Sono dieci i giuslavoristi impegnati nella vicenda di Melfi, che vede contrapposte la Fiat (per la precisione la S.A.T.A) e tre operai legati alla Fiom, e che promette risvolti anche sul fronte penale.
Infatti, il collegio difensivo di Fiat, in attesa della prima udienza sul ricorso contro la sentenza di reintegro (prevista il 6 ottobre davanti al giudice Amerigo Palma) ha sporto denuncia alla Procura della Repubblica per violenza privata e sabotaggio industriale. L'indagine è in corso. Del pool di legali fanno parte gli avvocati Francesco Amendolito e Bruno Amendolito, Maria Di Biase, Grazia Fazio (dello studio Amendolito e Associati di Bari), insieme a Diego Dirutigliano e Luca Ropolo del foro di Torino.
I tre operai della Fiat di Melfi, Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino e Marco Pignatelli, (i primi due delegati delle tute blu della Cgil) sono stati difesi dagli avvocati Franco Focareta, Alberto Piccinini, dello studio legale associato di Bologna, Letizia Zuccherelli e Lina Grosso. Erano stati licenziati a metà luglio dall'azienda in seguito a uno sciopero, nel quale Fiat sosteneva che gli attivisti sindacali avevano bloccato la produzione. Il 10 agosto il decreto con cui il giudice del lavoro del Tribunale di Melfi, Emilio Minio, ha ordinato il reintegro sul posto di lavoro, dichiarando la condotta antisindacale della Fiat nei confronti della Fiom-Cgil.
La verità dei fatti così costruita viene contestata dall'avvocato Francesco Amendolito, che segue Fiat a Melfi dal 1994: «Gli operai hanno bloccato volontariamente la produzione e hanno impedito ai lavoratori non scioperanti (circa 1.750), a fronte di 50 scioperanti, l'esercizio del diritto al lavoro». In sostanza c'è stata una «palese ed errata interpretazione delle risultanze istruttorie nella prima fase del giudizio, infatti i responsabili di reparto avevano chiesto ai tre di liberare il percorso dei carrelli robottizzati Agv, che forniscono il materiale alle linee di produzione». L'azienda, infine, ha deciso di non mettere in produzione i tre operai reintegrati, ma di consentire loro di svolgere attività sindacale.
Di tutt'altro avviso i legali di Fiom, che in una nota stampa dichiarano: «Non è stata la presenza degli scioperanti a impedire il transito dei carrelli, in quanto - come verifica il giudice - quando gli scioperanti si sono allontanati dalla banda magnetica il carrellino non è ripartito, tanto da destare lo stupore dello stesso Gestore Operativo che aveva contestato gli addebiti ai (soli) tre lavoratori licenziati. Anzi, dalle deposizioni dei presenti è risultata anche la circostanza che quando gli scioperanti si sono fermati in quell’area per un’assemblea, il carrello era già fermo».
La vicenda, che campeggia in questi giorni sulle prime pagine dei quotidiani nazionali, si innesca nella più ampia polemica sulla tutela dei diritti sindacali e della libertà d'impresa.
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