Settore giuslavoristico

Consulenza ordinaria per mantenere marginalità

Le grandi ristrutturazioni sono finite mentre il Jobs Act ridurrà drasticamente i contenziosi. I cambiamenti normativi in corso impongono ai giuslavoristi un riposizionamento sul mercato.

16-02-2015

Consulenza ordinaria per mantenere marginalità

di Maria Buonsanto

Dopo aver giovato per alcuni anni di quella che potrebbe essere definita una “bolla lavoristica”, in cui il settore generava grossi volumi al traino delle grandi ristrutturazioni aziendali e dei contenziosi, il Lavoro oggi deve ridefinire il perimetro della consulenza. La stagione delle ristrutturazioni milionarie si è avviata a conclusione e il contenzioso, grazie alle nuova disciplina imposta dal Jobs Act, con ogni probabilità diminuirà notevolmente. 

Il nuovo assetto normativo che regolerà la cessazione dei rapporti di lavoro si incardina su due principi: prevedibilità dei tempi e dei costi della risoluzione. Due elementi che, di fatto, rendono pressocché inutile il ricorso presso le Corti del Lavoro. In futuro, infatti, la risoluzione dei rapporti di lavoro non dovrebbe più essere pervasa da un alto grado di rischio e di imprevedibilità. 

Questa assenza di rischio, da un punto di vista di equilibri di mercato, si traduce in un minore potere negoziale appannaggio dei consulenti, le cui parcelle in passato sono state legate a doppio filo alla fase patologica della vita aziendale. 

Al contrario, la sfida per il futuro degli specialisti in Lavoro è quella di convertirsi da consulenti straordinari in consulenti ordinari, in grado di seguire tutte le fasi del rapporto di lavoro, dall’head hunting alla formazione, fino alla definizione di contratti ad hoc, che riescano a garantire mobilità al mercato del lavoro nonostante le regole apportate dal Jobs Act. 

La nuova normativa, infatti, potrebbe generare una certa staticità del mercato: cambiare posto di lavoro d’ora in avanti significherà rinunciare a rendite di posizione già acquisite e accettare un contratto a tutele crescenti. In tal senso, uno dei nuovi ruoli del consulente esterno potrebbe essere quello di predisporre dei meccanismi contrattuali di entrata e d’uscita dall’azienda tali da aggirare il pericolo di stagnazione del personale. Una consulenza, quindi, tagliata su misura di ogni singolo rapporto di lavoro e proprio per questo non soggetta al pericolo di standardizzazione, secondo quanto riferiscono alcuni giuslavoristi come Claudio Morpurgo di Morpurgo e Associati

Oltre al pericolo di commodizzazione del servizio, i lavoristi si troveranno a gestire anche un’altra difficoltà: il taglio delle parcelle. Passare dalla consulenza in operazioni straordinarie a quella giorno per giorno vuol dire anche ridefinire il servizio all’interno di un perimetro economico prestabilito. Così com’è accaduto ad altre practice, quindi, anche il Lavoro dovrà fare i conti con il taglio dei costi e il forfait. 

La tendenza è già in atto. La gestione del personale, la pianificazione delle risorse da integrare nella struttura e di quelle da tagliare vengono studiate all’interno di piani triennali che sempre più spesso riportano direttamente al Chief financial officer. È così che i lavoristi già oggi si trovano a confrontarsi, come cliente ultimo, non con il direttore affari legali o con il responsabile del personale, ma bensì con il Cfo, il cui obiettivo è la gestione ottimale dei flussi di cassa all’interno di un piano basato su prevedibilità e redditività. 

Diventare, quindi, partner di business dei Cfo per i lavoristi significherà sviluppare una capacità progettuale, in grado di supportare le scelte strategiche dell’azienda in un quadro di pianificazione dei rischi e dei costi a medio-lungo termine.

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