Chi non adotta un approccio attento al feedback del cliente rischia di perdere competitività. Già, la relazione tra legal counsel e studi legali a volte può essere descritta come un dialogo tra sordi, che non vogliono intendersi né possono intendersi. Studi legali e direzioni legali parlano due lingue diverse e seguono approcci diversi. Lo ha ricordato con ironia su twitter Riccardo Ruggeri, ex Ceo di New Holland: il consulente esterno cerca di "produrre il massimo sforzo per essere ingaggiato"; un dirigente, costretto ad assumerlo, cerca invece "liberarsi con destrezza del documento che ha prodotto".
Messo così, è il peggiore dei risultati: quando non c'è intesa tra advisor e clienti a perdere sono entrambe le parti. L’advisor è riuscito a ottenere l’incarico, ma perderà il cliente; l’insoddisfatto general counsel dovrà perdere tempo per cercare un nuovo consulente.
Lo sforzo per allineare gli obiettivi deve partire dall’offerta. Purtroppo, non è sempre così. I general counsel spesso indicano come caratteristica fondamentale degli studi con cui collaborano l’efficienza e la produttività, ma pochi studi riescono a dare indicazioni puntuali sulla propria organizzazione e attività. Si impedisce così al cliente la corretta valutazione dell’offerta di servizi con il rischio di perdere competitività.
Il dialogo tra sordi emerge soprattutto sul fronte della tecnologia, incidendo negativamente sul livello di soddisfazione dei clienti, come è emerso anche da una recente indagine del Centro Studi di TopLegal (pubblicata su TopLegal Review aprile/maggio 2020). Per il 70% dei Gc intervistati gli studi in Italia sono poco attrezzati a livello tecnologico per stare al passo con le esigenze delle imprese. Eppure, l’innovazione tecnologica è destinata a diventare un requisito imprescindibile nella selezione di uno studio legale. Gli uffici legali aziendali hanno investito in tecnologia per gestire le crescenti richieste dell’azienda, automatizzare le attività di routine, e ridurre i costi, compresi i costi della consulenza esterna. E si aspettano un aumento di produttività e di efficienza anche da parte dei loro legali esterni.
L’allarme è suonato. Nei prossimi tre anni, come emerso da una recente indagine condotta da Wolters Kluwer Legal & Regulatory negli Usa e in Europa, sarà prassi comune tra le direzioni legali chiedere agli studi di precisare il modo in cui utilizzano la tecnologia per migliorare la produttività e l’efficienza. Di fronte a questi cambiamenti, qual è la risposta degli studi? Poco più della metà dichiara di investire in nuove tecnologie per supportare le attività dei clienti e solo un terzo sta adottando un approccio attento al feedback del cliente, implementando l’ottimizzazione dei processi. Risultato? Oggi solo un general counsel su quattro (26%) è soddisfatto dello studio che li assiste. La percentuale dimostra che il dialogo tra sordi è destinato a continuare.