di Carnà & Partners, è «fermamente convinto che lo sviluppo e l’implementazione di nuove tecnologie sono e saranno sempre più collegate alla compliance». Illustra, in particolare, uno scenario in cui l'intelligenza artificiale rappresenta non solo un catalizzatore di significativa trasformazione, metodologica e culturale, ma, soprattutto, una partner della funzione compliance. E aggiunge: «Carnà & Partners sta portando avanti progetti relativi all’AI, per cui siamo consapevoli che esistano opportunità (ad esempio, l’incremento dell'efficienza e dell'efficacia delle funzioni di compliance, la predizione, altro) e rischi (ad esempio, tematiche di privacy, sicurezza dei dati, bias e discriminazione). Secondo Carnà «il tutto, connesso alla dipendenza crescente dalla tecnologia, imponge seri interrogativi (etici e operativi) che le aziende dovranno affrontare con saggezza e prudenza; delinea un ruolo proattivo verso il cambiamento da parte dei compliance officer affinche siano leader (e non vittime) della trasformazione in atto».

 

Come ogni cambiamento, anche l’AI comporta dei rischi di cui bisogna essere consapevoli. «I cyber attacchi sono un trend crescita – ha rivelato Luca Bechelli, membro del Comitato Scientifico del Clusit (Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica) –. In Italia nel 2023 gli episodi sono cresciuti del 64%. La cybersicurezza deve essere la priorità delle grandi e piccole imprese: è l’elemento abilitante che permette l’evoluzione».  Del resto «le frodi informatiche sono seconde solo al furto tradizionale – ha aggiunto Bechelli –. Si tratta di un fenomeno che coinvolge l’intera società».

 

La blockchain può essere un valido antidoto al cattivo utilizzo dell’AI. Secondo Giorgio Scura, direttore e fondatore di Decripto «se l’intelligenza artificiale crea in serie copie digitali all’infinito, la blockchain può essere utilizzata per certificare le fonti e i contenuti unici e veri». Tra le minacce più insidiose ci sono i fake trading e i fake recovery, ossia truffe legate a finti investimenti che raccolgono centinaia di migliaia di euro. In questo scenario «Le piattaforme, come Google o Meta, hanno la grande responsabilità di bloccare sul nascere attività fraudolente che sono assolutamente riconoscibili».

 

Investire nella tecnologia

«È l’industria di della venture capital a guidare gli investimenti in ambito AI in Italia» ha spiegato Roberto Magnifico, board member di Italian Tech Alliance (Ita). «Nel nostro Paese è un settore di investimenti ancora allo stato embrionale». È giunto il momento di «cambiare questo paradigma, di rendere l’Italia meta per talenti imprenditoriali proveniente dall’estero e di valorizzare quelli locali». Per contrastare la stagnazione della capitalizzazione di Borsa Italiana è indispensabile investire nell’innovazione, in cui sta il futuro del Paese.

Tra i rari investitori in ambito AI sin dal 2010, spicca Ignazio Castiglioni, ceo di Hat sgr, private equity che fin dalla sua fondazione, ha sempre investito in tecnologia. «La buona notizia è che l’Italia presenta un’ampia opportunità di investimenti in tecnologia perché è qui il mercato è ancora arretrato, il settore digitale è in forte crescita».

Luca Rancilio, amministratore delegato di Rancilio Cube sicaf, è passato nel 2013 dal mercato delle macchine per caffè professionali a quello liquido. Erede della famiglia imprenditoriale legata allo storico marchio nato nel 1926, Rancilio si è ritrovato a «interpretare e studiare un ambito a lui non conosciuto, arrivando a investire in America, Germania, Israele, UK e costruendo un corposo portafoglio di operazioni dirette».

 

Infine, Giorgio Ciron, direttore di InnovUp, ha affermato: «l’open innovation è essenziale per le nostre aziende. Guardando al Dax, il principale indice azionario tedesco, il 97% delle aziende quotate svolge attività di corporate venture capital, mentre nell’equivalente italiano, ovvero il Ftse Mib, si attesta intorno al 15%. Si tratta di un valore che allontana molto il nostro Paese dalla media di altre aziende del Vecchio Continente e che mostra un atteggiamento delle aziende italiane poco incline al rischio e all’innovazione. Per crescere è necessario che si inizi a seguire l’esempio tedesco, con aziende che interagiscono quotidianamente con le startup testandole, conoscendole e alzando ai massimi livelli le proprie capacità produttive».


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