Nonostante il periodo di crisi non stimoli la richiesta di consulenza, il settore legato alla proprietà intellettuale e alla sua tutela costituisce un ambito nel quale continua a percepirsi un certo dinamismo. Se un tempo solo le grandi imprese si preoccupavano di tutelare i loro diritti di privativa relativi alla proprietà intellettuale, oggi la domanda proviene anche dalle piccole e medie imprese e dalle start-up legali. In particolare nell’ultimo biennio, secondo i risultati emersi nell’ultima ricerca condotta dal Centro Studi TopLegal (numero di luglio- agosto 2014), si è registrata una notevole biforcazione dei mandati. Da un lato quelli più importanti, appannaggio di grandi multinazionali, soprattutto nel settore farmaceutico e dell’elettronica, con particolare attenzione al contenzioso. Dall’altro lato, un aumento di mandati provenienti da clienti piccoli e medio piccoli, soprattutto riferiti alla consulenza stragiudiziale (contrattualistica e gestione di portafogli Ip). Nel settore della contrattualistica, in particolare, si è registrato un incremento legato alla stesura e negoziazione di non- disclosure agreement ( ndr), testi tradizionalmente prodromici all’attività di ricerca e sviluppo di nuovi progetti e prodotti.
A questo trend, va aggiunto un altro segnale proveniente dal mercato: la riduzione del contenzioso seriale e di medio piccole dimensioni. La crisi economica degli ultimi anni ha colpito anche il settore Ip. Così le imprese, in un’ottica di risparmio, preferiscono optare laddove possibile per una soluzione stragiudiziale delle controversie piuttosto che sostenere le spese processuali di un contenzioso. Più di ogni altra cosa, tuttavia, è l’istituenda Corte unificata dei brevetti che impone di ripensare completamente sia l’enforcement sia la difesa dei brevetti. L’Italia non ha al momento aderito a questo nuovo sistema europeo, ma senz’altro i suoi effetti si sentiranno anche all’interno dei confini nazionali. Ciò in ragione soprattutto del regime trilinguistico adottato – in base al quale i nuovi brevetti unitari saranno redatti solo in inglese, tedesco o francese – che penalizzerà tutti quei consulenti italiani che non hanno dimestichezza con le altre lingue.
L’effetto di questa duplice spinta da parte della domanda – il nuovo target di clientela (piccole imprese e start up) e la diminuzione del contenzioso – impone agli studi legali specializzati in Ip di diversificare la loro offerta, creando dei servizi idonei a penetrare nuovi mercati.
Reagendo a questa istanza di rinnovamento, la boutique specializzata in proprietà intellettuale Trevisan & Cuonzo nel corso degli ultimi mesi ha compiuto alcuni passi per intercettare i segnali provenienti dal mercato. L’anno scorso ha inaugurato un gruppo di lavoro denominato « 4Innovation » con servizi e prezzi dedicati al target delle start-up. E, più recentemente, ha diversificato il servizio, affiancando al contenzioso, che rimane la specialità in cui lo studio ottiene i maggiori consensi dal mercato, una specializzazione come il lavoro, al fine di conquistare una maggiore presa nella consulenza ordinaria. È così che, lo scorso gennaio, con l’ingresso del giuslavorista ed ex partner di Lablaw Edgardo Ratti, ha dato corpo a un dipartimento di diritto del lavoro. A questa ricerca di nuovi clienti e nuovi filoni di business, l’insegna ha affiancato una revisione dei processi interni con l’intenzione di migliorare la qualità e ridurre alcuni costi ai clienti.
Start- up, dove inizia il rinnovamento
Con l’avvio del progetto 4Innovation a sostegno della crescita delle aziende italiane ad alto valore innovativo nel 2014, Trevisan & Cuonzo ha festeggiato i vent’anni di attività. Lo studio fornisce « una consulenza iniziale a costo zero » – sottolinea Gabriel Cuonzo – a partire dalla ricerca di potenziali investitori al fine di trasformare le intuizioni imprenditoriali in prodotti concreti. Quello delle start-up, è bene precisare, non può certo essere un nuovo business visto i tanti impedimenti a partire dall’ormai endemica carenza di venture capital, i fondi messi a disposizione delle aziende da parte del sistema bancario e degli investitori istituzionali. A ciò si aggiunge la generale diffidenza che sia gli operatori del settore che gli investitori istituzionali hanno verso un mondo dove le operazioni sono viste come eccessivamente a rischio. Ben poche start-up, infatti, sopravvivono sul mercato.
Posto che lo studio non conta di poter guadagnare da quest’attività (« all’inizio si crea un vuoto di fatturato e i margini prodotti successivamente sono irrilevanti per una struttura come la nostra ») è interessante il motivo “ ideologico” fornito da Counzo. Si tratta piuttosto di un «ottimo esercizio» per gli avvocati perché dialogare con le microimprese tecnologiche «obbliga a guardare alla contemporaneità. Cosa che spesso gli studi non fanno. Sono clienti che ti fanno sentire vecchio e ti spingono verso l’innovazione». Come lo stesso studio evidenzia, non sono però le start-up i clienti target, che rimangono le grandi aziende e le multinazionali straniere. Oltre alle grandi aziende e alle start-up, Trevisan & Cuonzo punta anche al mercato delle pmi, un bacino le cui opportunità sono ancora da sviluppare.
