Dall'estero

Dwf si quota alla Borsa di Londra

Lo studio britannico conferma l’ipotesi preannunciata a giugno 2018

05-02-2019

Dwf si quota alla Borsa di Londra

 

Lo studio legale britannico Dwf, che conta 27 uffici in tutto il mondo e rientra tra i top 25 nel Regno Unito, ha annunciato il 31 gennaio scorso la propria quotazione alla Borsa di Londra entro il primo trimestre del 2019.

Dwf non è il primo studio legale che decide di quotarsi in Borsa. L'australiano Slater & Gordon è stato il primo studio legale al mondo a essersi quotato all’Australian Stock Exchange nel maggio del 2007. Sulla scorta dell’esperienza australiana, nell’ottobre del 2011 in Regno Unito è entrato in vigore il Legal Service Act, meglio conosciuto con il nome di Tesco Law. Questa normativa, oltre a introdurre elementi di liberalizzazione della professione legale, consente la possibilità per gli studi legali di quotarsi in Borsa. In questo modo gli studi possono ricevere capitali da investitori non professionisti e, di conseguenza, emettere titoli azionari liberamente negoziabili sul mercato. Proprio Slater & Gordon, approfittando dell’allora recente Tesco Law, nel 2012 aveva acquisito la firm inglese Russell Jones & Walker, specializzata in risarcimento danni, per un valore di circa 53,8 milioni di sterline. Successivamente altri studi legali inglesi hanno deciso di quotarsi in Borsa, a partire da Gateley nel 2015 e a seguire Keystone, Gordon Dadds, Rosenblatt Solicitors e da ultimo Knights.

Dwf, seguendo questa scia, conferma quanto già paventato a giugno 2018, ovvero la quotazione al London Stock Exchange con la previsione di stock options a favore dei suoi soci equity e non equity. Questi ultimi, infatti, parteciperanno al capitale sociale pur rimanendo liberi professionisti, andando a creare di fatto una società di persone controllata da una società per azioni. 

Come riportato da alcune riviste inglesi del settore, al fine di aumentare il capitale sociale, i soci equity stanzieranno una quota dei loro utili pari al 60% mentre i soci non equity rinunceranno al 10% dei loro precedenti profitti. Gli utili derivanti dalla quotazione non si baseranno su una quota azionaria variabile, bensì ogni socio avrà diritto a una quota annuale fissa ricevendo un reddito dai dividendi e partecipando a un bonus collettivo stabilito annualmente, che dovrebbe rappresentare il 5% degli utili lordi del gruppo. Ogni partner sarà legato altresì da un accordo di “lock-in” quinquennale, che scadrà alla fine dell’anno finanziario del 2024. Al raggiungimento di tale termine, i soci equity potranno prelevare fino a un massimo del 20% del loro capitale.

Come noto, in Italia non è ancora ammessa la quotazione in Borsa degli studi legali. D’altronde risale solo all’anno scorso la modifica legislativa (attuata con la Legge 4 agosto 2017, n. 124) che ha previsto la possibilità di costituire società di avvocati (c.d. Sta) in forma di società di persone, società di capitali o società cooperative. La citata riforma ha permesso l’ingresso nelle società di avvocati - anche se con importanti limitazioni - sia di “soci professionisti diversi dagli avvocati” che di “soci non professionisti”.

D'altro canto, però, ai sensi dell’art. 4-bis della L. 247/2012 - norma che disciplina l'ordinamento della professione forense - le società tra avvocati, costituite nelle summenzionate forme, devono essere composte per 2/3 del capitale sociale (e dei diritti di voto) o da avvocati o da avvocati unitamente ad altri professionisti iscritti nei rispettivi albi, mentre solo il restante 1/3 può essere composto da soci di capitale non professionisti.

È pertanto evidente la volontà del legislatore di assicurare il controllo della società di avvocati ai soci professionisti. Una tendenza “conservatrice” che fa ben ipotizzare che si dovrà ancora aspettare parecchio tempo prima di poter vedere anche in Italia la quotazione in Borsa degli studi legali.

TAGS

Slater Gordon, Russell Jones & Walker, Knights Solicitors, Dwf, Gateley, Gordon Dadds, Rosenblatt Keystone


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