In un procedimento penale in cui erano coinvolte alcune griffe del settore della moda – tra cui la Salvatore Ferragamo, assistita da Gabriele Lazzeretti (in foto) e Stefano Andres, partner di Spheriens – il Tribunale di Udine ha sancito la rilevanza del “customizing” anche sotto il profilo del reato di contraffazione di cui all’art. 473 del codice penale.
Il customizing è la pratica che negli ultimi anni ha trovato crescente diffusione di realizzare dei prodotti nuovi mediante la trasformazione, modifica o combinazione di prodotti originali reperiti sul mercato.
Il caso aveva a oggetto la produzione e commercializzazione di spille ottenute attraverso l’assemblaggio di bottoni raffiguranti marchi denominativi e loghi del settore della moda. Parte di questi bottoni erano originali, altri contraffatti. Il Tribunale, oltre ad affermare che rispetto alle spille realizzate con i bottoni contraffatti la sussistenza del reato è indubbia, ha anche precisato come pure l’impiego di prodotti (nella specie i bottoni) originali integri l’elemento materiale del reato.
Il Tribunale al riguardo ha in particolare rilevato come l’assemblaggio del prodotto finale dia vita a un articolo del tutto nuovo che, pur restando contraddistinto dal marchio originale, non è però prodotto o comunque autorizzato dalla casa madre titolare di quel marchio. Secondo il Tribunale l’operazione di customizing è dunque lesiva della fede pubblica (bene tutelato dalla norma del codice penale in questione), appunto perché il prodotto nuovo riportante il marchio originale può ingannare i consumatori circa la provenienza imprenditoriale del prodotto stesso.
In definitiva il Tribunale – pur assolvendo le imputate dai reati ascritti, in parte per l’assenza del dolo e in parte per la tenuità del fatto delle condotte – ha stabilito un importante principio in materia di contraffazione penale nelle attività di customizing.
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