Tre anni di braccio di ferro tra azionisti in uno dei casi più eclatanti di attivismo dei fondi in Italia, in cui la corporate governance ha svolto un ruolo centrale. Il delisting della società e tanti contenziosi scaturiti da questa battaglia. Nonché, un procedimento in Commissione europea per bloccare la concentrazione dei due principali operatori europei del settore ferroviario. Sono queste le principali sfide affrontate negli ultimi mesi dalla direzione General Counsel e Compliance di Ansaldo Sts e raccontate per la prima volta, in esclusiva a TopLegal, dal general counsel e chief compliance officer Filippo Corsi (in foto).
L’ufficio, complessivamente composto di 40 professionisti, di cui 20 operanti in Italia e 20 negli altri paesi in cui la società è presente - fra cui Usa, India, Middle East e Australia - è una macchina ben rodata. Tanto che, quando si tratta di supporto al business, riesce a lavorare per il 95% senza il ricorso a legali esterni, attraverso un’articolazione interna delle attività scissa in supporto al business, contenzioso, societario e compliance. È così che, nonostante i mesi di fuoco in atto, ha portato a casa una maxi-commessa da un miliardo per gestire la metropolitana di Riyadh. Ma in agenda si prospettano già nuove sfide. A partire dalla necessità di acquisire nuovi mercati strategici dove raggiungere un grado di competenza analogo a quello raggiunto in ambito europeo o americano.
Negli ultimi tre anni, Ansaldo Sts è stata protagonista di un duro braccio di ferro tra i due azionisti Hitachi ed Elliott. Quali sono state le fasi più delicate e come sono state supportate dalla direzione legale?
Anzitutto vale la pena fare una premessa: c’è da dire che l’attivismo societario è comparso soltanto negli ultimi anni in Italia e ha colto impreparato sia il legislatore che molte società. In primis, quindi, nel caso di Ansaldo Sts la direzione legale ha dovuto inizialmente comprenderne appieno le implicazioni e il relativo impatto sulla società. Una volta comprese le dinamiche di tale fenomeno la mia direzione è stata da subito in prima linea nell’impedire che certe tensioni tra l’azionista di maggioranza e i soci di minoranza potessero tradursi in un danno per la società. A tal fine è stato fondamentale dedicare ancora più attenzione e impegno alla corporate governance intesa come un prezioso strumento per l’efficace e sereno svolgimento delle attività sociali.
Come avete agito sulla corporate governance?
Abbiamo cercato di essere impeccabili adottando appieno le best practice di settore, muovendoci nel pieno rispetto del Codice di autodisciplina e proponendo soluzioni innovative che consentissero una maggiore efficacia specialmente nelle attività a supporto del consiglio di amministrazione e dei comitati endoconsiliari, ad esempio sviluppando un protocollo per l’analisi di merito delle operazioni con parti correlate e, in particolare, per le operazioni in joint venture. Inoltre, il top management della società è stato invitato a partecipare in modo più assiduo nel processo decisionale della società offrendo un’importante attività di riscontro al consiglio di amministrazione e ai comitati endoconsiliari.
Durante questi anni, il braccio di ferro ha dato origine a più di una dozzina di battaglie legali che hanno coinvolto anche direttamente Ansaldo Sts. Come li avete affrontati?
Insieme ai nostri consulenti legali abbiamo sempre cercato di sviluppare una strategia che fosse quanto più possibile condivisa con il top management della società rappresentando le possibili alternative nella gestione dei contenziosi avviati contro la società, salvaguardando l’autonomia della società e dei suoi organi rispetto alle divergenze tra soci, reagendo con velocità ed efficacia nell’implementare ogni decisione una volta presa.
La versione completa dell'intervista verrà pubblicata sul numero di Aprile-Maggio di TopLegal Review.