IL CONTENZIOSO

Cleary vince per Tim in Cassazione

La Corte si è espressa con sentenza lo scorso 8 febbraio

12-02-2025

Cleary vince per Tim in Cassazione

Cleary Gottlieb ha assistito con successo Tim davanti alla Corte di Cassazione  nell'ambito di un giudizio risarcitorio per presunte pratiche di retention. 

 

Il team legale interno della società, coordinato da Agostino Nuzzolo (In foto a destra), general counsel, legal, regulatory and tax affairs executive vice president e segretario del Cda di Tim, e Federica Poggioli, head of legal business support & litigation, ha lavorato insieme alla squadra di Cleary.

 

Il counsel Gianluca Faella (in foto a sinistra) ha guidato il gruppo di advisor composto dalle associate Alice de Gasparre e Margherita Marotta.

 

Nel merito, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto da Telecom Italia (Tim) avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Roma l’aveva condannata a risarcire presunti danni subiti da PosteMobile (PostePay) a seguito di asserite condotte di retention poste in essere dalla stessa Tim.

 

PosteMobile aveva contestato che Tim avesse utilizzato i dati contenuti nelle richieste di portabilità del numero (c.d. number portability) per contattare i clienti intenzionati a cambiare gestore e trattenerli con offerte migliorative (c.d. retention).

 

La Corte d’Appello aveva ritenuto che, pur avendo considerato non provato l’ammontare del danno, il Tribunale di Roma avesse accertato atti di retention nei confronti di PosteMobile, con statuizione passata in giudicato in quanto non impugnata con appello incidentale.

 

Accogliendo le difese di Tim, la Suprema Corte ha negato la fondatezza delle contestazioni, osservando che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte d’Appello, il Tribunale di Roma, in primo grado, aveva ritenuto non provate, neppure in via presuntiva, le asserite condotte di retention nei confronti dei clienti di PosteMobile. 

 

Dunque, la Corte d’Appello aveva erroneamente reputato «sussistente un giudicato interno in ordine all’an della responsabilità, giudicato invero insussistente».

 

 


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