Che sia percepita come nemica o alleata, pericolo o risorsa, la commodity è rivelatrice di un turbolento movimento sotterraneo nell’asse advisor-cliente.
È per sondare luci e ombre del fenomeno che la copertina di ottobre di TopLegal è dedicata al rapporto sul TopLegal Summit 2012, l’evento organizzato in giugno e incentrato sull’innovazione di “modelli, strutture, servizi”. Ai protagonisti del Summit, fronte studi e lato clienti, è stato chiesto di confrontarsi sul tema. Alla ricerca di spiragli oltre la commodity.
Per quanto il concetto abbia registrato interpretazioni diverse – nelle ragioni e nell’oggetto del fenomeno, assumendo connotazioni positive o negative – certo è che, ormai, il fattore fungibilità (con le sue derivazioni: standardizzazione, forfetizzazione, per non dire, mercificazione) è entrato nel linguaggio comune di clienti e avvocati d’affari.
Al punto che gli stessi studi hanno iniziato a prendere in considerazione l’idea che il software e i terminali «sostituiranno l’avvocato» per una parte crescente di servizi. È questa l’opinione, radicale, di Alessandro De Nicola, senior partner di Orrick, che individua nell’informatizzazione del servizio legale «la causa e la risposta alla commodity». Delineando uno scenario in cui il cliente di domani sostituirà all’avvocato i software come fonte primaria per la gestione dei servizi definiti «a basso valore aggiunto».
Diametralmente opposta alla sua è, invece, la posizione di chi rifiuta di assoggettarsi alla commodity, escludendo la possibilità di considerare il mondo legale «alla stregua di un erogatore di briochine». A sostenerlo, non – come si potrebbe facilmente pensare – un rappresentante degli studi d’affari, ma il general counsel di Intesa Sanpaolo Elisabetta Lunati.
Tra queste due posizioni agli antipodi, si collocano opinioni a diversi livelli di sfumature che sottolineano la frammentarietà del dibattito in corso. Un dato interessante, che dimostra quanto la valanga-commodity sia percepita come un pericolo che rischia di scuotere in maniera preoccupante non solo le patinate insegne legali, ma anche gli in-house, imprigionati tra la crescita esponenziale di responsabilità verso l’azienda, e un’offerta di supporto esterno in pesante caduta di qualità.
Gli altri sette protagonisti delle opinioni "d'autore" che animano l'inchiesta sulla commodity sono: Francesco Gianni, fondatore di Gianni Origoni Grippo Cappelli & partners; Tommaso Di Tanno, name partner dello studio Di Tanno e associati; Federico Sutti, managing partner di Dla Piper Italia; Daniela Della Rosa, general counsel di Gucci; Massimo Mantovani, general counsel di Eni; Claudia Ricchetti, general counsel di Lottomatica; e Umberto Simonelli, general counsel di Brembo.
Le loro opinioni riflettono come general counsel e consulenti giochino, in fondo, la stessa partita. Là dove tutti sembrano spiazzati e in cerca di punti di discontinuità di fronte all’uniforme immensa pianura commodity.
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