Alta moda e terzi fornitori di servizi: il ruolo del modello organizzativo ex D. LGS. 231/2001 ed i rischi connessi ad eventuali lacune ed omissioni

16-09-2024

Alta moda e terzi fornitori di servizi: il ruolo del modello organizzativo ex D. LGS. 231/2001 ed i rischi connessi ad eventuali lacune ed omissioni

La recente giurisprudenza di merito e nello specifico il Tribunale di Milano, ha ribadito come le Società operanti nel settore della moda possano trovarsi coinvolte in ipotesi di sfruttamento del lavoro, ex art. 603-bis del Codice penale, qualora non siano previsti adeguati sistemi di gestione della catena di approvvigionamento.

Di Giuliano Cuomo e Armando Ottone.

 

IL CASO IN ESAME

Tra i mesi di gennaio e giugno 2024 la Sezione Autonoma Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto la misura dell’amministrazione giudiziaria, ex art. 34 D. Lgs. 159/2011 (cd. Codice Antimafia), nei confronti di tre società operanti nel settore della moda (Alviero Martini, Armani e Dior), per avere colposamente agevolato la commissione del reato di “Illecita intermediazione e sfruttamento del lavoro”, ex art. 603-bis del Codice penale, posto in essere da alcuni opifici cinesi cui era stata subappaltata parte della produzione (Trib. Milano, decr. 15 gennaio 2024, n. 1; Trib. Milano, decr. 3 aprile 2024, n. 10; Trib. Milano, decr. 5 giugno 2024, n. 12).

Dalle indagini avviate dalla Procura Meneghina è emerso uno schema di condotta piuttosto ricorrente da parte delle società dell’alta moda coinvolte, in base al quale:

1.      le case di moda, al fine di ridurre i costi e accelerare i tempi di produzione, affidavano, mediante contratti di appalto, la realizzazione dei capi di abbigliamento (o parti di essi) ad imprese fornitrici non in grado di fornire garanzie in termini di sicurezza e gestione del personale;

2.      ciò accadeva perché l’azienda appaltatrice disponeva solo “formalmente” di capacità produttiva, potendo provvedere alla creazione della merce commissionata ma non alla produzione dell’intera linea;

3.      le commesse venivano, pertanto, subappaltate a fornitori terzi (molto spesso opifici cinesi), che riuscivano ad abbattere i costi ed a garantire un elevato livello di produzione grazie allo sfruttamento di manodopera irregolare e clandestina in stato di bisogno.

Mentre appare immediata la responsabilità degli opifici sub-appaltatori per il reato di cui all’art. 603-bis c.p., è opportuno, in realtà, occorre spostare l’attenzione e l’esame sulla condotta del committente principale.

Invero, secondo l’accusa, le società committenti originarie, avvalendosi, in via indiretta – pur non consapevolmente o, quantomeno, in modo non pienamente consapevole –, di soggetti “inclini” allo sfruttamento lavorativo, hanno integrato quella condotta “agevolatrice” del reato che costituisce il presupposto per l’applicazione della misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria, istituto quest’ultimo che presenta finalità di natura preventiva ed è volto a preservare la Società da contaminazioni antigiuridiche, in linea con la ratio del D. Lgs. 231/2001.

Al riguardo, il primo comma dell’art. 34, D. Lgs. 159/2011 prevede che in presenza di “sufficienti indizi per ritenere che il libero esercizio di determinate attività economiche comprese quelle di carattere imprenditoriale, (…) possa comunque agevolare l’attività di persone (…) sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a), b) e i-bis), del presente decreto, ovvero per i delitti di cui agli articoli 603-bis, 629, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale…” “il tribunale competente per l’applicazione delle misure di prevenzione nei confronti delle persone sopraindicate dispone l’amministrazione giudiziaria delle aziende o dei beni utilizzabili, direttamente o indirettamente, per lo svolgimento delle predette attività economiche (…)”.

Ciò posto, occorre domandarsi quale ruolo assume il Modello organizzativo ex D. Lgs. 231/2001 (di seguito anche solo “Modello”) nella prevenzione di eventuali responsabilità amministrative per gli enti per il reato di cui all’art. 603-bis c.p.

E’ importante evidenziare che la stessa Giurisprudenza ha sempre individuato come strumento principale per il controllo della catena di fornitura il suddetto Modello e l’assenza o l’inadeguatezza dello stesso come uno dei principali indici di carenze organizzative dell’impresa, tali da prestare il fianco ed agevolare condotte criminose nella filiera degli appalti e dei subappalti.

