Scenari

A un passo dal futuro, intelligenza artificiale in studio

L'esempio di Portolano Cavallo e i risultati più importanti della ricerca dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano

02-05-2018

A un passo dal futuro, intelligenza artificiale in studio

 

Solo il 34% degli studi professionali italiani ha un sito internet e il 26% una pagina social. Sono alcuni dei risultati più importanti della ricerca dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, giunto nel 2017 alla sesta edizione. Un’indagine che ha coinvolto oltre 4.000 studi di avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro e multidisciplinari, fornendo un’interessante fotografia dello stato dell’arte dell’innovazione tecnologica delle realtà professionali di tutta Italia. E ha lanciato diversi spunti di riflessione, come l’esperienza dello studio Portolano Cavallo nell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, raccontata dal suo fondatore Francesco Portolano.

Investimenti cercasi
La firma elettronica è l’unica tecnologia ampiamente diffusa, presente nella quasi totalità del campione osservato (97%). Ogni altra tecnologia, incluso il sito web, è presente in meno della metà del campione: il cloud è adottato totalmente o parzialmente dal 46%, la fatturazione elettronica si ferma al 42%, le videochiamate al 36%, i software per il controllo di gestione al 26% mentre i sistemi di Crm sono presenti solo nel 3% dei casi analizzati. Nonostante siano in crescita, gli investimenti appaiono dunque ancora limitati. E sono proprio gli avvocati ad avere più resistenze nei confronti dell’innovazione: la categoria dei legali nel 2017 ha speso mediamente in tecnologie informatiche solo 5.300 euro, rispetto agli 8.700 dei consulenti del lavoro, agli 8.800 dei commercialisti e agli oltre 14.000 degli studi multidisciplinari. Gli studi più interessati agli investimenti Ict si trovano al nord: il 23% spende più di 10.000 euro, contro il 15% del centro e il 5% del sud. 

Innovazione law driven
L’indagine ha ricostruito la traiettoria che porta dallo studio tradizionale allo studio digitale attraverso il cosiddetto “maturity model”, un approccio al miglioramento dei processi costituito da fasi evolutive per migliorare le prestazioni partendo dalla consapevolezza dello status quo. Gestione delle informazioni, ambiente di lavoro e infrastruttura, servizi offerti e gestione del cliente sono gli asset da sviluppare per passare da un approccio law driven a uno market oriented, trasformandosi in uno studio ”virtuoso”. A quest’ultima categoria appartengono meno del 10% delle realtà analizzate, che si distinguono per essere data driven, smart working e omnichannel. Gli studi “law driven” sono invece ancora la maggioranza, il 51% secondo l’indagine. Claudio Rorato, direttore dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale, ha commentato: “Accanto a una minoranza crescente in grado di sfruttare le nuove tecnologie per innovare i servizi, i processi interni e la relazione col cliente, ci sono ancora molte realtà che stentano ad avviare modelli organizzativi e di business innovativi. Pur con velocità diverse, tuttavia, la conoscenza di base sull’uso delle tecnologie digitali è senz’altro aumentata negli ultimi cinque anni in tutti gli studi professionali”. 

Intelligenza artificiale, un caso concreto
All’incontro di presentazione della ricerca è intervenuto Francesco Portolano, fondatore e partner dello studio Portolano Cavallo, che ha presentato la propria esperienza nell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale. “Per noi non è mai stato un valore fare le cose allo stesso modo in cui le abbiamo sempre fatte e allo stesso modo in cui le fanno tutti”, ha affermato Portolano, che ha introdotto nel suo studio le macchine intelligenti da circa un anno. Utilizzato per le due diligence, ovvero per analizzare migliaia e migliaia di pagine di documentazione ed evidenziare le criticità per chi compra un’azienda, al momento i software non possono ancora sostituire il lavoro di praticanti e professionisti, ma il futuro è dietro l’angolo. L’Intelligenza Artificiale cambia il lavoro, ma non è detto che cambi nell’immediato. Il software sbaglia, quindi lo studio continua a lavorare come sempre, utilizzandolo come supporto nei processi e nel workflow. La sensazione però è che il software sia affidabile al 99%, quindi ben più di un praticante. Ma siamo in un territorio totalmente inesplorato. 

Minacce e opportunità
Una reportistica automatica molto efficiente, un’enorme automazione dei processi per le parti a minor valore aggiunto e in generale un incremento esponenziale della velocità: sono questi i vantaggi più evidenti, che vanno tuttavia soppesati con cura in relazione ai vincoli che al momento i sistemi di AI e machine learning presentano. Il software non vede quello che non c’è, non capisce il collegamento tra documenti, non capisce l’importanza delle cose, non dice come risolvere i problemi e non conosce l’italiano e la legge, ma può impararli. In conclusione l’esperienza dello studio è molto positiva, non ci sono state difficoltà e resistenze interne, e i professionisti hanno reso alcuni processi meno farraginosi. Diverso è stato invece l’impatto verso l’esterno: non tutti gli advisor in un processo di vendita sono pronti a capire cosa succede con le AI, e nemmeno tutti sanno che esiste.

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