Riportare i marò in Patria presto e bene: questo l’obiettivo dichiarato dell’appena insediato esecutivo. Ora, la strategia del governo Renzi e del ministro della Difesa Roberta Pinotti è affermare il livello internazionale della contesa; spostare la vertenza processuale fuori dall’India e portarla davanti al Tribunale del mare di Amburgo. Ma il ricorso al Tribunale del mare non è certo cosa semplice in questo caso. "Secondo me un ricorso diretto sul merito al Tribunale di Amburgo è impossibile perchè l'India non ha accettato la giurisdizione del tribunale”. Sono le parole di Tullio Treves, ex giudice della Corte di Amburgo e attualmente of counsel di Curtis Mallet-Prévost Colt & Mosle, in merito alla travagliata vicenda dei marò.
Tutto ha inizio il 15 febbraio 2012 quando la petroliera Enrica Lexie viene attaccata dai pirati a largo dell'Oceano Indiano. L'offensiva viene contrastata dai due fucilieri della marina militare italiana a bordo della nave, Salvatore Latorre e Massimiliano Girone (entrambi in foto), che rispondono sparando sul peschereccio indiano e uccidendo due pescatori che si trovavano nelle vicinanze. Il giorno seguente la nave Enrica Lexie entra nel porto di Kochi e i due fucilieri italiani vengono arrestati, con l’accusa di omicidio. Da qui nasce una crisi diplomatica fra India e Italia che dura da oltre due anni. Adesso, stando alle ultime notizie, il governo italiano pare orientato a percorre la via di un arbitrato internazionale.
Secondo Treves: “La giurisdizione obbligatoria senza il consenso dell'India si potrebbe ottenere non ricorrendo al Tribunale del mare (competente solo per accertare se vi è stata una violazione del diritto marittimo), ma a un tribunale arbitrale formato da cinque arbitri, nel quadro della Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare". E conclude: “Una volta costituito questo tribunale ad hoc è possibile fare richiesta di misure cautelari, come un ordine di liberazione urgente per Latorre e Girone".
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