Più della maggioranza delle società quotate in Europa segnala la propria preoccupazione rispetto all’aumento dell’attivismo dei fondi. E ammette di non avere una strategia chiara per affrontarlo. Lo rivela uno studio della società di consulenza AlixPartners, che ha intervistato i dirigenti di 500 aziende quotate in Europa lo scorso dicembre. Obiettivo della ricerca, far emergere il sentiment, le criticità e i bisogni delle società quotate rispetto al recente aumento del fenomeno.
Anche se in Italia il fenomeno è ancora limitato, ogni anno circa una decina di aziende quotate deve affrontare la sfida lanciata dai fondi attivisti. Solo quest’anno, sono state complessivamente sette le società italiane puntate dagli attivisti, incluso il caso esemplare di Telecom Italia, che ha visto la vittoria di Elliott sul socio di maggioranza Vivendi nel rinnovo del Cda del 4 maggio. E il trend è in crescita: nei prossimi 12-18 mesi si stima che saranno almeno 12 le aziende italiane sotto il mirino di fondi attivisti.
Entrando nel merito della ricerca condotta da AlixPartners, è interessante notare alcune posizioni assunte dalle aziende. Alla domanda «La crescita dell’attivismo degli investitori ti preoccupa?» rispondono “sì” ben 340 aziende su 500 (il 68% del campione) appartenenti soprattutto ai settori oil & gas, automotive e servizi finanziari. E per il 65% degli intervistati, in prevalenza telco, prodotti farmaceutici, vendita al dettaglio e beni di consumo, è aumentata in modo significativo «l'importanza di gestire l'attivismo negli ultimi 12 mesi».
Nel corso di un incontro con la stampa a cui ha preso parte anche TopLegal, Stefano Aversa (in foto), global vice chair e chair Emea di AlixPartners, ha così commentato: «Il 2018 ha mostrato una forte crescita del fenomeno di attivismo degli investitori, con 575 attivisti globali che hanno avanzato richieste a società a media e alta capitalizzazione. I tassi di successo della domanda degli attivisti sono in rialzo: lo scorso settembre il 44% delle richieste di attivisti ha avuto un successo almeno parziale. Poter contare su una strategia chiara e ben delineata può aiutare le società non solo a prepararsi per gestire la sfida lanciata dagli investitori attivisti, ma anche a trasformarla in un’opportunità per creare valore».
Ma le aziende, in concreto, quali misure hanno adottato per far fronte alla crescente “minaccia”? Secondo l’indagine, in realtà, il 53% degli intervistati ammette di non avere una vera e propria strategia per affrontare un eventuale intervento da parte di fondi attivisti. Del resto, la definizione e l’implementazione di una strategia inciderebbero significativamente sui costi e sui margini. Il 32% (principalmente nel settore edile e servizi finanziari) riconosce che in azienda il livello di competenza nel trattare con i fondi attivisti sia basso, e più della maggioranza (il 57%) si aspetta di dover ricorrere a un supporto di consulenti esterni nei prossimi 12-24 mesi.