La domanda dei servizi legali in ambito fondi di investimento e private equity è aumentata e ha chiesto un cambio di passo agli studi, i quali hanno dovuto rivedere la propria offerta. Il presidio del settore è ancora detenuto dalle grandi realtà italiane, i cui professionisti sono ampiamente riconosciuti dal mercato. Allo stesso tempo però, alcune realtà internazionali hanno saputo approfittare dell’attività dei fondi di investimento interessati agli asset del Paese. Spazio infine agli studi che hanno saputo valorizzarsi concentrandosi su nuove opportunità o a partire dalle operazioni mid-cap. Questo in sintesi, il quadro dell’assistenza legale in ambito fondi e private equity.
Il mercato dei fondi di investimento in Italia si mostra, infatti, attivo confermando la tendenza già avviata nel 2015. Il dinamismo che lo sta caratterizzando è dovuto, da una parte, alla rinnovata spinta all’investimento in Italia dei fondi internazionali che, favoriti dalle norme di armonizzazione europee, hanno portato l’incremento di operazioni cross border. Dall’altra, è dovuto alla spinta di fattori positivi quali l’abbondante liquidità, i bassi tassi di interesse e la ripresa dell’economia in generale e del Paese. In aggiunta lo scenario risulta ulteriormente arricchito sul fronte del private debt con particolare riferimento nel mercato dei non performing loans (Npl) e degli unlikely to pay (Utp).
Il mercato italiano in generale si contraddistingue per la prevalenza di operazioni mid-cap e un crescente appetito per piccole imprese italiane ad alto potenziale. In questo ultimo anno e mezzo però si sono registrate rilevanti operazioni di cessioni di beni italiani a fondi stranieri nei settori trasporti (Global Infrastructure Partners, fondo americano dedicato alle infrastrutture, ha acquisito Italo – Nuovo Trasporto Viaggiatori), lusso (Carlyle ha acquisito il brand di sneaker Golden Goose) e manifatturiero (acquisizione del 99,9% di Fedrigoni da parte di Bain Capital) facendo auspicare a una vera ripresa con un significativo aumento del valore delle operazioni.
E questo ha richiesto agli studi di attivarsi ponendo l’obiettivo di una maggiore efficienza attraverso il coinvolgimento di un numero ridotto di professionisti dotati di maggiore seniority e autonomia. In questa direzione si spiegano alcuni lateral hire degli ultimi 18 mesi. Tra i movimenti di rilievo si segnala l’uscita di Alessandro Corno da Jones Day che entra in Gatti Pavesi Bianchi esplicitando l’intenzione dello studio di rafforzarsi sui fondi. Movimento inverso, dall’Italia agli Usa, per Cataldo Piccarreta che ha deciso di lasciare Gattai Minoli Agostinelli per Latham & Watkins. Più recente è, invece, il passaggio di Roberto Casati da Cleary Gottlieb Steen & Hamilton a Linklaters.
Sul fronte organizzativo, le insegne più orientate alla valorizzazione interna sono state Nctm, che ha promosso ben cinque soci, e Gianni Origoni Grippo Cappelli che, oltre a nominare quattro nuovi partner, ha sviluppato GOP4Venture: un gruppo di lavoro composto da otto professionisti, rivolto a fondi di venture capital, acceleratori, incubatori, start-up e Pmi innovative per facilitare il trasferimento di tecnologie.
L’offerta legale
La ricerca di TopLegal mostra che, a fronte di una ripresa del mercato, l’incontro tra domanda e offerta ha premiato soprattutto gli studi italiani con un forte track record, conoscenza del mercato e che vedono i propri soci presidiare le attività negoziali con la controparte o, in alternativa, curare i rapporti con le autorità in ambito regolamentare. Confermando che, al di là delle opportunità, nel comparto fondi e private equity non si può lasciare spazio all’improvvisazione e non vi è una correlazione univoca tra tipologia di cliente e studio selezionato (es. fondo internazionale che sceglie un’insegna internazionale) ma piuttosto la necessità dei fondi, il più delle volte di matrice estera, di affidarsi al miglior consulente.
Ne consegue un settore presidiato da realtà italiane multipractice come BonelliErede, Chiomenti, Gattai Minoli Agostinelli, Gianni Origoni Grippo Cappelli e Legance, le quali si contendono la vetta grazie all’attività di soci fondatori e professionisti senior, dotati di un ampio riconoscimento da parte del mercato. Tra le insegne estere più attive in Italia spicca su tutte l’americana Latham & Watkins, coinvolta in tutte le maggiori operazioni di fusione e acquisizione legate a fondi di investimento nell’anno in corso.
