D&G CONDANNATI

Dopo un dibattimento di primo grado durato 7 mesi - che ha visto scendere in campo un plotone di penalisti, composto da Massimo Dinoia, Armando Simbari, Fortunato Taglioretti, Giuseppe Bana e Fabio Cagnola  ieri - il tribunale di Milano ha stabilito che la società lussemburghese Gado creata nel 2004 per trasferirvi i marchi degli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana (in foto) e gestita dai manager italiani di D&G fu in realtà funzionale esclusivamente a conseguire 130 milioni di euro di risparmio fiscale, frutto della differenza di aliquote fra il 37% in Italia di Irap-Ires e il 4% in Lussemburgo (31% invece secondo la pur denegata proiezione della difesa). 

Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono stati così condannati per «omessa dichiarazione al fine di evadere le imposte», a 1 anno e 8 mesi con le attenuanti generiche, la sospensione condizionale della pena e 500mila euro di provvisionale all'Agenzia delle Entrate. Venti mesi anche al commercialista Luciano Patelli, partner di Pirola Pennuto Zei & associati, che ideò e consigliò lo schema esterovestito. Il verdetto, tra l'altro, per la prima volta chiama in causa per un caso di «esterovestizione» i professionisti delle competenze fiscali. Un anno e 4 mesi (pene tutte sospese) per la manager operativa di D&G, Cristiana Ruella, per Alfonso Dolce (fratello di Domenico) e per il direttore finanziario Giuseppe Minori. Assolta, come da richiesta dei pm, Antoine Noella.

Gli stilisti sono stati assolti, invece, dall'accusa di «dichiarazione infedele» per 800 milioni di euro, legata all'accusa di aver pattuito in 360 milioni il prezzo di trasferimento in Lussemburgo di marchi che per l'Agenzia delle Entrate avrebbero invece avuto un valore di 1,2 miliardi.