UN MERCATO AFFOLLATO DI ATTORI
Vittima della crisi e dell’instabilità economica, il settore delle grandi fusioni e acquisizioni ha vissuto, negli ultimi due anni, un forte clima d’incertezza generale a causa del quale si è ridotto il volume di affari e di investimenti, non solo su scala domestica ma anche a livello globale.
L’analisi effettuata dal Centro Studi sulla tipologia di mandati tra il 2011 e il 2013 rileva una sostanziale spaccatura del mercato: da un lato abbiamo assistito a operazioni dall’ingente importo economico e dal prevalente coinvolgimento di società quotate – per esempio, la fusione da 3 miliardi di euro tra Atlantia e Gemina e l’acquisto, per mano di Delmi, di Edipower da Alpiq e Edison, per quasi 2 miliardi di euro – dall’altro, ci sono stati mandati di natura domestica, con società private come principali protagoniste – l’acquisizione di Cerved ad opera di Cvc Capital per oltre 1 miliardo di euro. A fronte di una brusca frenata di investimenti su entrambi i livelli, sono gli attori istituzionali come Cassa depositi e prestiti, Fondo strategico italiano e Fondo Italiano d'Investimento che si sono fatti avanti per le acquisizioni importanti. Cassa depositi e prestiti è stata protagonista di tre delle acquisizioni più significative degli ultimi due anni, prendendo il 100% di Sace per 6 miliardi di euro, il 100% di Fintecna per più di 2 miliardi, entrambi di proprietà del Ministero dell’Economia e delle Finanze e il 76% di Simest dal Ministero dello Sviluppo Economico per 233 milioni di euro.
Il mercato italiano è stato, inoltre, preso d’assalto da investitori stranieri, attratti dai marchi italiani. Mentre l’opinione pubblica è stata attirata maggiormente dalla cessione della pasticceria Cova a Lvmh, l’acquirente francese si è intascato altri due brand italiani storici: Bulgari per 3.700 milioni di euro e più di recente Loro Piana per 2.200 milioni di euro.
I settori su cui si sono concentrati gli investimenti, sia italiani che stranieri, hanno riguardato i servizi media e tecnologia, il lusso, l’energy, l’alimentare ed la moda. Per il mercato dell’equity capital markets, gli ultimi due anni sono stati piuttosto statici e il settore delle Ipo è diventato uno dei meno redditizi per gli studi d’affari, con pochissime operazioni in cantiere. Le più significative sono state l’ammissione a quotazione di Brunello Cucinelli seguita da quella di Moleskine. In picchiata anche gli aumenti di capitale, con poche eccezioni, tra cui Fondiaria- Sai, che ha aumentato il suo capitale di 1,1 miliardi di euro, Unicredit di 7,5 miliardi di euro e Banca Popolare di Milano di 500 milioni di euro.
Il mercato legale
Alla naturale divisione del mercato legale del corporate/m&a corrisponde un’analoga divisione dei consulenti legali. Da un lato emergono studi che, per la forza del brand, delle squadre e persino dei singoli soci rainmaker, nonché per la vicinanza a clienti altolocati, si confermano ormai da anni i consulenti privilegiati di società quotate e prestigiosi istituti finanziari nelle loro maggiori operazioni. Dall’altro lato, vi sono studi legali impegnati prevalentemente su operazioni a favore di società private dal valore più contenuto. Le classifiche stilate dal Centro Studi TopLegal rispecchiano questa struttura di base del mercato legale corporate/m&a italiano.
Benché questa divisione bipartitica sia rimasta immutata nella sua natura profonda, tuttavia è cambiata la strategia di riposizionamento opportunistico di alcuni protagonisti della fascia alta del mercato, e lo spazio in cui cercano di muoversi, a causa della crisi economica e della conseguente riduzione delle grandi operazioni. I grandi studi italiani e internazionali non operano più solo sulle acquisizioni e fusioni più ingenti, bensì cercano di attingere anche al mid- market, ovvero al bacino di mandati dal valore di mercato inferiore ma pur sempre strategicamente importanti nel proprio settore industriale di riferimento.
