AVVOCATI CONTRO IL GOVERNO: «OSTAGGIO DI CONFINDUSTRIA»

Alla vigilia del Congresso Nazionale Forense straordinario i vertici dell'avvocatura puntano il dito contro una serie di misure accusate di trattare le toghe come aziende

22-03-2012

AVVOCATI CONTRO IL GOVERNO: «OSTAGGIO DI CONFINDUSTRIA»

Le toghe trattate come imprese? E' inaccettabile. Gli avvocati insorgono e nel corso della presentazione della due giorni, dal 23 al 24 marzo presso Milano Convention Center, del congresso nazionale forense straordinario che partirà domani a Milano, manifestano il loro dissenso sui provvedimenti del Governo Monti. L'accusa a Palazzo Chigi è quella di essere sotto il controllo di Confindustria e, pertanto, di non prendere in considerazione i diritti della professione e i cardini sulla quale è impostata - autonomia e indipendenza - bensì di trattare le toghe come aziende, con l'introduzione delle società di capitale, abolizione tariffe e liberalizzazione.

A dare forma e parola all'attacco sono stati oggi, nel corso della conferenza di presentazione del congresso, Paolo Giuggioli, presidente degli avvocati di Milano; Guido Alpa, presidente Cnf; Maurizio de Tilla, Organismo Unitario dell'Avvocatura Italiana e Alberto Bagnoli, Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense.

"I diritti non merce" questo il titolo del congresso strordinario, che si preannuncia come un momento in cui le toghe metteranno a ferro e fuoco tutti i punti che, a loro dire, danneggeranno la categoria.

De Tilla ha spiegato che «il Congresso straordinario è stato deliberato dalla maggioranza dell'Oua e, a quel punto, abbiamo chiesto al Cnf di convocarlo. Lo abbiamo fatto perché quello che sta accadendo non ha precedenti nella storia dell'avvocatura italiana. C'è molta esasperazione. Stiamo assistendo alla rottamazione della Giustizia italiana. Contro questo progetto l'avvocatura si è ribellata, ma prima ha tentato di aprire un dialogo. Abbiamo ottenuto due soli incontri con il Ministro Paola Severino, ma ho avuto l'impressione che lei, che è un avvocato, sia imprigionata dal Ministero in cui opera. Di fatto, ad oggi, non abbiamo ravvisato alcuna apertura nei nostri confronti».

Gli animi sono accessi e la prima sottolineatura che gli avvocati fanno è quella di non essere stati coinvolti dalle istituzioni. Come spiega Alpa, «le categorie professionali sono state emarginate rispetto al dialogo sociale. Il Governo non ha ritenuto opportuno consultare le professioni e le ha ignorate. Tutte le decisioni in materie giuridiche sono state prese senza consultare il Cnf, senza chiedere un parere, come invece previsto dalla legge del 1944, che lo impone. La giustificazione del Governo, su nostra richiesta,  è stata quella di avere urgenza di decidere e di non poter dilungare i tempi coinvolgendo il Cnf».

Il clima anti-Governo si accende con particolare riferimento alle liberalizzazioni e al decreto Salva Italia. «Con amarezza - riprende Alpa - noto che in questo governo è Confindustria che ha preso il potere». Poi il presidente del Cnf prosegue ribadendo l'attenzione sui temi economici piuttosto che su quelli sociali, «sono stati introdotti, per esempio, i Tribunali delle imprese, mentre quelli per il diritto di famiglia, di cui si parla, ormai da anni, non sono neppure stati menzionati. Non si capisce perché il Governo abbia introdotto tante materie che non hanno a che fare con la crisi. Ma hanno abolito anche le tariffe. Ci chiediamo se fosse necessario, visto che c'è da dire che il Cnf non ha mai sanzionato avvocati che avessero applicato tariffe più basse delle minime».

E sulla legge di Stabilità che introduce la possibilità di costituire società di capitali per gli studi legali, i vertici dell'avvocatura sembrano essere d'accordo nel non sostenerla. «Quale spinta al Pil può dare - si chiede Giuggioli - una norma che consente la società per azioni per i professionisti che viola il diritto alla tutela degli assistiti?». E Alpa gli fa eco: «Le società di capitali non offrono garanzie di indipendenza e  autonomia. Questi cambiamenti adottati sviliscono la categoria e si devono denunciare, ma se non lo facciamo noi non lo fa nessuno».
«Da quello che emerge sembra che fra i soggetti responsabil della crisi della giustizia ci siano gli avvocati. Ma il problema è la mancanza di un disegno politico», è intervenuto Bagnoli che ha anche ridimensionato gli allarmanti numeri sui pagamenti inevasi degli avvocati.

Secondo la Cassa forense, dei 160mila avvocati iscritti, su un totale di 230mila, il 75% degli avvocati  dichiara fino a 44mila euro, di questi il 37% è compreso nella fascia tra 16mila e 44mila. Per cui è difficile parlare, a detta dei vertici, di casta protetta.

Alpa, poi,  al quale è stata sollevata la domanda sulla leggittimità dei doppi incarichi, ha risposto, essendo anche professore ordinario dal 1980, «il mio stipendio da docente è decurtato di un terzo e ammonta a 2.550 euro al mese, ritengo che per alcuni insegnamenti sia importante, per il docente, avere anche pratica sul campo, e non credo che questo ostacoli qualcuno. Ci sono docenti di procedura civile, per esempio, che non hanno mai messo piede in tribunale».

Le mosse del Governo sui temi giuridici proprio non vanno giù agli avvocati. Che minacciano dura battaglia, in assenza di modifiche:
«I provvedimenti del Governo - conclude Giuggioli - sono generici e non adeguati ed è impensabile una tale evoluzione della disciplina professionale. Bisogna riscrivere l'ordinamento non distruggerlo. L'impianto normativo, infatti, risale a 80 anni fa. Da questa due giorni emerge la nostra volontà di sollecitare e far reimpugnare il disegno di legge già approvato».






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