«Gianpy» Gianpiero Fiorani, l’ex banchiere prodigio della Popolare di Lodi, sarà costretto a pagare un biglietto piuttosto salato per la piece teatrale che lo riguarda. TopLegal ha consultato la sentenza del Tribunale di Milano di fine gennaio, redatta dal giudice Roberto Bichi, che ha respinto le richieste risarcitorie per 5 milioni di euro avanzate da Fiorani contro Eugenio De’ Giorni, nome d’arte di Eugenio Maffeis (difeso dagli avvocati Donato e Alessandra Cocco), per la rappresentazione “Diluvio universale: the rise an fall of Gianpy” andata in scena per la prima volta nel gennaio 2009 presso il teatro Olmetto di Milano. In più, Fiorani, difeso dagli avvocati Mattia Sozzi e Cesare Flavio Cicorella, è condannato «alla rifusione delle spese sostenute da Eugenio Maffeis liquidate in 3.987,00 euro per diritti, 14.050,00 euro per onorari, 10,00 euro per esborsi oltre rimborso spese generali e accessori di legge».
Insomma, la satira prevale «rispetto – si legge nella sentenza - alla pretesa tutela del diritto all’onore e alla reputazione del soggetto destinatario della satira». La piece era la ricostruzione della scalata a Banca Antonveneta tentata nel 2004-05 dalla cordata di Popolare di Lodi, con la descrizione allegorica della serie di personaggi che vi parteciparono (dall’ex Governatore di Banca d’Italia Antonio Fazio al colorato plotone di immobiliaristi allora al culmine delle cronache, fino appunto, a Gianpiero Fiorani, indicato al tempo come astro nascente del mondo finanziario nazionale).
Nelle motivazioni, il giudice spiega che «in definitiva, la giurisprudenza oramai limita il giudizio di illegittimità della “satira” solo al caso di attribuzione di condotte false, moralmente disonorevoli, utilizzate per procedere ad accostamenti volgari o ripugnanti, perseguendo una deformazione dell'immagine della persona, allo scopo di suscitare un gratuito disprezzo della sua dimensione morale (cfr. Cass. nn. 10495/2009 e 28411/2008)». Una circostanza che il Tribunale non ha riscontrato nel “Diluvio Universale”. Viceversa, il giudice riconosce che «la rappresentazione teatrale in esame attiene ad una vicenda che è stata (ed è) oggetto della preminente attenzione dell’opinione pubblica, non solo per le sue implicazioni economiche, ma anche quale indicativa delle modalità di comportamento dei protagonisti e del costume proprio dell’ambiente coinvolto». E ancora, rincara la dose: «Dall’esame della rappresentazione teatrale – si legge in sentenza - emerge che il testo è articolato proprio su quelle caratteristiche essenziali della satira: ironia, sarcasmo, dissacrazione del ruolo “pubblico” di alcuni protagonisti – tra cui Giampiero Fiorani, quale Presidente di istituto bancario - con l’introduzione di profili paradossali e accostamenti volti ad evidenziare l’incongruenza dei soggetti coinvolti rispetto al ruolo rivestito e, comunque, lo stile comportamentale dagli stessi espresso nella vicenda . Da qui anche la scelta dei nomi di scena (per Giampiero Fiorani “Gianpy” e, quindi “S.Antonio”, il Governatore della Banca d’Italia) e ancora “Ste’” “Cri” ecc. per altri protagonisti». Respinte anche le richieste di considerare dimostrative «dell’aggressione» le espressioni evidenziate dai legali di Fiorani. «È agevole rilevare, invece, che proprio tali esemplificazioni – scrive il giudice - danno pienamente conto della pertinenza satirica delle proposizioni e delle scene recitate (“la vita è cara... come sono figo…. Love of power…certo che il potere è bello….ma adesso sono nella m…… i conti sono nella c……”.ecc.). Così pure il riferimento all’episodio della consegna del cactus presso una villa in Sardegna, indicato dall’attore come inventato, costituisce una trasposizione teatrale dell’episodio raccontato dallo stesso attore in occasione di intervista televisiva».
Insomma, il tribunale non ritiene ci siano obblighi risarcitori. Ed è prevedibile che il “Diluvio universale” tornerà presto su qualche palco.