Sembrerebbe, pertanto, che le lacune esistenti nei loro sistemi di prevenzione fossero correlate, più nello specifico, alla gestione ed al controllo dei fornitori e, più in particolare, alla fase di selezione e di esecuzione del contratto.

Per quanto riguarda la fase di scelta del fornitore, dunque, il Modello per risultare davvero efficace dovrà prevedere presidi di controllo special-preventivi volti a garantire efficienti verifiche reputazionali del fornitore, sulle modalità di produzione, nonché, in ordine al rigido rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro e previdenza sociale.

Alla luce di questi precedenti per una maggiore efficacia del Modello ed una piena tutela:

  • ai fini della verifica reputazionale, il Modello potrebbe (e dovrebbe) prevedere la verifica circa l’assenza di procedimenti penali per reati ex D. Lgs. 231/01 a carico della società fornitrice e/o dei rispettivi esponenti aziendali: tale verifica potrà essere effettuata anche mediante la richiesta di specifiche autodichiarazioni;
  •  il Modello potrebbe prevedere la verifica del possesso, da parte del fornitore, di certificazioni internazionali (ISO 9001, ISO 45001/UNI INAIL e ISO 14001) ovvero del Modello di organizzazione ex D. Lgs. 231/2001;
  • ai fini della verifica sulle modalità di produzione, si potrà prevedere l’obbligo, per il fornitore, di indicare nel dettaglio il numero e la specifica qualifica del personale impiegato per l’esecuzione del contratto, nonché le modalità operative da questi impiegate o, ancora, l’invio della documentazione attestante il rispetto degli obblighi previsti dal D. Lgs. 81/2008 (Testo unico in materia di Salute e Sicurezza), e della copia del Documento Unico di regolarità contributiva (DURC).

Per quanto riguarda, invece, la fase di esecuzione del contratto, il Modello dovrà prevedere l’obbligo di realizzare periodici Audit al fine di garantire un aggiornamento delle informazioni ricevute dal fornitore in sede di selezione, nonché, un monitoraggio delle condizioni in cui viene svolta l’attività.

A tal fine potrebbero essere previste ispezioni e report informativi, idonei a verificare, in concreto, la reale capacità imprenditoriale dei fornitori, e se siano rispettati eventuali divieti di subappalto.

Chiaramente, tali meccanismi potrebbero risultare più complessi qualora si volessero applicare ad eventuali sub appaltatori.

A tale scopo, per estendere a tutta la catena di approvvigionamento i principi di comportamento che l’impresa si è auto-imposta, un’opzione adeguata potrebbe essere quella del ricorso a strumenti e rimedi di natura contrattuale, quali ad esempio:

§  prevedere l’obbligo di inserire all’interno del contratto di fornitura uno specifico divieto di subappalto oppure, in alternativa, la necessità di ricevere un’autorizzazione da parte dell’Organo Amministrativo;

oppure, qualora l’esecuzione dell’incarico richieda necessariamente l’intervento di operatori terzi, prevedere nel Modello l’espressa richiesta ai propri fornitori di indicare, in relazione alla specifica commessa, il nominativo di eventuali sub appaltatori a cui è stata affidata l’esecuzione di parte di essa;

§  prevedere, a livello contrattuale, il diritto di effettuare accessi e ispezioni e di richiedere alla controparte la trasmissione periodica della documentazione inerente la salute la sicurezza sul lavoro o relativa ad altri rischi d’impatto eventualmente rilevati nel processo di analisi verso i propri partner successivi.

Dunque, appare chiaro che, ben discostandosi dall’originaria funzione attribuita dal legislatore più di vent’anni fa, oggi il Modello di organizzazione ex D. Lgs. 231/2001 ha assunto, un ruolo ed una direzione molto più importante ed indispensabile per caratterizzare l’attività d’impresa secondo principi di legalità e correttezza nei confronti del mercato.

Le recenti modifiche normative ed il costante, rigido e puntuale orientamento della Giurisprudenza impongono, pertanto, a tutte le aziende di adeguare urgentemente i propri modelli organizzativi e, a chi non è ancora dotato, di provvedere immediatamente al fine di non incorrere nei medesimi errori di rilevanza penale e sociale.

 

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