lI Tar Molise ha rimesso alla Corte costituzionale la riforma dei compensi relativi ai 347 avvocati dello Stato. Sarà ora la Consulta a stabilire se gli avvocati pubblici hanno diritto, come sostengono, a ricevere come stipendio variabile le spese legali che paga all’amministrazione chi perde una causa con lo Stato. Spese che, fino a due anni fa, venivano loro girate integralmente.
A introdurre il taglio è stato l’articolo 9 del decreto legge 90 del 2014, che ha stabilito che agli avvocati dello Stato sarebbe toccata solo la metà delle spese legali recuperate dall’amministrazione per ogni sentenza favorevole. Il resto avrebbe finanziato borse di studio presso l’Avvocatura dello Stato e il Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Prevedendo, inoltre, che a decorrere dall’1 gennaio 2015, l’amministrazione pubblica possa corrispondere tali compensi aggiuntivi non automaticamente a tutti gli avvocati pubblici, ma in base al rendimento individuale, secondo criteri che tengano conto, tra l’altro, della puntualità negli adempimenti processuali.
Quando fu emanato il decreto legge, alcuni avvocati decisero di percorrere la strada dei ricorsi al Tar. Uno di questi ricorsi – promosso in Molise da Giuseppe Albano, Piero Vitullo, Alfonso Peluso, Iolanda Luce – ha fatto adesso centro: i giudici amministrativi hanno deciso che a occuparsi del caso dovrà essere la Consulta. Sul piatto ci sarebbero cifre per 40 milioni di euro l'anno.