Sono già alcuni mesi che se ne parla. Cba ha tirato le cinghia dell'equity per massimizzare il ppp (profit per partner) dello "zoccolo duro" dello studio. Ma qual è l'identikit del partner ideale Cba?
Fonti interne rivelano che l'optimum vorrebbe soci con un fatturato di 1 milione di euro l'anno e una marginalità del 60 per cento. Vale a dire professionisti in grado di fare entrare in cassa 600mila euro l'anno, al netto dei costi di struttura. Se questo è l'optimum, l'asticella "sine qua non" si abbassa a 800mila euro, con una marginalità del 50 per cento. Con meno di 400mila euro, quindi, è escluso l'accesso alla partnership.
Certo, il fatturato da solo non basta. A fare la differenza sono anche la tipologia delle operazioni trattate e il portafoglio clienti. Grandi deal e clienti in grado di pagare parcelle orarie da 300-400 euro sono gli altri requisiti richiesti da Cba per accedere all'equity. Requisiti indispensabili, tanto da prevalere in molti casi anche sul volume degli introiti.
Se questi sono i paletti posti dall'insegna negli ultimi mesi, non tutti i soci hanno dimostrato di condividere la strada intrapresa. A loro due scelte: ridefinire lo status, uscendo dall'equity e collaborando con lo studio come of counsel, o lasciare l'insegna. Se tanti hanno già percorso quest'ultima via, due professionisti starebbero valutando di accettare il compromesso. Ad attenderli, in tal caso, un periodo di 6 mesi da of counsel per raggiungere gli obiettivi prefissati. Periodo in cui la de-equitization non sarebbe, però, resa pubblica. A gennaio, il momento decisivo per ufficializzare il nuovo status o riaccedere all'equity.
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