Continua a essere ferma la posizione del Consiglio nazionale forense (Cnf) sulla società di capitali come forma giuridica da applicare agli studi legali, resa possibile dalla Legge di Stabilità. E si tratta di un secco no. È quanto emerso oggi dalla tavola rotonda “Società di capitali – si o no? Grandi studi legali a confronto” organizzata dal Cnf a Roma.
Al confronto hanno partecipato Alberto Toffoletto (Nctm), Aristide Police (Clifford Chance), Fabrizio Arossa (Freshfields Bruckaus Deringer), Francesco Gianni (Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners), Giuseppe Scassellati Sforzolini (Cleary Gottlieb Steen & Hamilton), Roberto Cera (Bonelli Erede Pappalardo), Stefano Speroni (Dewey LeBoeuf).
Nel comunicato diffuso dal Cnf, presieduto da Guido Alpa (in foto), si legge che dagli interventi è emersa una «sostanziale» unanimità di critiche alla scelta del Governo di estendere alla professione forense, data la sua specificità, la disciplina delle società commerciali prevista dal codice civile; una estensione automatica che crea molta confusione. Contrarietà assoluta, poi, è stata espressa sull’ammissione del socio di puro capitale non professionista (dunque meri investitori), che comprometterebbe la corretta attività professionale.
Secondo la nota, sono tante le questioni che legge di Stabilità (n. 183/2011) non risolve: la questione della imputazione della responsabilità rispetto al cliente della società di capitali tra avvocati; se la società tra professionisti possa fallire o meno; il trattamento fiscale; la tutela dell’avviamento; il ruolo del socio capitalista non professionista nella gestione dell’attività professionale.
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