BONELLI: UN PATTO EREDE DEL PASSATO

10-04-2014

Bonelli Erede Pappalardo serra i ranghi. E fa fronte comune contro le sfide del mercato istituzionalizzando la fedeltà attraverso la sottoscrizione di un patto. Un aut aut: vincolarsi alla partnership per tre anni anche economicamente, con penali salate in caso di abbandono, o lasciare l’associazione. La cosa ha della straordinarietà nel mercato italiano e fa venir meno il fondamento stesso che ha plasmato la forma giuridica dell’associazione legale: l’adesione volontaria del singolo professionista all’entità studio.

Eppure, è proprio in un mercato come il nostro che una scelta così radicale e inedita sembra avere maggior senso. Buona parte degli attori del mercato legale tricolore ha dimostrato più volte l’assenza di progettualità. Chi, invece, ha fatto scelte strutturali – basti citare Nctm e Gianni Origoni – le ha dovute pagare a suon di spin off. Quindi, blindare l’associazione sarà probabilmente sembrato a Bonelli Erede l’unico modo per blindare un progetto che sta perseguendo da un triennio: l’istituzionalizzazione dell’insegna. 

È facile dichiarare sulla carta di condividere valori e obiettivi, il famoso “modello condiviso” che tanti studi (per non dire tutti) si fregiano di avere. Ma poi il mercato cambia le regole del gioco: le practice un tempo ancillari diventano le più remunerative, i grandi deal languono, molti servizi diventano commodity, il profit per partner subisce una flessione. È allora che si palesa prepotente la cultura italiana, quella in cui gli interessi del singolo prevalgono su quelli dell’organizzazione. Nessun legame, massima libertà di uscita: questa assenza di vincoli che leghino di fatto i professionisti si traduce nell’abbandono della partnership. Portando a una sempre maggiore parcellizzazione dell’offerta. La conseguenza è che si indebolisce il potere contrattuale degli advisor, che devono fare i conti con una concorrenza in aumento; e si confondono i clienti, messi di fronte al bivio se seguire il professionista di fiducia o rimanere con lo studio. La soluzione è che, per non fare torto a nessuno, spesso i panel si allargano e la vera discriminante per la scelta si gioca nella lotta sul prezzo. 

Giurare fedeltà e lealtà a un patto aggiunge, invece, una nota di solidità, trasparenza e reciprocità non solo nei rapporti interni all’associazione ma anche nel rapporto col cliente, che viene così patrimonializzato dallo studio. La fedeltà, istituzionalizzata attraverso la sottoscrizione di un patto, perde però l’altro suo volto, quello basato sul consenso. È questo il rovescio della medaglia: se un professionista, spinto dall’interesse soggettivo principe del mercato – vale a dire quello economico – rimane dentro una struttura alla quale non si sente più intrinsecamente legato solo per non pagare una penale, come si comporterà alla scadenza del triennio, quando il vincolo verrà meno? Probabilmente alla stregua di come avrebbe fatto prima, ma con l’aggravante di aver logarato la solidità della cultura interna nell’attesa di uscire dallo studio. 

Allora, la mossa fatta da Bonelli Erede è coraggiosa perché rappresenta una scommessa sul futuro: essere in grado in tre anni di modificare un modello mentale frutto di un mercato drogato dall’individualismo e dal culto del rainmaker. Tre anni saranno sufficienti per smantellare una macchina costruita in decenni? Ad oggi, 57 soci dello studio hanno deciso che vale la pena prendere parte al gioco. I fari sono ormai accesi sulla partita. 

Maria Buonsanto
maria.buonsanto@toplegal.it


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