Le decisioni disciplinari più emblematiche adottate dal Consiglio nazionale forense nei confronti degli avvocati nel corso del 2009 riguardano le tariffe, la pubblicità e i rapporti con i clienti/assistiti.
Ad illustrare i dati delle statistiche sull’attività giurisdizionale sarà il presidente del Cnf, Guido Alpa (nella foto), in occasione della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario forense, che si terrà a Roma il 10 marzo prossimo, alla presenza del ministro della giustizia Angelino Alfano e dei rappresentanti istituzionali e politici del mondo giudiziario.
Rispetto all'anno precedente il 2009 è stato contraddistinto da un incremento dei procedimenti (291), di cui 290 decisi, con una pendenza residua dell’anno di 237 procedimenti. I ricorsi esaminati, invece, sono stati 405, di cui 290 decisi.
Le decisioni più significative hanno interessato:
a) Compensi proporzionati: decisione che ha stabilito di conferire sanzioni disciplinari agli avvocati che chiedono una retribuzione non proporzionata all’attività svolta, anche quando gli onorari sono concordati in via forfettaria con il clienti.
b) Conflitto d'interessi: il legale non può mai cambiare assistito nel corso del medesimo procedimento; la non osservanza può provocare la sospensione dall’esercizio dell’attività professionale. Incorre, inoltre, in sanzione disciplinare, l’avvocato che presta somme di denaro al proprio assistito, anche scalandole successivamente dal proprio’onorario. Il fatto stesso di intrattenere rapporti di carattere economico, infatti, con il proprio assistito viola il canone dell’articolo 35 del codice deontologico sul rapporto di fiducia con la parte assistita.
c) Negozi legali: aprire uno studio legale su strada e farsi pubblicità non è di per sé illegittimo; tuttavia, bisogna fare attenzione sulle modalità operative/comunicative adottate per la finalità di attrarre clientela, le quali possono avere rilievo disciplinare, sotto il profilo del’accaparramento di clientela e di informazione non conforme a correttezza e decoro.
d) Incompatibilità tra professione forense e pubblico impiego part-time: è stata affermata l'incompatibilità tra professione forense e rapporto di pubblico impiego anche part-time, assegnando gli interessati un termine di 36 mesi dall’entrata in vigore della norma per optare tra l’una e l’altra strada.