Ammonta a 260 milioni di euro il risarcimento che complessivamente Vittorio Emanuele e Emanuele Filiberto di Savoia, assistiti dagli avvocati Sergio Calvetti e Francesco Murcia, hanno chiesto allo Stato italiano per i danni subiti a causa dell’esilio della famiglia, terminato dopo 46 anni, nel 2002.
L’accusa lanciata dagli avvocati della famiglia si basa sulla presunta violazione degli articoli della Costituzione che stabiliscono che "tutti i cittadini hanno pari dignità senza distinzione di sesso, di razza e di condizioni personali e sociali e che nessuna restrizione può essere determinata per ragioni politiche”.
«Lo Stato italiano ha ratificato la Convenzione Europea dei diritti dell'uomo escludendo unicamente gli eredi maschi di Casa Savoia», spiega a TopLegal l’avvocato Calvetti, «contravvenendo così ai principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale. Gli eredi di Casa Savoia sono stati privati dal 1° gennaio 1948 di tutte le loro proprietà, così come fino al 2002 del diritto di vivere nel proprio Paese natio, nonché del diritto politico attivo e passivo. Questo ha determinato la volontà di chiedere giustizia».
Questa richiesta ha un fondamento giuridico? TopLegal ha interpellato l’avvocato Lorenzo Cuocolo, professore di diritto pubblico comparato presso l’università Bocconi di Milano. Cuocolo osserva che «la richiesta non ha fondamento giuridico perchè le questioni relative alla famiglia Savoia sono regolate in modo specifico da una disposizione transitoria inserita nella Costituzione, la tredicesima. Questa disposizione ha valenza costituzionale e prevale, nella fattispecie, sugli altri articoli della Costituzione. I Savoia, inoltre invocano la violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Cedu), ma anche questo non ha fondamento. Due recenti sentenze della Corte Costituzionale hanno stabilito che la Cedu è una fonte interposta nel giudizio di legittimità costituzionale. Quindi prevale la carta costituzionale. Infine, il diritto internazionale stabilisce la non giudicabilità di uno Stato qualora esso agisca con il proprio potere sovrano. Uno Stato, quindi, non può essere convenuto davanti a un tribunale».