Dal fare sistema al creare un ecosistema. È stato questo il leitmotiv del Capital Markets Forum tenuto da PriceWaterhouseCoopers, in collaborazione con TopLegal, l'8 luglio a Palazzo Mezzanotte, dal titolo «Equity, debt e altri strumenti alternativi per la crescita aziendale».
L'incontro ha visto la partecipazione di Fabrizio Acerbis, managing partner di Pwc Tax and Legal, Guglielmina Onofri, responsabile divisione informazione emittenti di Consob, Raffaele Jerusalmi, Ad di Borsa Italiana; Carlo Gagliardi, partner di Investindustrial; Massimo Lapucci, segretario generale di Fondazione Crt; Guido Nola, senior country officer di Jp Morgan Italia; Camillo Rossotto, presidente di Rai Way; Claudia Segre, segretario generale di Assiom Forex; e Gioacchino Amato, responsabile legal capital market di PwC Tax and Legal Services. A moderare la tavola rotonda Carlo Festa, giornalista del Sole 24 Ore.
Il tradizionale canale di finanziamento bancario delle imprese non funziona più. Gli istituti di credito sono patrimonializzati cinque volte più del sistema industriale, e l’accesso al credito ha conosciuto crescenti difficoltà a partire dalla crisi del 2008. E così se fino a qualche anno fa il fabbisogno finanziario delle aziende veniva coperto a larga maggioranza dagli istituti, oggi gli imprenditori devono superare alcune residue resistenze culturali e aprirsi a nuove fonti.
Non è detto che sia un male. «Meglio avere a che fare con 2.000 azionisti o con tre banche con i covenants?» ha commentato Gioacchino Amato. L'entrata nel mercato dei capitali, dopo alcuni anni bui (il 2012 ha registrato un’unica quotazione), sta riscontrando una nuova vitalità. Lo scorso anno le Ipo sono state cinque, e se ne contano altre quattro solo nel primo semestre del 2015. In attesa di alcune grandi privatizzazioni (Poste, Enav, e potrebbe essere il turno anche delle Ferrovie) che potranno dare ulteriore slancio agli investitori e fiducia agli imprenditori. Per i primi si tratta di cogliere delle buone opportunità per allocare un enorme ammontare di liquidità presente nel mercato ma al momento immobilizzato. Il discorso vale in particolare per gli istituzionali, finalmente di nuovo affacciati sul nostro Paese, che sta conoscendo un recupero di credibilità che non deve essere sprecato. Questo si riflette anche nell'atteggiamento degli stessi investitori, non più short come un tempo e disposti invece ad affiancare il management delle imprese per contribuire alla crescita e alla generazione dei dividendi. Gli imprenditori, dal canto loro, devono abbandonare l’ansia da perdita del controllo. E sia le istituzioni sia gli organismi di gestione dei mercati stanno facendo la loro parte per agevolare questo cambiamento.
Le nuove norme non si contano, a livello nazionale che europeo. Pensiamo al Libro Verde sulla Capital Markets Union della Commissione Europea, che fissa obiettivi al 2019 per razionalizzare il sistema di regolamentazione europeo. Oppure, guardando al nostro Paese: l’introduzione del voto plurimo, l’utilizzo dei minibond, gli incentivi fiscali alle quotazioni, il crescente ricorso al pre-filing e i discorsi aperti in sede Consob per semplificare gli adempimenti sia per l’ammissione a quotazione che per il mercato secondario. Ma nella logica di costruzione di un ambiente favorevole all'apertura dei capitali si segnala anche l'impegno di Borsa Italiana nella predisposizione del programma Elite: un incubatore di aziende che favorisce l’incontro tra le società e lo sviluppo di relazioni commerciali, partnership e transazioni. Ed esperienze. Un modo per superare la frammentazione tipica del nostro Paese e in alcuni casi favorire il consolidamento.
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