editoriale

Avvocati e modello: dilemma tra autonomia e organizzazione

La regolamentazione oscilla tra strutture tradizionali e soluzioni globali. Quale strada scegliere?

12-02-2025

Avvocati e modello: dilemma tra autonomia e organizzazione

 

di Marco Michael Di Palma

 

Qual è il modello organizzativo più adatto per uno studio legale?


Dall'inizio del XXI secolo, l'avvocatura, più di altre professioni, ha focalizzato l'attenzione sulla regolamentazione e sulle forme societarie, spinta dalla necessità di adattarsi alle profonde trasformazioni del mercato. Tuttavia, con l'aumentare della complessità di tali evoluzioni, è diventato sempre più difficile conciliare esigenze apparentemente contrapposte, come si evince dalle numerose proposte legislative che si sono rivelate inefficaci o inattuabili.


Già oltre un decennio fa, il giurista torinese Paolo Montalenti evidenziava come la questione centrale fosse di bilanciare l'organizzazione collettiva dell'attività legale con la personalità della prestazione professionale. Secondo Montalenti, l'associazione professionale rappresenta il modello più efficace e legittimo, in quanto consente di combinare l’organizzazione e la gestione condivisa dello studio con l'autonomia e la responsabilità individuale di ogni avvocato.


Più recentemente, Angelo Bonetta, socio di BonelliErede, ha sostenuto che la società semplice costituisce il modello organizzativo più idoneo. Questo modello permette una gestione comune degli aspetti economici, come la ripartizione degli utili, pur mantenendo il mandato professionale conferito direttamente all'avvocato, preservando così il carattere personale della prestazione. A differenza di altre strutture societarie come le Stp (Società tra professionisti), la società semplice non separa il reddito dell'attività professionale da quello personale. Inoltre, il trattamento fiscale delle associazioni senza personalità giuridica le equipara alle società semplici, indicando una loro naturale affinità.


Da un lato, la società semplice offre maggiore flessibilità rispetto alle società commerciali e consente una regolamentazione più chiara degli ingressi, recessi e liquidazioni delle quote dei soci. Dall'altro, essa rispetta l'ideale della libera professione, garantendo l'autonomia e la personalizzazione della prestazione, valori fondamentali sottolineati da Montalenti.


I presupposti culturali e ideologici di queste argomentazioni articolate e motivate potrebbero, tuttavia, rafforzare la tradizione forense a scapito dell’innovazione


La centralità dell'individuo e la personalità dell'incarico, in particolare, potrebbero limitare la capacità degli studi legali di adottare modelli organizzativi più dinamici, in grado di sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Ad esempio, il Codice di condotta dei solicitor inglesi ammette l'organizzazione del lavoro in squadra e la delega di alcune attività all'interno dello studio, pur mantenendo la responsabilità ultima in capo a un solicitor abilitato. Questo approccio riconosce esplicitamente l'importanza della collaborazione e della delega all'interno delle moderne law firm. Un modello focalizzato sulla prestazione personale, invece, potrebbe generare incertezze operative o controversie in casi in cui le responsabilità individuali non siano chiaramente definite. 


Ampliando le prospettive, occorre tener presente che il panorama legale è sempre più globalizzato e competitivo. Strutture come la Llp (Limited liability partnership) offrono vantaggi significativi in termini di riconoscimento internazionale, attrazione di investimenti e gestione del rischio. Opportunità che il modello della società semplice e i vantaggi della trasparenza e della personalità della prestazione, profondamente radicati nella tradizione italiana, potrebbero non saper pienamente cogliere.

 

L’articolo è tratto dalla TopLegal Digital di febbraio 2024 – n. 3. Registrati / accedi al tuo profilo per sfogliarla gratuitamente


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