In House / Vodafone

CAMBIA IL CLIMA

Antonio Corda, Head of legal della multinazionale della telefonia, vuole trasformare la funzione legale in vero e proprio centro di profitto attraverso la stretta collaborazione con le altre divisioni di business dell’azienda. Mentre dagli studi legali esterni si esigono l’etica del lavoro e i valori giusti

02-09-2014

CAMBIA IL CLIMA

Dal « legale in azienda » al « legale d’azien­da ». Potrebbe sembrare una differenza da poco, ma è una vera e propria rivo­luzione che, se in alcune realtà è già stata compiuta, si realizzerà in maniera estensiva nel prossimo futuro: un percorso obbli­gato per le imprese, un cambiamento strutturale per i giuristi. Parola di Antonio Corda, Head of le­gal di Vodafone Italia, che a TopLegal ha spiegato il senso di questa trasformazione dell’in-house. Per Corda i legali interni, spesso ancora troppo presi dalle disquisizioni sul privilegio legale, devono concentrarsi di più sulla conoscenza del business, dei prodotti e delle soluzioni offerte dalla propria realtà: il punto di arrivo sarà un corretto bilan­ciamento con l’attività commerciale in senso lato che permetta di aiutare l’azienda a raggiungere gli obiettivi di business. Tra qualche anno non si trat­terà più, dunque, di essere una semplice funzione di staff, ma piuttosto di superare la logica di centro di costo per diventare un vero e proprio centro di profitto, creando valore economico e finanziario.

Come? Gli esempi possono essere diversi. Il caso più semplice è quello di un contenzioso subìto, per il quale l’azienda – dopo essersi trovata a stanziare un accantonamento a copertura del rischio – può beneficiare della positiva azione dell’ufficio legale capace di chiudere la causa in anticipo. Al contrario, può essere lo stesso ufficio legale a intraprendere lastrada del contenzioso nel caso in cui si presentino i presupposti per una vittoria della causa o comun­que ci siano i margini per uno stralcio vantaggioso. In entrambi i casi il risultato è la generazione di un ricavo. Ma la questione può essere molto più artico­lata. Corda, facendo riferimento al suo business (ma è un esempio facilmente estendibile ad altri settori) porta l’ipotesi della predisposizione di una strut­tura legale che permetta la condivisione di alcune componenti del network di telecomunicazione con altri operatori, elementi che non sono differenzian­ti nell’offerta al cliente e che non influiscono sulla qualità. La creazione di un tale modello tocca aspet­ti legali, regolamentari e concorrenziali che impli­cano un impiego di risorse, anche finanziarie, ma consentono un risparmio più ampio di costi che alla fine generano un vantaggio per l’azienda. A monte c’è l’idea che il lavoro seriale e di volume possa es­sere esternalizzato agli studi, per sviluppare invece internamente solo le attività strategiche in grado di creare valore e fare la differenza. In quest’ottica ri­sulta fondamentale la collaborazione della funzione legale con le altre divisioni di business dell’azienda.

A tale scopo il reparto legale di Vodafone, che conta oggi 15 professionisti, si è strutturato seguen­do la forma del proprio cliente interno, cioè quattro grandi blocchi così definiti: un’area dedicata al com­merciale, vale a dire un supporto legale alle business unit oltre alle vendite; un’area di contrattualistica e societario, cioè gestione delle assemblee e rapporti con la capogruppo; un’area relativa al contenzio­so ad ampio spettro; e infine un’area specialistica dedicata al supporto della rete sul territorio. L’ele­mento di maggiore specificità, però, riguarda non tanto la suddivisione interna del reparto legale, ma il fatto che il dipartimento legale stesso non sia una funzione «finita». Il riporto di Corda, infatti, non è l’amministratore delegato ma il direttore Public & legal affairs, divisione che tiene insieme tre diversi dipartimenti: quello legale, il regolamentare e gli af­fari istituzionali. Questo modello organizzativo – al momento «italiano», nel senso che non va incontro a specifiche richieste da parte del gruppo ma che in­tanto si vede essere replicato sempre più in altri mer­cati geografici del gruppo – risponde in pieno alle esigenze di un business complesso e che ha bisogno di interfacciarsi con le istituzioni e le autorità regola­mentari e rappresenta un segnale concreto delle in­tenzioni di Vodafone di trasformare la propria unità in una funzione che generi anche ricavi. Non c’è bu­siness senza un rapporto costruttivo con chi decide le regole del business. E come ci conferma lo stesso Head of legal della multinazionale della telefonia, la tendenza generale verso un modello organizzativo di questo tipo è crescente. «È fondamentale – spiega Corda – soprattutto nei mercati regolamentati come il nostro, ma ovviamente non solo per il nostro. Pen­sare di gestire l’attività legale in maniera svincolata o separata dall’attività regolamentare è assolutamen­te perdente, e questo credo che valga anche per le aziende nostre concorrenti. Alle volte si osserva che in gruppi di lavoro diversi, seppure molto vicini tra loro, come sono il legale e regolamentare, circolano poco o nulla le informazioni, proprio perché spesso manca una comunanza di obiettivi e di interessi e spesso non si guarda al di la della propria funzione».

