Danieli & C.

Attenti a non appesantirvi

Troppa sovrastruttura penalizza la velocità e aumenta i costi. Meglio squadre meno numerose ma a maggiore valore aggiunto

12-11-2020

Attenti a non appesantirvi

 

 


L'eccessiva istituzionalizzazione, la gravosità di squadre inutilmente numerose e le fee sproporzionate appesantiscono e rallentano il raggio di azione degli studi legali.

Specialmente quando il cliente è una realtà come Danieli & C. Officine Meccaniche, azienda friulana che opera in tutto il mondo nella produzione di impianti siderurgici con oltre 9mila dipendenti e 3 miliardi di fatturato.

Come racconta in questa intervista a TopLegal Review il group general counsel Fabio Londero (in foto), la mole di commesse, spesso transfrontaliere, e la costellazione di controllate e filiali internazionali richiedono di affidarsi alla consulenza delle grandi law firm internazionali. Tuttavia, il servizio talvolta non si mostra al passo con le esigenze avvertite dai general counsel: velocità, contenimento dei costi, concretezza, orientamento al business. La pandemia Covid-19, inoltre, ha reso sempre più necessario un ritorno alla sobrietà a fronte dei tagli di budget che le stesse direzioni legali stanno subendo. In questo contesto, maggiore organizzazione attraverso l’istituzione di processi interni non significa automaticamente maggiore competitività per gli studi se non è accompagnata da un taglio dei costi della produzione (che il cliente è disposto a sostenere sempre meno).

A diretto riporto del consiglio di amministrazione, Londero dirige una squadra di dodici professionisti suddivisi per aree di competenza (proprietà intellettuale, sicurezza e ambiente, litigation e contrattualistica) e oggi guarda alla consulenza esterna soprattutto per mandati di tutela della proprietà intellettuale e per contenziosi volti allo sblocco di tutte quelle commesse sospese causa Covid-19. La pandemia, oltre ad accentuare la dinamica di internalizzazione dei mandati, ha anche posto l’esigenza di puntare sui dossier che possono garantire maggiori entrate economiche, in particolare quelli a tutela del patrimonio aziendale.

Per quali attività vi rivolgete agli studi legali?
Da sempre la direzione legale dell’azienda svolge molte attività in house: la conoscenza che abbiamo del nostro business, dei nostri prodotti e delle politiche commerciali difficilmente riesce a essere trasferita ai consulenti legali. E questa tendenza a internalizzare verrà accentuata nei prossimi mesi per cercare di limitare le spese legali. Tuttavia, necessariamente, affidiamo all’esterno le liti giudiziarie e gli arbitrati internazionali. Il contenzioso è una materia delicata in cui abbiamo bisogno di avvocati e studi con competenze di primaria importanza. Talvolta la direzione legale necessita di un supporto esterno anche in materie iper-specialistiche quali la proprietà intellettuale e la compliance.

Avete un panel fisso di insegne cui vi rivolgete?
Non amo concentrare i mandati su un solo studio, preferendo variare in base al caso concreto. E così nel contenzioso abbiamo lavorato, per citarne solo alcuni, con BonelliErede (TLIndex1), Cleary Gottlieb (TLIndex12), Curtis (TLIndex173), Gianni Origoni (TLIndex3), Delfino (TLIndex104), Dla Piper (TLIndex4) e Pavia e Ansaldo (TLIndex17).
Per quanto riguarda la proprietà intellettuale abbiamo un rapporto di collaborazione privilegiato con Dentons (TLIndex7). 

Quali sono i criteri di scelta dei consulenti?
L’obiettivo è acquistare servizi legali di alta qualità che non abbiamo internamente. Oltre alla competenza, che ormai diamo per scontata, apprezziamo la capacità del consulente di capire il nostro business e di affiancarci nelle scelte strategiche, non limitandosi al mero parere astratto ma portandoci in sicurezza all’obiettivo, che prima ancora deve essere compreso. Inoltre, per affrontare grandi contenziosi, lo studio deve vantare un consolidato posizionamento sul mercato, una presenza mondiale e solide risorse umane ed economiche. Anche per questi motivi la scelta ricade spesso sui grandi studi internazionali. L’unica pecca di queste insegne è che non sempre riescono a incontrare le nostre aspettative: ci occorrono decisioni veloci e pragmatiche, ma talvolta sono lente nel darle perché oppresse dalle loro stesse sovrastrutture di cui dovrebbero liberarsi.

Cosa ritiene sovrastruttura dal punto di vista della direzione legale? 
Potremmo sintetizzare in meno spettacolo, più servizi. Tutto ciò che non è la professione rallenta soltanto i processi, oltre a essere in un certo senso “già vecchio”. Sono contro l’eccessiva istituzionalizzazione degli studi e a favore di un ritorno alla sobrietà, anche perché a noi stessi legali interni viene richiesta. Inoltre, troppo marketing e troppa immagine talvolta creano solo maggiore distanza con il cliente. Si pensi alla pomposità delle squadre di professionisti, suddivise per practice o industry, che vengono proposte al cliente. Quasi sempre ci sono troppe persone sui casi e i tempi si allungano, mentre la velocità è fondamentale per noi. Senza contare che i costi in parcella necessariamente lievitano. Occorrerebbe chiedersi da cosa dipende questa lentezza: è un problema di organizzazione oppure vengono messe più persone del dovuto perché non tutte a valore aggiunto? Le squadre dovrebbero essere più asciutte: non si può lavorare in sei laddove potrebbero operare tre persone a valore aggiunto. 



La versione integrale dell'intervista è consultabile su E-edicola, numero di ottobre-novembre 2020 di TopLegal Review.

 

 


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