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La practice italiana ha incaricato gli headhunter per chiudere il passaggio dell'intero studio di 100 avvocati

19-04-2012

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Si ammaina la bandiera di Dewey & LeBoeuf in Italia. È questa l’indicazione che emerge dagli svolgimenti degli ultimi giorni. L’interrogativo non riguarda più il futuro dell’insegna americana, bensì nell’ordine: quale altra bandiera sventolerà sugli uffici di via Fratelli Gabba a Milano; se gli avvocati rimasti manterranno un presidio che in questi anni ha dimostrato di funzionare; o se, come lasciano intuire le indiscrezioni e le mosse delle ultime ore, dopo il tentativo di mantenere le fila, scatterà invece un rovinoso rompete le righe in stile Grimaldi.

È stato indicativamente aprile a fare da spartiacque. Nei primi giorni del mese, secondo quanto risulta a TopLegal, si sono mossi almeno tre headhunter di alto livello per contattare più di un grande studio, nazionale e internazionale. Tra questi, molto probabilmente anche Dla Piper, come ha riportato The Lawyer, mentre White & Case ha smentito contatti diretti con Dewey. Sul piatto un boccone senza precedenti nel mondo degli studi legali: un intero studio di cento di avvocati. Un pacchetto chiavi in mano che, secondo quanto riconosciuto nel settore, era stato in grado di mantenere la marcia innestata anche in un anno difficile come il 2011.
L’esito del roadshow non è stato quello sperato. C’è stato interesse, è vero, per i professionisti dello studio. Ma non per l’intera squadra. Anche importanti insegne Usa che stanno studiando l’ingresso in Italia (Skadden Arps?) avrebbero valutato l’occasione, ma senza procedere con il reclutamento complessivo.

Sempre dietro le quinte, è probabile che nello stesso periodo siano iniziate le riflessioni sull’uscita dalla Llp internazionale. Già il 4 aprile, sul blog Above the law si riportava l’indiscrezione che la branch italiana stesse valutando il break up, con l’avvio di un’avventura indipendente o sotto altre insegne. Ma il problema, in questo caso, sono le responsabilità verso il network. In caso di uscita, secondo The Lawyer, gli avvocati guadagnerebbero una posizione di forza, trasformandosi da shareholder in creditori dello studio in caso di collasso (creditori per le quote lasciate nelle casse comuni in ragione della partnership). Ma c’è anche un altro aspetto. Infatti, per quanto il network possa concedere lo status di standalone, in caso di dissoluzione di Dewey resta la responsabilità individuale e solidale dei partner verso le liabilities pregresse. Questa responsabilità, peraltro, vale per i partner della struttura internazionale, probabilmente è diverso per quelli della realtà italiana. A complicare ulteriormente il quadro, occorre capire il destino del patrimonio dello studio italiano, anche quello teoricamente vincolato alle responsabilità pregresse verso il network.

Insomma, un quadro assai intricato, in cui la prospettiva del “come un sol uomo” sembra destinata a confrontarsi con grandi complessità tecniche e di legami professionali (che perderebbero un importante collante come la bandiera Dewey). Mentre spiccano le prime defezioni (Alberto Croze e Patrizia Sangalli andati in Lombardi Molinari). E prende inizio un gioco di comunicazione già visto (Grimaldi). In cui si alternano segnali come l’uscita dalla Llp, che evidenzia la volontà di «pulirsi» dall’ormai ingombrante fardello del network. Ai messaggi ufficiali di continuità e di tranquillità: oggi, in serata, è stato diffuso il comunicato di prammatica da parte dello studio guidato da Bruno Gattai (nella foto). Dewey ammette che «i soci della practice italiana, come tutti nel mondo, stanno guardando con grande attenzione alla situazione nella quale si trova la Llp, ma confidano che tutto si possa risolvere e di continuare quindi a far parte di uno studio di grande qualità e tradizione come Dewey & LeBoeuf». E, proprio per questa grande fiducia nel marchio americano, comunicano che «per questa ragione nessuna iniziativa come quelle indicate negli articoli di stampa è stata assunta, né alcuna trattativa con altri studi è stata coltivata e tantomeno può essere fallita». Infine, una mezza ma significativa ammissione che il percorso, per quanto in via ufficiosa, è cominciato: «In ogni caso – si legge - qualora la situazione della Llp evolvesse in modo diverso, l’obiettivo primario e comune a tutti i soci italiani è di preservare l’unità e la forza di un gruppo che ha conquistato una posizione di leadership sul mercato italiano a prescindere dal network di appartenenza e che vuole continuare ad avere il successo che ha sempre avuto».     

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Dla Piper, Dewey & LeBoeuf, White & Case, Skadden, Molinari Agostinelli BrunoGattai, PatriziaSangalli, AlbertoCroze


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