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Fiscalisti pronti a nuove relazioni tra Ue e Regno Unito

I responsabili fiscali delle imprese dovranno prepararsi a un possibile no deal con impatti su aree quali transfer pricing, Iva e rendite. Se n'è parlato in un recente webinar di Kpmg in collaborazione con TopLegal e Ambasciata britannica

17-11-2020

Fiscalisti pronti a nuove relazioni tra Ue e Regno Unito


Barriere doganali, regime Iva, tassazione delle rendite e nuovi criteri che andranno a limitare il libero spostamento dei lavoratori. Il futuro delle relazioni commerciali tra imprese italiane con i clienti e i fornitori del Regno Unito dipende dal risultato dei negoziati ancora in corso tra Bruxelles e Londra. Che sono ancora in alto mare. Un accordo non è ancora stato raggiunto, anche se lo scorso ottobre le due parti hanno deciso di proseguire le trattative.

Nelle scorse settimane si sono intensificati i colloqui. Si sta lavorando a una bozza di testo legale su cui si cerca di trovare una convergenza. La speranza è che le relazioni commerciali tra le due sponde della Manica non subiscano una battuta d'arresto nel 2021. Ne risentirebbe anche il nostro Paese, che è il decimo partner commerciale del Regno Unito: nel secondo trimestre 2020 gli scambi bilaterali hanno superato 40 miliardi di sterline. Autoveicoli, abbigliamento, prodotti farmaceutici e alimentari sono i settori maggiormente interessati.

Se n'è parlato nel corso di un recente webinar, destinato ai responsabili fiscali delle imprese (tax manager, head of tax), Cfo, Ceo, direttori logistica e responsabili delle risorse umane, organizzato da Kpmg in collaborazione con TopLegal e l'Ambasciata britannica, Department for international trade Italy (Dit Italy). All’incontro hanno partecipato Catriona Graham, console generale britannico a Milano e direttore del department international trade Italy, i partner di Kpmg Massimo Fabio (trade & customs), Davide Morabito (Iva) e Stefania Quaglia (global mobility services), e l’associate partner Lorenzo Bellavite (international tax).

Il console Graham ha fornito un aggiornamento sullo stato dei negoziati e si è detta ottimista riguardo al raggiungimento di un accordo entro fine anno. Se non si riuscirà a trovare un'intesa, il periodo di transizione terminerà alla fine del 2020 con un "no deal". «Dobbiamo familiarizzarci all'idea del Regno Unito come paese terzo ed extra Ue per l'Italia. In quest'ottica, bisogna prepararsi ora a entrambi gli scenari con tutti gli accorgimenti necessari», ha aggiunto Graham.

Sono stati discussi, invece, dagli esperti di Kpmg i possibili effetti di questa nuova convivenza. I professionisti, in particolare, hanno presentato una serie di azioni da intraprendere nei mesi a venire, focalizzandosi in particolare sulle nuove barriere doganali e sulle soluzioni per mitigare gli oneri complessivi, sul nuovo regime Iva, sull’applicabilità delle esenzioni da ritenuta garantite dalle direttive europee e sui lavoratori espatriati.

Su quest'ultimo punto, Graham ha ricordato che i viaggi di lavoro saranno garantiti grazie a un regime di "visa free" per chi intende restare per un periodo massimo di sei mesi. Chi desidera trasferirsi per motivi lavorativi o professionali, dovrà considerare il nuovo sistema a punti, simile a quello australiano, dove il visto sarà concesso sulla base della contribuzione all'economia britannica. Gli italiani per risiedere nel Regno Unito dovranno rispettare requisiti minimi obbligatori, tra cui quello di dimostrare di avere un'offerta di lavoro e un minimo salariale fissato in 25.600 sterline l'anno. Ci si aspetta, comunque, che i requisiti minimi e addizionali siano affinati con lo sviluppo del sistema, che potrebbe comprendere in futuro anche nuovi parametri quali l'età e l'esperienza pregressa, ha aggiunto Stefania Quaglia.

Per le aziende che hanno relazioni con al Gran Bretagna, la Brexit potrebbe comunque rappresentare l'occasione per analizzare in modo critico il proprio business e adeguarlo alle nuove esigenze, come ha suggerito nel suo intervento Massimo Fabio. Per il professionista, l'esigenza di pianificare anche la mancata intesa tra le due parti, costringerà le imprese ad attrezzarsi per affrontare orizzonti e problematiche del tutto nuove. A partire dalle formalità e dai controlli doganali sulle merci, a oggi inesistenti nel rapporto tra Italia e Regno Unito. Saranno implementati in tre date diverse (gennaio, aprile e luglio) per permettere agli operatori di adattarsi ai cambiamenti. Senza un accordo tra le parti, infatti, alla fine del periodo transitorio si applicherebbero le regole generali stabilite dal Wto.

Brexit avrà altresì un impatto diretto sugli istituti e sulle modalità di ottenere i rimborsi dell’Iva, assolta sia in Italia da soggetti britannici e da soggetti italiani nel Regno Unito, con il rischio di ulteriori complicazioni nella catena clienti/fornitori. In assenza di condizioni di reciprocità, Morabito ha sottolineato che il rimborso Iva non sarà previsto e che i soggetti britannici in Italia - al pari dei soggetti italiani nel Regno Unito - saranno obbligati a nominare un rappresentante fiscale, una modalità più onerosa per le imprese rispetto all'attuale identificazione diretta.

Bellavite ha aggiunto, infine, che gli effetti di un "no deal" potrebbero farsi sentire anche a livello dell'azionariato delle imprese, in particolare nella relazione con gli investitori residenti nel Regno Unito. Dal primo gennaio 2021, senza un accordo, non saranno più applicabili sul flusso di dividendi verso soci britannici alcune esenzioni oggi vigenti per evitare una doppia imposizione all’interno dell'Unione Europea, come la direttiva "madre-figlia" o la ritenuta domestica ridotta per gli shareholders Ue.


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