Antiriciclaggio, il Cnf protesta

13-07-2009

Il Consiglio nazionale forense chiede al governo e al parlamento alcune modifiche al decreto legislativo in materia di antiriciclaggio, approvato dal governo nel consiglio dei ministri del 26 giugno e correttivo del dlgs 231/2007, per garantire il rispetto della Costituzione e una normativa efficace e ragionevole che contemperi tutti i valori costituzionali coinvolti.

Innanzitutto il Cnf denuncia un “vero e proprio travisamento della direttiva comunitaria” laddove il dlgs 231, punto su cui il correttivo non interviene,  estende l’obbligo di segnalazione anche in capo all’Ordine, ritenendo che sarebbe opportuno specificare che tale obbligo emerge nel caso di ipotesi di omissione di segnalazione di operazioni sospette rilevate nell’esercizio della funzione disciplinare, dove alle volte può emergere una maggiore conoscenza del rapporto sostanziale tra cliente e avvocato.
“Grave preoccupazione” suscita inoltre la commistione tra finalità antiriciclaggio e finalità di lotta all’evasione fiscale  perpetrata dalla norma che prevede la facoltà di avvalersi dei dati dell’anagrafe tributaria (finora utilizzabili per finalità di lotta all’evasione) per i controlli di competenza nei confronti dei soggetti sottoposti agli obblighi antiriciclaggio. Norma che crea, ad avviso del Cnf, “uno scenario di indiscriminato accesso e usi impropri di dati estremamente sensibili, in un contesto che finisce per risultare di dubbia compatibilità istituzionale”. Per questo il Cnf  propone le adeguate modifiche per escludere tale commistione.

Altri due argomenti sensibili per il Cnf sono la tutela dell’anonimato del segnalante e quella del segreto professionale. La prima risulterebbe ammorbidita da una normativa nebulosa che sancisce che non solo l’Uif ma anche la Guardia di Finanza e la Dia possono chiedere ulteriori informazioni al segnalante, facendo supporre così che tutti gli organi investigativi possano disporre fin da subito del nome del segnalante. Il Cnf  propone di riformulare la norma per stabilire nuovamente che l’identità del segnalante possa essere svelata dall’Uif ad altri organi investigativi solo se autorizzato da un decreto dell’autorità giudiziaria.
Anche la tutela del segreto professionale subisce, ad avviso del Cnf, un sacrificio nella norma che estende ai professionisti gli obblighi di segnalazione al ministero dell’economia delle eventuali violazioni della normativa sui trasferimenti di liquidità, per di più senza le esimenti della difesa in giudizio e della consulenza legale. La formulazione della norma, avverte il documento “integra una manifesta violazione del segreto professionale, con conseguenti rischi di illegittimità costituzionale”e  andrebbe riscritta escludendo i professionisti dalla sfera di applicazione soggettiva della disposizione.

Altre osservazioni riguardano il mancato svolgimento del principio dell’approccio basato sul rischio a fronte dei ristretti presupposti per l’utilizzo dei cosiddetti obblighi semplificati e la richiesta di specificare che il momento a partire dal quale scattano gli obblighi di adeguata verifica della clientela è quello successivo all’accettazione dell’incarico. “Improprio” ancora appare, ad avviso del Cnf,  imporre ai professionisti l’onere di provare alle autorità competenti che la portata delle misure adottate è adeguata all’entità del rischio. Il Cnf chiede anche  che gli Ordini siano consultati dal ministero dell’economia in relazione alle norme di semplificazione degli obblighi di adeguata verifica. E infine propone di semplificare gli obblighi di tenere copia degli atti e di registrazione dei dati dei clienti.


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