Russo De Rosa chiude il 2017 a 14,7 milioni di euro, in crescita rispetto all'anno fiscale 2016, che si era concluso a quota 11,2 milioni. Come sottolineato a TopLegal dallo stesso Leo De Rosa (in foto), si tratta del terzo anno consecutivo in cui lo studio supera i 10 milioni di euro, realizzando una crescita costante. Nonostante la compagine, nel corso dell'ultimo anno, si sia ridimensionata, passando da 51 professionisti a 43. Il merito è dell'accelerata sulle operazioni straordinarie che, nell'accezione dell'insegna, hanno un significato più ampio rispetto alla sola operazione di merger & acquisition.
Con un sostanziale superamento della specializzazione per practice legale e fiscale, l'insegna è strutturata in diversi dipartimenti con presenza mista di avvocati e commercialisti che coprono l’M&a, la fiscalità finanziaria e internazionale, la valutazione d’azienda e il transfer pricing, la crisi d’impresa, il passaggio generazionale e il contenzioso tributario.
Fondato nel 2006, Russo De Rosa è nato in un momento storico in cui il mercato professionale della consulenza fiscale era caratterizzato da una forte polarizzazione tra due modelli antitetici: lo studio generalista, caratterizzato da grandi numeri, approccio e assistenza professionale standardizzata, tipicamente ascrivibile al mondo delle società di revisione; e quello accademico, basato su un’estrema specializzazione, fortemente verticistico e di solito centrato su una o più figure di professori universitari. Nell’intercapedine tra questi due modelli si è inserito Russo De Rosa con l’intento di concentrarsi sull’operatività straordinaria dei propri clienti. Per i soci fondatori, però, la straordinarietà ha assunto ben presto un’accezione più ampia rispetto all’operazione di M&a, fino a essere intesa come “discontinuità”, nel senso di ogni momento topico all’interno del ciclo di vita di una famiglia o di un patrimonio, dal big deal al passaggio generazionale. Ed è questa accezione di discontinuità il tratto che, più di altri, secondo De Rosa connota l’offerta dello studio e la sua crescita economica.
Guardando al futuro, l’ambizione è quella di perseguire la strada già tracciata, supportando le esigenze professionali sollevate dai momenti di discontinuità e straordinarietà del capitalismo familiare italiano e dei suoi tipici interlocutori sia per il patrimonio imprenditoriale (private equity) sia per quello finanziario (private banking). «La chiave – con le parole dello stesso De Rosa – sarà la “ricerca culturale applicata” ovvero il difficile, ma indispensabile, bilanciamento tra l’approfondimento normativo e l’evoluzione dei bisogni della clientela servita, delle loro famiglie e dei loro patrimoni».
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