I protagonisti della consulenza legale capitolina ne sono sicuri: sotto le rovine della città eterna si trova un cuore economico pulsante, pronto a emergere in superficie. Nel frattempo, i grandi studi full service, le boutique specializzate e gli studi monopersonali guidati da professori universitari si contendono un comparto legale saturo. Un contesto in cui i mandati sono legati a doppio filo ai settori produttivi del territorio e le boutique e i professori resistono con pervicacia nelle proprie nicchie di appartenenza. Mentre i più dinamici, come emerge dall’indagine di TopLegal tra le insegne del territorio, esplorano nuove aree di domanda. Sullo sfondo c’è l’avvento degli alternative legal service providers (Alsp), ovvero gli studi legali non tradizionali ad alto contenuto tecnologico, che iniziano a far sentire la loro presenza sul tessuto competitivo anche nella piazza capitolina.
Nuove rotte per i mandati
Se nel settore pubblico Roma spadroneggia in ragione della sua vicinanza alle istituzioni pubbliche, nel comparto privato si scatena la competizione con Milano dove negli anni si è spostato il baricentro delle attività legate alla finanza, ma anche all’industria produttiva che gravita al Nord. Stessa sorte anche per il private equity, che si concentra a Londra e Milano con poche società target su Roma. E questo ha comportato una diminuzione delle operazioni di finanza e capital markets nella capitale.
Tuttavia, occorre segnalare che la crescita di acquisizioni di aziende italiane da parte di operatori e investitori stranieri spinge il sempreverde settore M&A. In questo comparto Marco Monaco Sorge, of counsel di Tonucci, evidenzia la crescente richiesta di due diligence nella fase preliminare all’eventuale acquisizione in merito a contenziosi in essere o potenziali, diritto del lavoro, tematiche ambientali e autorizzazioni.
Ma la presenza di grandi società multinazionali risulta limitata se confrontata con la situazione milanese, così come l’insediamento delle strutture di vertice dei grandi gruppi bancari, assicurativi e informatici. Vi sono comunque eccezioni come alcune società quotate, anche a larga capitalizzazione, alcune delle quali nate dal processo di privatizzazione di grandi aziende pubbliche. La domanda di servizi legali riguardante operazioni industriali, osserva il managing partner di Chiomenti Filippo Modulo, è sensibilmente influenzata dal coinvolgimento delle società privatizzate che hanno mantenuto il proprio centro di interessi a Roma, così come anche i servizi legali connessi a operazioni che vedono il necessario ruolo di una o più Authority, come Banca d’Italia, Consob, Agcm e l’Autorità Garante della Privacy. Anche per questo motivo rimane elemento imprescindibile di un’insegna competitiva sulla piazza capitolina una solida preparazione dei consulenti nell’ambito dei settori regolamentati.
In termini di concentrazione di imprese, restano forti sul territorio i settori produttivi del cinema e audiovisivo (si pensi a Twentieth Century Fox) e del farmaceutico (Angelini). La consulenza capitolina deve quindi confrontarsi da un lato con il trasferimento al Nord Italia del mondo della finanza e di numerose e importanti aziende (per citarne alcune Sky, Unicredit e Almaviva), dall’altro con il calo di alcuni comparti storici come il contenzioso. L’unica tipologia di litigiosità avvertita in aumento è quella tributaria, in ragione della recente proliferazione di norme tributarie. In questo specifico campo, si segnala la crescita della domanda di pianificazione – a livello aziendale ma anche di gruppo familiare – degli aspetti successori, contabili e fiscali.
Queste dinamiche hanno spinto la consulenza legale della capitale a reinventarsi e trovare nuovi sbocchi. Per esempio, nel settore delle nuove tecnologie, in cui «anche grazie all’attività svolta da Lazio Innova e da altri operatori pubblici – come fa notare il partner di Akran Federico Bellan – le piccole e medie imprese altamente innovative sono accompagnate in un processo di accelerazione». Il settore immobiliare, tra i maggiori colpiti dalla crisi, trova oggi nuova linfa nella valorizzazione del patrimonio della capitale che diventa funzionale al turismo con la costruzione di strutture recettive di alto livello. L’interesse e gli investimenti da parte di operatori stranieri nel settore dell’ospitalità, rilevano gli esperti, fa da contraltare alla delusione diffusasi tra gli operatori per la mancata candidatura alle Olimpiadi del 2024. Una spinta che sostiene i mandati nel campo del real estate e della contrattualistica immobiliare.
Un mercato saturo
Il mercato legale romano è espressione esemplare di quello che, su scala nazionale, è il problema dominante del comparto: un’offerta sensibilmente sovrabbondante rispetto alla domanda. Sul territorio, proliferano sia gli studi legali full service – sebbene in misura minore rispetto a Milano – che le boutique con al massimo 10-15 professionisti. Allo stesso modo non cedono il passo gli studi composti dal solo professionista, spesso professore universitario. Nonostante la convivenza serena di più forme di esercizio della professione legale, ciascuna capace di rispondere a una domanda di servizi legali in parte diversa, per qualcuno lo spazio inizia ad assottigliarsi sensibilmente.
Paolo Ricci, socio di Ls Cube, si pone in ottica più critica nei confronti dei piccoli studi. Questa insegna, infatti, pur non avendo dimensioni globali, riesce a occuparsi di operazioni multigiurisdizionali e multidisciplinari attraverso un modello operativo basato su collaborazioni con colleghi esterni alla struttura dello studio. Sulla base della propria esperienza, Ricci nota che «le boutique oggi hanno un futuro solo se si concentrano sull’innovazione e su specifici settori industriali, nei quali possano essere riconosciute. Altrimenti sono destinate a essere assorbite in un’ondata di consolidamento che è ancora lontana dall’arrestarsi».
Nella capitale, inoltre, si sente sempre di più la pressione della concorrenza degli alternative legal service providers (Alsp) Realtà come Axiom e Thomson Reuters Aml bussano alla porta della città eterna e le Big Four, a metà strada tra gli studi legali e gli Alsp, espandono le proprio aree di azione. «Il proliferarsi di istituti cosiddetti paralegali, siti e altri sistemi tecnologici che forniscono automaticamente documenti e simili – rivela Giancarlo Marzo di Loconte – produce di fatto una forte concorrenza agli studi legali nelle attività più routinarie e con apporto intellettuale minore». Inoltre, i legali interpellati confermano anche nel settore privato il perdurare di una delle principali criticità del mercato legale romano: la natura relazionale delle dinamiche che portano al conferimento degli incarichi. A detrimento di criteri più meritocratici, infatti, nella capitale hanno un peso rilevante le relazioni precedenti al mandato, che frenano la dinamicità del mercato. «Rispetto ad altri mercati legali – rileva Federica Paternò, partner e responsabile della sede di Roma di Toffoletto De Luca Tamajo – Roma si mostra più statica, complice un retaggio che affonda le sue origini dall’epoca di “pre-privatizzazione” delle aziende».
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