Corsi (gc Ansaldo Sts)

«AVVOCATI, SIATE PROFITTEVOLI»

Anticipazione: sul numero di giugno di TopLegal, il gc di Ansaldo Sts invita a pensare meno al fatturato (e ai costi di rappresentanza)

17-05-2013

«AVVOCATI, SIATE PROFITTEVOLI»

Cari avvocati, cercate di essere profittevoli e di puntare sulla qualità, piuttosto che sulla quantità. Il messaggio arriva da Filippo Corsi, direttore affari legali e litigation di Ansaldo Sts, che in qualità di giurista d’impresa (e, prima ancora, da manager e da avvocato) ha assistito negli ultimi dieci anni a una vera e propria rivoluzione culturale. In un scenario di crisi profonda in cui il potere contrattuale dei clienti si è rafforzato notevolmente, la rivoluzione ha visto le direzioni affari legali passare da squadre di semplici tecnici a strutture complesse con persone con forti competenze di business, che troppo spesso mancano agli studi legali. Ed è la scarsa consapevolezza del business e delle strategie del cliente da parte dei consulenti esterni che sono le criticità più sentite da grandi aziende come Ansaldo Sts. Per questo motivo, gli studi legali, secondo Corsi, si trovano di fronte a una «tempesta perfetta».

«Lo studio non può limitarsi a conoscere solo il business model del cliente, come fanno tanti, ma deve conoscerne l’effettiva strategia», avverte. Serve capire, ad esempio, che le società di trasporto e di infrastrutture considerano il mercato italiano ormai a secco di opportunità e gravitano verso altri mercati. «Come studio legale, una volta appreso questo fenomeno è bene prendere precauzioni e misure per avere un approccio strategico ai tagli dei budget», spiega Corsi. Purtroppo, sono pochi gli studi capaci di sfruttare le nuove opportunità. Recentemente, per esempio, Ansaldo ha partecipato a una gara da 20 miliardi di euro per costruire la metropolitana a Riyad («il Medio Oriente e l’Asia sono oggi la Mecca per questo business») e punta sempre di più sui mercati emergenti. Ma il supporto legale internazionale per i nuovi mercati si rivela carente. «È difficile trovare uno studio in loco affiliato con uno studio italiano. Com’è possibile questo approccio? In Italia si fa poco o niente per creare un network che offra partner affidabili e che condividono i fondamentali dello studio legale italiano. C’è un disallineamento totale del mercato». E incalza: «Spesso, gli italiani alzano le mani e dicono: in Azerbaijan non conosco nessuno. Io dico piuttosto: attrezzatevi in modo da dare garanzie di presidio».

Alla capacità limitata di presidio degli studi italiani si aggiunge un’arretratezza culturale che impedisce ai consulenti esterni di uscire dal ruolo restrittivo di meri tecnici del diritto. Questo ritardo ha come effetto di frenare l’evoluzione dell’offerta in senso strategico e a favore di servizi ad alto valore aggiunto. «Il team in house sa gestire la maggior parte della curva dei servizi legali necessari all’azienda», dichiara Corsi. «Al consulente esterno spetta uno spicchio più piccolo del processo. Ma se per fatturare vuole fare tutta la curva non va bene. Non sono disposto a pagare per servizi-commodity che posso gestire io». Dato che molti servizi in-house sono sempre di più autogestiti, clienti come Ansaldo si aspettano che gli studi stralcino quei costi superflui dalla proposta, limitandosi invece agli aspetti che la società non riesce a presidiare da sé. Purtroppo non è così. Alla base delle proposte imperfettamente mirate e poco competitive vi è una presunzione inveterata degli studi legali tale per cui, una volta coinvolti, pretendono di riassumere l’intera curva del valore. Questo atteggiamento è ancora più sorprendente considerata la realtà di budget ridotti e l’attenzione dei clienti verso il costo, elemento determinate nella scelta di esternalizzare la consulenza legale. «Ora ho la metà del budget di tre anni fa», dice Corsi, «con una mole di attività che è aumentata del 50%».

Infine, da ex-consulente esterno Corsi offre un consiglio ai colleghi libero professionisti. Il mercato sta cambiando e gli studi dovrebbero mirare piuttosto a essere più profittevoli invece di pensare ad aumentare i fatturati. In questo modo, l’asse dello studio si sposterebbe verso il valore aggiunto. «In troppi studi i costi non sono controllabili, le remunerazione sono troppo elevate. Tutti questi costi entrano nella proposta dello studio. Ma sarebbe preferibile uno studio che affitta la stanza per la riunione invece di avere costi fissi, magari di sola rappresentanza, esagerati».
Grandi studi italiani senza palazzoni? Questa sì che sarebbe una rivoluzione. m.d.p.


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