L’unione di queste tre famiglie, oltre a permettere strategie comuni in funzione della crescita del business, favorisce anche la circolazione delle persone, consen­tendo l’ampliamento delle competenze e lo sviluppo delle professionalità. Questo tema è particolarmente sentito in Vodafone, che, oltre ad avere creato un social network della legal community worldwide per facilita­re la comunicazione, la condivisione e l’apprendimen­to, incentiva i percorsi di crescita internazionale e gli scambi temporanei di legali all’interno del gruppo tra i diversi end-market nazionali, attraverso quello che in Vodafone viene definito “short-term assigment”. Tali iniziative denotano un’attenzione alle persone e alle loro professionalità che va oltre gli standard di mercato.E questa cultura si trasferisce anche nella scelta degli studi esterni a cui affidare mandati. I criteri che Corda segue sono tre: oltre alla tradizionale atten­zione alla qualità dei servizi e alla necessaria consi­derazione del prezzo, risulta particolarmente inte­ressante il terzo elemento, quello che in Vodafone definiscono «clima», termine che fa riferimento all’e­tica del lavoro e ai valori che caratterizzano lo studio selezionato. Concretamente questo si caratterizza in una particolare attenzione alla qualità della vita professionale dell’avvocato esterno impiegato sul progetto (che a cascata si riflette sulla qualità dell’e­secuzione del lavoro stesso), che sia un partner o che invece sia l’ultimo junior associate. Gli elementi di valutazione di questa dimensione non mancano. Solo per citarne alcuni riportiamo: il numero di as­sociati, la loro età media, la proporzione tra associati e partner, il numero di anni dopo il quale un associa­to può aspirare alla partnership, e la percentuale di donne tra i professionisti dello studio.

Si tratta di una riflessione importante per gli stu­di legali, che, secondo Corda, troppo spesso soffro­no di una forte rigidità al cambiamento, faticando a capire che le esigenze dei clienti stanno cambiando a grande velocità. Questo – se dai piccoli studi vie­ne recepito più facilmente – vale soprattutto per le sigle dalle grandi dimensioni. E non basta lo sforzo di accettare di lavorare su base forfettaria anziché oraria. Il messaggio dell’Head of legal di Vodafo­ne è molto chiaro: oggi serve lavorare in maniera sempre più integrata con il cliente, ricostituendo­si secondo un principio di customer service. Un esempio interessante proviene dal Regno Unito, dove ci sono realtà molto innovative che hanno ri­nunciato non solo ad avere sedi sfarzose in centro città da ricaricare sulle tariffe ma addirittura han­no eliminato i propri uffici, sviluppando sistemi IT all’avanguardia e lavorando direttamente nelle sedi dei clienti. In alcuni casi questi legali acquisiscono addirittura un indirizzo mail proprio dell’azienda cliente e vengono valutati secondo metriche di bu­siness che sono normalmente utilizzate per i dipen­denti. Quale miglior esempio per la trasformazione a venire da legale « in azienda» a «d’azienda»? 


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