Riforma Processo Civile

EMANUELE: «NON DECONGESTIONA I TRIBUNALI»

La revisione non convince tutti. Il socio di Cleary Gottlieb ritiene che le nuove misure non saranno utili a snellire il sistema

20-09-2012

EMANUELE: «NON DECONGESTIONA I TRIBUNALI»

C'è chi non nasconde di attendersi meno del previsto dalla riforma del processo civile. A distanza di una settimana dall'entrata in vigore della nuova normativa, lo scorso 11 settembre, a spiegare le ragioni dei dubbi che avvolgono la riforma è Ferdinando Emanuele, partner di Cleary Gottlieb. La sfida di snellire il sistema, insomma, che il Governo si è prefissata, con tutta probabilità non avrà gli esiti desiderati.

Crede che la riforma del processo civile sarà utile a decongestionare i tribunali?
Temo che le nuove norme non contribuiranno significativamente a decongestionare il sistema giudiziario. Tra l'altro, il "filtro" nel giudizio di appello potrebbe rivelarsi inutile o controproducente. Infatti, per valutare la "ragionevole probabilità" di accogliere l'appello, i giudici dovranno esaminarne il contenuto e decidere in contraddittorio, dedicando risorse che potrebbero essere destinate alla più efficace trattazione della causa. Inoltre, il requisito della "ragionevole probabilità" non è ancorato ad alcun parametro specifico e, quindi, è troppo vago: non è chiaro, cioè, se la norma richieda un fumus boni iuris rafforzato. Anche le conseguenti difficoltà interpretative potrebbero riflettersi sul piano applicativo, frustrando le finalità deflattive della norma.

Pro e contro?

Credo che l'idea di introdurre un "filtro" per le cause di appello non sia, di per sé, sbagliata. Risponde a esigenze di celerità ed è in linea con le esperienze di altri Paesi. Occorre però considerare che il nostro giudizio di appello è caratterizzato anche dall'effetto devolutivo: comporta, cioè, un riesame della controversia oggetto del giudizio. Inoltre, anche se il doppio grado di giurisdizione non è imposto dalla Costituzione, occorre garantirne l'uniforme funzionamento su tutto il territorio nazionale (finché si decide di mantenerlo). È necessario evitare che si formino prassi differenziate nei vari distretti giudiziari, con applicazione disomogenea delle nuove norme. Mi sembra anche discutibile che sia stata eliminata la possibilità di articolare prove costituende in appello (o produrre documenti) "indispensabili ai fini della decisione della causa". Si rischia così di imporre un più rigido sistema di preclusioni processuali a discapito delle esigenze di giustizia sostanziale. Altre modifiche, come quelle apportate alla Legge Pinto, rispondono alla ragionevole esigenza di contenere i costi causati dall'eccessiva durata dei processi.

Cosa manca e cosa andava fatto?

Mi sembra che continui a mancare una strategia organica, sistematica e di lungo periodo. Serve una riforma globale e stabile nonché, tra l'altro, un incremento dell'organico e dei mezzi diretti al funzionamento del sistema giudiziario, intervenendo in misura particolarmente incisiva nei distretti giudiziari con più contenzioso arretrato.

Il Cnf teme invece la riduzione delle garanzie sui ricorsi, la pensa anche lei così?

È vero che la norma sul "filtro" riserva ampi margini di discrezionalità ai giudici di appello, i quali dovranno valutare la "ragionevole probabilità" che l'appello sia accolto in mancanza di specifici parametri normativi. Non si può escludere, dunque, che qualche giudice adotti un'interpretazione meno garantista e faccia prevalere soltanto l'esigenza di ridurre il numero di procedimenti. Nel complesso, però, ritengo più probabile che i giudici si limiteranno a "filtrare" gli appelli manifestamente infondati: ad esempio, nel caso in cui il giudice di primo grado abbia applicato un orientamento consolidato.


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