Sembra essere stato raggiunto l'accordo sui finanziamenti ai partiti politici e relativi controlli. Ma il protocollo non sembra convincere chi conosce a fondo la questione, come il professor Tommaso Di Tanno (nella foto) revisore delle Camere dal 2008.
Nel corso dell'incontro di ieri sera, protrattosi per cinque ore, si è giunti ad alcuni punti saldi. Tra le nuove regole che riguarderanno i partiti politici, la costituzione di una "Commissione per la trasparenza ed il controllo dei bilanci dei partiti politici", presieduta dal presidente della Corte dei Conti e composta da presidente del Consiglio di Stato e primo presidente della Cassazione; più trasparenza sui bilanci, che saranno obbligatoriamente pubblicati in rete, sui siti dei partiti e su quello della Camera dei deputati; e nel caso di violazioni l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie pari a tre volte la misura delle irregolarità stesse. I partiti, inoltre, secondo l'intesa, potranno investire la propria liquidità esclusivamente in titoli emessi dallo Stato italiano e le donazioni, verso loro, superiori a 5.000 euro, dovranno essere rese pubbliche. Non si è arrivati, invece, ad un accordo sulla riduzione dell'entità dei finanziamenti, mentre si è deciso di rinviare la riscossione dell'ultima rata (100 milioni) dei finanziamenti per l'elezione del 2008.
Ma, appunto, i punti stabiliti nel corso dell'incontro di ieri non sono stati ben accolti da tutti.
Secondo Di Tanno, socio fondatore dello studio Di Tanno e associati, «così com'è, la Commissione è inutile e fuorviante. La Commissione per la trasparenza e il controllo sarà presieduta dal presidente della Corte dei Conti e composta da presidente del Consiglio di Stato e primo presidente della Cassazione. Ma, a mio parere, queste non sono le persone più adatte a tale compito. I controlli, infatti, come accade nel resto del Mondo, dovrebbero essere effettuati dalle società di revisione, le quali oltre a essere competenti sono anche indipendenti per cui meno ricattabili. Tutti i controllori possono essere ricattabili, ma le società di revisione meno degli altri».
In questi giorni, a seguito della bufera innescata dagli scandali di Lega Nord e Margherita, si è più volte parlato dell'utilizzo dei danari pubblici per i partiti, ma pensare di escludere i soldi della collettività, a detta di Di Tanno, non è fattibile: «La democrazia costa e da questo assunto non si può sfuggire. Sono i soldi della collettività che devono essere messi a disposizione della politica. Certo la reputazione dei politici è caduta in basso, ma evitare i fondi pubblici è impensabile. In questo modo, infatti, l'attività politica sarebbe solo appannaggio di chi ha i soldi e che di conseguenza farebbe il proprio interesse». Tuttavia, è necessario attuare una massiccia attività di controllo. «Proprio perché quelli sono i soldi della collettività è necessario effettuare dei controlli invasivi anche di merito. Controlli che bisogna accettare. Non si possono spendere i soldi pubblici a proprio piacimento. Bensì, vanno usati solo ed esclusivamente per l'esercizio dell'attività politica. Per esempio se ci sono le elezioni regionali non si può pensare di fare una convention a Miami. Così come se ci sono spese di spostamento non è necessaria una Lamborghini».