Una conseguenza immediata di questa migrazione dei grandi verso il mid- market è stata quella di un aumento di attori, e quindi di concorrenza, e una riduzione dei mandati da spartirsi. Ciò si è tradotto in un fenomeno piuttosto esplosivo che ha messo sotto pressione le insegne legali. Non sorprende se, negli ultimi anni, il mercato ha assistito alla fine di storiche insegne, a spin- off decisivi e alla nascita di nuove realtà, tutto accompagnato da un’elevata volatilità dei professionisti.
Tra il 2011 e il 2013 i lateral hire di soci equity esperti di corporate/ m& a sono stati i più numerosi: ben 39 professionisti hanno cambiato insegna. La maggior parte è stata una conseguenza del fallimento di Dewey & LeBoeuf, che ha vissuto una vera e propria diaspora prima di ricostituirsi, a tempo di record, sotto l’insegna di Grimaldi. Nella fase di rilancio della practice, Grimaldi ha rafforzato il corporate con l’ingresso di Giorgio Gallenzi proveniente da Delfino e Associati Willkie Farr & Gallagher. A questo nuovo acquisto sono seguite, però, per Grimaldi ben tre uscite di peso: Bruno Gattai e Luca Minoli, che hanno fondato Gattai Minoli & partners, Rino Caiazzo, confluito in Caiazzo Donnini Pappalardo e Associati, e Lorenzo Parola, approdato nel team di Paul Hastings.
Ma Grimaldi non è l’unico a subire l’uscita di personalità di spicco nel mercato in analisi. Freshfields Bruckhaus Deringer ha perso Mario Ortu e Nicola Caracciolo Barra, andati ad inaugurare il dipartimento di corporate di Orsingher – ora Orsingher Ortu – e su cui il mercato, per il momento, riserva il suo giudizio. Anche Chiomenti, tra i protagonisti del mercato delle grandi fusioni e acquisizioni, ha vissuto un periodo di riprogettazione interna a seguito dell’uscita di due soci di spicco: Franco Lambertenghi, approdato in Jones Day e Ferigo Foscari il quale ha fatto il suo ingresso in White & Case. Gli americani di White & Case, dopo tre anni di assenza dall’Italia, sono ripartiti con una campagna acquisti di tutto rispetto, iniziata con l’ingresso di Michael Immordino, uscito da Latham & Watkins, e successivamente di Iacopo Canino, ex Giliberti Pappalettera Triscornia e Associati. Ha investito sul corporate anche Hogan Lovells, prendendosi Luca Picone e Francesco Stella da Linklaters.
Per quanto riguarda i lateral più strategici, il mercato corporate ha visto lo spostamento di due affermati rainmaker: Roberto Cappelli e Michael Bosco. Il primo, che ha aggiunto il proprio nome all’insegna di Gianni Origoni Grippo, è stato l’immediata causa dello sconvolgimento che ha portato poi alla chiusura del “primo” Grimaldi. Il secondo ha lasciato la ventennale collaborazione in Shearman & Sterling per rafforzare il dipartimento di Dla Piper, che, nel frattempo, ha investito in nuove partnership attingendo dal “nuovo” Grimaldi con l’acquisto di Francesco Novelli e Francesco Satta.
Ben quattro sono stati i passaggi tra direzioni affari legali e dipartimenti di corporate: Salvatore Cardillo è passato da Enel a D'Urso Gatti e Bianchi; Diego Saluzzo prima, e Fernando Massara poi, hanno lasciato rispettivamente Iveco e Exor per entrare in Grande Stevens. Diversa è stata la scelta di Emiliano Nitti, che dopo 10 anni alla guida della direzione affari legali del fondo Clessidra, ha deciso di mettersi in proprio e fondare lo studio Mauri Nitti.
Una stagione turbolenta quella che ha coinvolto le squadre di corporate e m&a, che non vede all’orizzonte immediati segni di assestamento, bensì segnali di continuo rimpasto delle compagini. Ultima, in ordine di tempo, è stata la scissione di Labruna Mazziotti Segni, affermata insegna del corporate e equity capital markets, che ha visto l’uscita dei due name partner, Andrea Mazziotti di Celso e Antonio Segni.
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