Lo scorso 26 marzo il Parlamento europeo ha dato il via libera alla direttiva sul copyright. Uno degli aspetti più controversi è la c.d. link tax di cui all’art. 15 della direttiva, il quale prevede che le piattaforme online debbano pagare agli editori i diritti d’autore sui link a contenuti editoriali.
Nell’ambito del programma di incontri denominato “Innovation Meet-Up”, Dla Piper ha ospitato un appuntamento dedicato proprio alla link tax. Un tema controverso che contrappone due forti esigenze, entrambe meritevoli di tutela: il diritto degli editori a vedere compensato il frutto del loro lavoro e il diritto di aggregatori di informazioni e titolari di piattaforme di condivisione e di motori di ricerca alla libera circolazione delle informazioni. Ma tra i relatori intervenuti vi è una certezza: solo l’applicazione concreta della norma potrà restituire maggiore chiarezza. Al fine di scaturire un dibattito proficuo le relatrici del convegno sono state scelte per rappresentare tutti gli stakeholder coinvolti dalla normativa. Infatti, alla tavola rotonda, rispettivamente introdotta e moderata dai soci del dipartimento Ip di Dla Piper Roberto Valenti e Gualtiero Dragotti, hanno partecipato: Isabella Splendore, dirigente della Federazione Italiana Editori Giornali (Fieg); Sabrina Ciccolo, legal counsel di Mondadori e Chiara Garofoli, senior legal counsel di Google.
Prima di iniziare il dibattito, Ettore Lombardi – professore di diritto privato all’università di Firenze e of counsel di Dla Piper – ha scattato una fotografia meticolosa della direttiva copyright e in particolare dell’art. 15. Nell’ambito della profonda analisi della norma, Lombardi ha sottolineato l’anima dicotomica della previsione, che da una parte è spinta verso una tensione economica e dall’altra verso i principi di libertà e libera circolazione delle informazioni. Di fronte a queste pressioni contrarie il legislatore europeo ha deciso di utilizzare uno strumento normativo molto flessibile come la direttiva, con la previsione di una vacatio legis di 24 mesi in cui gli Stati membri potranno applicare la normativa in modo elastico. Così anche l’Italia, nonostante la contrarietà di qualche esponente del governo, sarà costretta a implementare questa previsione, onde non incorrere in pesanti sanzioni giuridiche ed economiche. Lombardi ha concluso il suo intervento evidenziando che finché non si conosceranno i perimetri dell’implementazione della direttiva sarà difficile capire se prevarrà l’esigenza di tutelare il profilo economico sulle libertà d’informazione.
Successivamente ha preso la parola Isabella Splendore di Fieg, che ha sottolineato come gli 86 considerando che precedono gli articoli della direttiva siano una prova evidente della difficoltà di contemperare tutti gli interessi in gioco, motivo per cui quasi tutti gli aspetti sono stati sostanzialmente affidati alla negoziazione tra le parti. Inoltre, accogliendo la sfida del quesito lanciato da Lombardi, Splendore si dice convinta che nell’applicazione della normativa prevarrà l’interesse economico sulla tutela della libertà (a volte anche eccessiva) d’informazione. Non bisogna dimenticare, infatti, il depauperamento distruttivo delle fonti che sta vivendo oggi l’editoria italiana e mondiale: anche il diritto a un’informazione corretta è altrettanto importante.
Sabrina Ciccolo di Mondadori ha evidenziato nel suo intervento come la direttiva copyright non fa altro che recepire un cambiamento che le aziende del settore hanno già percepito e affrontato. L’attenzione si è spostata sul brand della società di editoria e sulla tutela dello stesso. Così Mondadori da tempo investe nella tutela dei propri contenuti sia a livello di maggiore collaborazione interna che a livello di consulenza legale esterna, con cui hanno costruito un sistema di monitoraggio e protezione dei contenuti. Nell’ultimo anno, anche grazie alla collaborazione con Fieg, sono riusciti a far chiudere più di mille siti internet, oltre ad aver promosso contenziosi strategici per il settore.
È poi intervenuta Chiara Garofoli di Google, portando sul tavolo della discussione alcuni dubbi. Che Google sia un alleato fondamentale per il traffico delle informazioni nel settore editoriale è cosa evidente, come anche il fatto che la direttiva voglia proteggere una tipologia di giornalismo istituzionale lasciando fuori tutto il sottobosco digitale dei mini blogger/influencer. Tuttavia, Garofoli si chiede come verranno trattati i siti che, per esempio, contengono ricette o recensioni di viaggi. Altro dubbio sollevato da Garofoli è la gestione dei c.d. snippet, ovverosia i titoli, i link e le descrizioni che ci appaiono una volta indirizzato il motore di ricerca. Google sta portando avanti alcuni esperimenti da cui in prima battuta è emerso che un accorciamento dello snippet corrisponde a una contrazione del traffico sui siti editoriali. Ma vi è di più. Pare che i medesimi esperimenti stiano evidenziando che i lettori, di fronte a snippet ridotti, invece che orientarsi sui siti editoriali si riversano su siti secondari o sui social media.
Infine, su domanda di Dragotti, ci si è chiesti se al posto del denaro un giorno (non troppo lontano) l’accesso ai dati diventerà merce di scambio tra gli stakeholder del settore. Nessuno degli Stati membri al momento ha normato questo aspetto, ma secondo le relatrici sicuramente è un tema che prima o poi sarà sul tavolo e dovrà far parte di un apposito dialogo tra tutti i soggetti coinvolti.
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