Diverso, invece, l’approccio degli studi inglesi, i quali si inseriscono nei grandi deal di M&a principalmente in riferimento alle contestuali operazioni di finanziamento e spesso al fianco del ceto bancario. Non mancano però le eccezioni alla regola, come Linklaters che, oltre ad aver rafforzato la practice con l’ingresso di Roberto Casati, nell’ultimo anno è stato particolarmente attivo in grandi deal private equity con il socio Giorgio Fantacchiotti. Tra queste si evidenzia l’assistenza a Keter Group, una società facente parte del portafoglio di aziende di Bc Partners, nell’acquisizione dell’intero capitale azionario di Abm Italia; l’assistenza a Bormioli Rocco (di proprietà di Vision Capital) in relazione alla vendita delle proprie business unit Pharma e Tableware; l’assistenza ad Ambienta Sgr in relazione alla vendita di Ip Cleaning a Tennant Company.
Non va comunque dimenticato che il mercato italiano è soprattutto caratterizzato da operazioni mid market che risultano terreno fertile per un crescente numero di studi i quali si distinguono soprattutto in questa fascia di mercato sia al fianco dei fondi che delle famiglie industriali italiane. Si tratta di realtà come Lms, Nctm, Pedersoli e Pavia e Ansaldo, le quali, secondo l’opinione dei clienti, riescono a coordinare l’efficienza alla capacità di essere vicini al cliente con un approccio flessibile e proattivo.
A dispetto di questo affollamento sul fronte dell’offerta, il settore si mostra permeabile all’arrivo di nuova concorrenza. Sia che si tratti di studi intenzionati a cavalcare il mercato in maniera opportunistica o che abbiano l’intento di costruire un portafoglio clienti da valorizzare a partire dalle piccole operazioni. Su quest’ultimo fronte va segnalato l’operato di White & Case che negli ultimi 12 mesi ha rafforzato in modo significativo la sua presenza nel settore del private equity, ottenendo per la prima volta mandati da fondi di private equity come Bc Partners, Cvc, Summit Partners e Trilantic.
Inoltre, studi come FiveLex e Molinari hanno intuito il ritorno di interesse per il real estate. Il primo si è infatti contraddistinto per avere seguito la costituzione della prima Sicaf italiana autogestita, multi-comparto e sotto-soglia. Mentre Molinari, con Alessandro de Botton, ha assistito The Blackstone Group nella cessione del 100% del fondo di investimento alternativo di tipo chiuso riservato a investitori professionali denominato Kensington e, più recentemente, ha seguito il fondo di investimento immobiliare Retail Partnership, gestito da Bnp Paribas Reim Italy, nell’acquisto di 47 ipermercati e supermercati.
L’advisor come moltiplicatore di valore
La domanda di servizi legali in ambito fondi di investimento e private equity è profondamente mutata. Negli anni pre-crisi, gli operatori del settore hanno spesso agito seguendo una logica finanziaria opportunistica, con minori attenzioni alle capacità di crescita industriale delle aziende coinvolte. In questi contesti le attività legali erano rivolte alla predisposizione di documenti, moduli di sottoscrizione e pareri. Oggi, grazie anche a un rinnovato interesse verso la valorizzazione di un asset, i clienti necessitano di un advisor legale attivo, il cui operato è mirato alla creazione di valore in un’ottica di business.
È dunque naturale immaginare che col variare della domanda, l’offerta non possa rimanere statica. Negli ultimi anni è infatti diventato fondamentale per gli studi legali che affiancano i fondi di fornire una consulenza ad alto valore aggiunto. Questo si traduce nella capacità e idoneità di presidiare le attività negoziali con le controparti al fine di creare una maggiore organicità nei rapporti gestore-investitore. Inoltre serve un coinvolgimento preventivo sulla fattibilità e probabilità di successo di singole iniziative rapportate con il mercato di riferimento sia domestico che internazionale.
Un valore aggiunto, quello che i clienti chiedono ai propri consulenti, che non si riflette in un modello organizzativo predefinito. Soprattutto in ambito mid-market, l’affidamento della pratica a un singolo studio multipractice capace di seguire il cliente in tutti gli aspetti non è una scelta obbligatoria. E al full service può essere preferita la boutique specializzata, al cui interno, il partner segue direttamente l’operazione e sceglie accuratamente i suoi collaboratori.
Un business fatto di persone
Secondo gli operatori del settore il rapporto tra consulente e cliente è prima di tutto un rapporto personale in cui la conoscenza reciproca è essenziale e l’identificazione del partner fidato supera la specifica competenza.
In questo settore, infatti, la consulenza legale esprime il proprio valore aggiunto direttamente tramite il professionista con la sua capacità di analisi, problem solving e come facilitatore del deal. Premiati in questo senso i super professionisti, spesso soci fondatori o comunque soci senior di studi, i quali si connotano, oltre che per una spiccata conoscenza e autorevolezza sul settore, anche per affidabilità e una marcata capacità di costruire un rapporto di business con il cliente.
La ricerca completa con le analisi studio per studio e le classifiche è disponibile sul numero di giugno/luglio di TopLegal Review
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