Dopo quasi vent’anni di presenza sul mercato italiano, per la prima volta Delfino Willkie Farr & Gallagher ha messo a segno un lateral di peso, l’integrazione di un intero team di dieci professionisti guidati dall’ex managing partner di Paul Hastings, Bruno Cova (in foto, a destra).
L’integrazione, che ha significato anche l’uscita di Paul Hastings dal mercato italiano, per Delfino ha comportato una crescita sostanziale della struttura, passata da trenta a quaranta professionisti. I nuovi ingressi, ha commentato Maurizio Delfino (in foto, a sinistra) in un’intervista esclusiva a TopLegal, «per affinità culturale e presenza sul mercato sono a noi affini e ci permetteranno di accelerare il passo della crescita dello studio, che potrebbe essere significativa».
Il piano strategico a tre anni è stato tracciato e punta a potenziare aree come il private equity e la finanza strutturata per sfruttare al meglio la peculiare condizione dello studio, appartenente a una rete internazionale ma pienamente italiano, essendo dal 2012 economicamente e gestionalmente indipendente dal network.
Perché Bruno Cova?
L’incontro con Bruno è nato ai tavoli negoziali, nel 2002, quando era controparte e group general counsel di Fiat e Fiat aveva deciso di dismettere alcune partecipazioni. L’amicizia si è poi consolidata quando, più o meno nello stesso periodo, abbiamo lavorato insieme sull’operazione Italenergia, io dal lato Edf e Bruno dal lato Fiat: è l’operazione che ha poi dato vita all’attuale Edison. Da allora, c’è stata una forte intesa personale e culturale tanto che, quando anni dopo Bruno è passato alla libera professione, ci siamo periodicamente corteggiati a vicenda. Oggi si sono verificate le condizioni per poter lavorare insieme.
Quali gli effetti di questa intesa sui progetti di Delfino Willkie Farr & Gallagher?
A noi piace pensare di essere uno studio legale connotato dalla alta qualità dei servizi forniti ai clienti e pensiamo anche che la crescita del numero dei professionisti abbia senso se mantiene questa nostra caratteristica e al contempo è di beneficio per noi e per i nostri clienti. Con Bruno, condividiamo la stessa visione e, in un’operazione di integrazione, questo risolve già buona parte dei temi della reciproca due diligence. Inoltre, per quanto ancora di dimensioni relativamente minori rispetto ad alcuni tra gli studi nostri concorrenti, noi abbiamo una struttura finanziaria assai solida e Bruno ha un eccellente avviamento professionale. Insieme, possiamo realizzare molti progetti.
Da un punto di vista di business, come si integrerà con il vostro studio?
Sul fronte del business, c’è una notevole complementarietà tra il suo profilo e il nostro, che porterà sia a un rafforzamento in settori in cui già operiamo, sia a un ampliamento del ventaglio di servizi che possiamo offrire. Bruno ha per esempio grande esperienza nel corporate restructuring, un settore che è per noi strategico sia a livello internazionale, con Willkie Farr & Gallagher, sia in Italia dove siamo intervenuti su crisi importanti e, con Stanislao Chimenti, abbiamo accesso diretto a un patrimonio unico di esperienza in materia di tavoli di crisi. Ancora, la grande expertise di Bruno e del suo gruppo di lavoro nel settore della compliance e in generale del white collar crime ci consente di coprire, e coprire ad alto livello, aree di competenza in questo settore che prima non coprivamo. Lo stesso discorso vale anche per Francesca Petronio, che entra insieme a Bruno come partner del contenzioso e potrà anche contare sul nostro eccellente team interno.
La governance cambierà?
Bruno entra nel comitato esecutivo dello studio. Con l’ingresso simultaneo di dieci professionisti, è importante facilitare una rapida integrazione: abbiamo l’ambizione di andare ancora molto avanti nel processo di crescita e chi ha esperienza di M&A sa bene che il closing segna l’inizio, non la fine di un processo di integrazione.
Quali sono i piani per il futuro?
Il nostro studio è un caso abbastanza unico in Italia. Noi siamo in tutto e per tutto uno studio internazionale integrato nella struttura di Willkie Farr & Gallagher, che è una delle “élite law firms” americane, molto forte in Europa. Al tempo stesso, abbiamo un radicamento nella business community italiana, a Milano e a Roma, paragonabile a quello dei migliori studi locali. A seconda delle esigenze dei clienti, noi riusciamo a essere veramente italiani e veramente internazionali e questa credo sia stata una delle chiavi del nostro successo. Nel futuro, anche in considerazione dell’evoluzione del mercato in Italia, che è chiaramente in trasformazione rapida, non solo non vogliamo perdere, ma vogliamo accentuare questa nostra caratteristica e ampliare il raggio delle nostre attività oltre i settori per i quali siamo maggiormente conosciuti, quali l’M&A, il private equity e la gestione delle crisi dell’impresa. È chiaro che, per raggiungere questo obbiettivo, la dimensione dello studio deve essere adeguata alle ambizioni. In proposito non esistono numeri magici e non si deve essere precipitosi, soprattutto se si vuole continuare a essere selettivi, ma è facile ipotizzare che il percorso che abbiamo intrapreso potrebbe portare il numero dei nostri professionisti a crescere significativamente.
Quali aree intendete rafforzare?
Il mercato italiano è un mercato in cui è difficile programmare una crescita in modo razionale ed è invece importante avere pazienza, un po’ di fortuna e l’abilità di cogliere le opportunità. Detto questo, con Bruno stiamo valutando opportunità nel settore della finanza, strutturata e forse anche di progetto e nel private equity, dove siamo tuttora sottodimensionati rispetto alle potenzialità di Willkie Farr & Gallagher. Altre aree sinergiche per noi possono essere il real estate e il fund formation ma, insomma, quando si entra in un’ottica di crescita il pensiero corre veloce.
L’analisi sull’integrazione tra le due realtà è presente nel numero di dicembre-gennaio di TopLegal Review, che sarà disponibile su E-edicola a partire dal 1° dicembre.
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