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Dla Piper archivia l'anno a quota 66 milioni

Struttura a doppia matrice incentrata sui settori, nuova sede e nuovo modello organizzativo. Sono stati questi gli elementi chiave dell'ultimo esercizio di Dla Piper

05-05-2016

Dla Piper archivia l'anno a quota 66 milioni

Dla Piper archivia l'anno fiscale - che per lo studio inglese coincide con il periodo che va dal 1° maggio 2015 al 30 aprile 2016 - con 66 milioni di fatturato, in crescita di cinque milioni (+8.2%) rispetto all'anno fiscale precedente, che si era chiuso a quota 61 milioni. Da un punto di vista di compagine, lo studio - che conta solo una categoria di partner (quella equity) - ha registrato l'ingresso di cinque nuovi soci: Luciano Morello da Hogan Lovells; Alessandro Lanzi, Luca Magrini e Francesco De Gennaro, tutti e tre provenienti da Ashurst; e, infine, Germana Cassar, proveniente da Macchi di Cellere Gangemi. Ma l'anno di Dla Piper è stato anche segnato da uno spin-off, che ha visto l'uscita di un gruppo di professionisti capeggiati da Federico Sutti, andati a fondare la sede italiana di Dentons

Tra i fattori maggiormente distintivi dell'insegna, c'è l'organizzazione per industry. Un percorso intrapreso già da un paio d'anni che ha portato all'attuale struttura a doppia matrice, in cui sette dipartimenti si affiancano a nove settori industriali. La strategia è stata definita dallo studio "go-to-market" proprio perché basata sui settori, intesi come cluster di clienti attivi nella stessa area di business. I dipartimenti sono: corporate; employment; finance & projects; intellectual property and technology; litigation and regulatory; real estate; tax. I settori, invece, sono: energy; fashion, retail & design; financial services; insurance; life sciences, health care & social care; media, sports & enertainment; private client; real estate; technology. Una specializzazione in industry riconosciuta dal mercato; tanto da risultare vincitore di quattro statuette ai TopLegal Industry Awards 2016. Allo studio sono stati assegnati i riconoscimenti nelle categorie “Studio dell’anno biomedicale”, “Studio dell’anno real estate”, “Studio dell’anno telecomunicazioni” e “Operazione dell’anno infrastrutture: linea 5 MM”. 

L'ultimo esercizio si è chiuso all'insegna di novità per lo studio guidato in Italia da Bruno Giuffrè e Wolf Michael Kühne (in foto): oltre alla nomina a partner di Alberto Angeloni, Antonio Carino e Paolo Foppiani, lo studio ha rivisto a livello worldwide l'organizzazione interna dei ruoli, inaugurando un nuovo percorso di carriera. Adesso nell'associazione ci sono lawyer o tax advisor; lead lawyer o lead tax advisor e legal director o tax director. Dando, inoltre, la possibilità ai giovani professionisti che raggiungono livelli adeguati di professionalità di elaborare un piano pluriennale di sviluppo professionale e di business, destinato a sfociare, in caso di successo, nella partnership.

Questa scelta di governance va letta all'interno di quello che lo studio definisce un modello di leadership diffusa e condivisa, volto a rafforzare gli obiettivi di business e il progetto di crescita in maniera comune e unidirezionale. Sempre per questo motivo, dal 21 settembre 2014 Dla Piper ha approvato l'introduzione di un modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs 231/01 e un codice di comportamento e ha inoltre istituito l’Organismo di Vigilanza ed un Comitato per l’osservanza del Codice.

Nella sostanza, il modello 231 di Dla Piper prevede (conformemente a quanto previsto dal decreto legge 231 del 2001) l'introduzione di una serie di processi e controlli aventi lo scopo di prevenire la commissione di reati rilevanti ai sensi del decreto stesso da parte dei membri dello Studio. Gli studi legali non sono esentati dall'applicazione del decreto; lo studio ha quindi pensato di dotarsi di misure di prevenzione esattamente come si prevengono gli infortuni sul lavoro, l'autoriciclaggio e gli abusi di mercato, per fare altri esempi.
 
Il modello indica le regole che disciplinano i processi più importanti dello studio - dal finance e Hr alle assunzioni dei mandati, sempre per fare qualche esempio. Sulla loro applicazione vigila un Organismo di Vigilanza (nel caso di Dla è monocratico e si tratta di un soggetto esterno nominato per questo ruolo). L'applicazione e il rispetto del modello 231, stando a quanto dichiarato dall'insegna, crea un effetto virtuoso perché l'attività dello studio si razionalizza e le procedure sono rese esplicite e trasparenti. Il modello quindi agisce in primis sulla prevenzione dei reati, ma operando come elemento atto a migliorare l'organizzazione della struttura, fa bene anche per altri fini.

Il 2015 per la sede italiana di Dla Piper è stato, infine, contrassegnato da un importante investimento, quello in una nuova sede. Efficienza e modernità sono i driver del cambiamento della sede milanese di Dla Piper, un fattore da non trascurare nella visione di uno studio sostenibile nel lungo periodo, che mette sul tavolo questioni spesso considerate di secondo livello ma dalle notevoli ripercussioni. In termini di attrazione di talenti e immagine dello studio. Dla Piper si è spostato di pochi metri, ma le novità sono tante.

«Complessivamente è una soluzione econo­micamente migliorativa, ma il punto principale è la costruzione di un ambiente che favorisca il project management», ha dichiarato Wolf Michael Kühne. Due piani anziché quattro, vetri anziché muri, un edificio ad alto risparmio energetico, scomparsa dei telefoni e investimenti nei dispositivi tecnologici a disposizione dei professionisti per migliorare l’in­teroperabilità hanno guidato la progettazione dei nuovi uffici. «Le pareti affrescate, la libreria di legno di noce, i quadri dell’800 ormai interessano a pochi. Il cliente di 60 anni quasi non si trova più, mentre assistiamo fund manager trentenni che gestiscono miliardi e che invece ritengono importanti altri asset, come la tecnologia. Lo stesso accade anche per i professionisti, i migliori vogliono avere un am­biente che li gratifica e che sia in linea con la loro esperienza di vita».

Quest’ultimo aspetto si riflette anche nella necessità di trasporti e logistica all’al­tezza delle sfide che pone la modernità liquida, che ridefinisce anche logiche che apparivano consolida­te fino a poco tempo fa. Prosegue Kühne: «Abbiamo discusso anche su una soluzione più radicale, cioè uscire dal centro di Milano. All’estero gli studi scelgono sedi in cui si possa arrivare velocemente all’aeroporto, alla stazione, all’autostrada. Abbiamo optato per un compromesso».

Stando a quanto sta accadendo all’estero, così come riportato da Kühne, il brand di uno studio del terzo millennio si costruisce anche così, puntando a distinguersi dai concorrenti e aggiungendo valore all’offerta del servizio, che non si racchiude ormai più nella semplice ed esclusiva prestazione. 

 

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