Differenziare per innovare
Al traino della spinta verso l’innovazione, nei mesi scorsi lo studio ha inoltre aperto un dipartimento di lavoro. La proprietà intellettuale è per definizione una practice di nicchia, in cui una buona fetta di mercato è in mano a boutique iperspecializzate. Tendenza giustificata dal fatto che, a differenza di dipartimenti come il corporate, il contenzioso o il restructuring, l’Ip non ha bisogno di grandi strutture. Tuttavia, il contesto di mercato sta cambiando. Mentre prima l’attività era focalizzata soprattutto sul contenzioso, la scommessa del settore nei prossimi anni sarà, invece, il superamento del giudiziale. Un minore accesso alla giustizia, perché costoso, è già in corso e la Corte centrale dei brevetti acuirà la tendenza.
L’attività stragiudiziale è, invece, in forte crescita. Nell’ottica di un’espansione e di una promozione delle innovazioni e della tecnologia nazionale verso i mercati esteri, le imprese italiane hanno sviluppato rapporti commerciali internazionali. Da qui il proliferare di mandati riguardanti la negoziazione della contrattualistica commerciale, la gestione dei portafogli Ip e delle licenze.Mantenendo come core business l’Ip, Trevisan & Cuonzo ha deciso di differenziare l’offerta, leggendo nel lavoro una contiguità rispetto al suo core business. « A volte ci sono accordi di lavoro estremamente complessi legati a brevetti e design e i nostri clienti avanzavano già da tempo richieste di assistenza », spiega Cuonzo.
D’altronde, questa possibile sinergia tra lavoro e Ip era già emersa nei mesi scorsi. A settembre 2014, infatti, la boutique lavoristica Lexellent aveva aperto la sua sede all’of counsel Renato d’Andrea, esperto di Ip proveniente dallo studio Bda.
Si tratta di mosse tarate sulle esigenze delle aziende, che non celano alcuna ambizione da parte di queste boutique a strutturarsi come insegne multipractice. Piuttosto, sono tentativi di rispondere alla richiesta di un approccio trasversale avanzata dai clienti, i cui problemi difficilmente sono confinabili all’interno di un’unica practice, e di « accelerare i tempi di evoluzione del modello e riorganizzare lo studio in modo tale da soddisfare quel bisogno », osserva Cuonzo. Lontana dall’obiettivo di crescita con scarsa progettualità che ha caratterizzato il settore legale per un ventennio, questa operazione è piuttosto orientata a valorizzare la propria specializzazione attraverso investimenti funzionali a creare sinergie utili per i clienti.
Realismo e revisione interna
Le strutture professionali devono orientarsi in base alla domanda che guida l’offerta: legge economica tanto semplice quanto a lungo dimenticata dagli studi legali. « Oggi rimanere ancorati a una visione tradizionale è un atteggiamento suicida », conferma Cuonzo, per cui « un buon efficientamento interno e una spending review sono essenziali per uno studio moderno ». È così che, oltre alla ricerca di nuovi clienti e nuovi filoni di business, l’insegna ha iniziato un percorso di revisione interna per aumentare la qualità e ridurre i costi.
Lo studio ha cercato di migliorare l’interfaccia amministrativa e linguistica offerta ai clienti investendo in tecnologia e adeguandosi alle modalità di processare ogni relazione consulenziale tipica delle aziende, dall’obbligo dell’e- billing a pareri non più lunghi di una pagina. A questo, si è aggiunto un adeguamento rispetto al processo di revisione dei costi imposto da tutti i clienti. Contrario alla lotta basata sui prezzi (« in un mercato parcellizzato come l’Ip si possono trovare offerte economiche che variano dai 5 ai 500 euro ») , lo studio ha aperto alle fee con cap. « Stare nel cap si può. Basta saper gestire i costi », spiega Cuonzo. Ad esempio, tramite una comunicazione più essenziale con risposte veloci e pareri corti e operativi e il cui taglio richiede un’ora di lavoro e non un giorno.
Questa strategia ha significato aumentare la seniority interna perché per rispondere velocemente ed efficacemente agli imput serve competenza. Con 10 soci e 30 professionisti, la squadra ha attualmente una leva di due professionisti per ogni socio. Leva piuttosto bassa si traduce in minori margini; ma una tale struttura interna del lavoro sarebbe obbligatoria perché, secondo Cuonzo, non si può più come accadeva prima massimizzare i profitti grazie ai giovani. In compenso, tuttavia, sarebbe aumentato il valore per il cliente grazie al miglioramento della qualità del servizio inteso come sommatoria di più elementi: « buona interfaccia amministrativa, assunzione del rischio, reperibilità h24, qualità e trasparenza della parcellazione, tempi stretti di risposta, qualità intellettuale e prezzi giusti ». Raggiungendo questa qualità complessiva del servizio, a detta di Cuonzo, il valore dato al cliente può essere tradotto anche in termini di parcellazione, anche se il nuovo equilibrio qualità- costo non potrà mai più essere quello di un tempo. « All’ombra della globalizzazione c’è tantissimo lavoro da fare per emancipare il mercato e farlo innovare. » E questa sfida dovrebbe essere letta positivamente dagli studi perché, conclude Cuonzo, « impone realismo e qualità ».
Trevisan & Cuonzo