Practice che crescono e altre che decrescono. Mandati di estrema attualità e altri dalle prassi più consolidate, ma non per questo meno complessi. Attraverso i TopLegal Awards, si ripercorre un anno di mercato legale. Mentre proseguono anche questa settimana i lavori della commissione tecnica, a chiusura della prima settimana di riunioni sono già emersi importanti spunti di riflessione, frutto delle osservazioni di chi vive da protagonista la quotidianità operativa del mercato legale, vale a dire i clienti.
Quest’anno, i componenti della commissione tecnica stanno esaminando oltre 500 pagine di motivazioni, selezionate tra le candidature di più di 180 studi. Un’attività laboriosa e scrupolosa, che si pone come sempre l’arduo compito di individuare le squadre e i professionisti che si sono distinti durante l’anno non solo per motivi strettamente tecnici, ma anche per il sostegno ai progetti di rilancio e di crescita dei clienti.
Durante le riunioni in corso, sta emergendo un fil rouge nella valutazione dei finalisti. Pur nella diversità di approccio e strategia che i singoli settori richiedono, c’è un minimo comune denominatore che mette d’accordo i clienti: la consulenza deve essere innovativa e trasversale.
Quando si affrontano le singole specialità - dall’amministrativo al tax, passando per l’Ip - gli in house sono particolarmente attenti all’innovatività degli strumenti giuridici utilizzati, cercando mandati che facciano giurisprudenza o possano essere replicati in ambiti attigui. Apprezzato lo studio o il professionista il cui lavoro denota un approfondimento fattuale rispetto a lacune normative o a una giurisprudenza incardinata in principi risalenti alla prima metà del secolo scorso, che non sempre può essere agilmente calata nelle esigenze contemporanee delle aziende. Quando si tratta, invece, di valutare macro categorie come studio dell’anno o studio dell’anno innovazione, gli in house guardano all’innovazione di prodotto e di processo. In particolare se si declina a favore dell’offerta al cliente, che si tratti di un servizio tecnologico o di un nuovo prodotto in grado di entrare nell’organizzazione dell’azienda e facilitare il lavoro degli in house.
Sotto la lente anche la trasversalità, con la quale i corporate counsel intendono anzitutto la capacità di superare i soli confini tecnico-legali di un’operazione e guardare, con maggiore visione d’insieme, al business tout court, combinando la conoscenza giuridica alla capacità di capire i processi e l’organizzazione aziendale. Trasversalità – puntualizza un componente della commissione tecnica – vuol dire «non limitarsi a portare a casa solo il compitino e non limitarsi a incasellare un’operazione in singoli compartimenti, ma riuscire a vederla e a decifrarla in tutte le sue implicazioni, anche in quelle non strettamente legate all’aspetto di cui ci si sta occupando direttamente».
Da queste giornate di riunioni si può trarre anche un’altra importante indicazione. Le politiche di corporate social responsibility adottate dagli studi risultano sempre più importanti agli occhi dei clienti, a sottolineare che il plusvalore della stessa consulenza si costruisce anche attraverso l’attenzione e il rinnovo degli aspetti socio-valoriali. Una particolare attenzione, quindi, è posta nella valutazione delle categorie Pro bono, Diversity e Best place to work.