Se per l’Amministrativo la formula boutique è diventata attraente nell’ultimo biennio, nel Competition le sorti dei professionisti sembrano legate a doppio filo con quelle di strutture multipractice. Basta guardare i recenti movimenti del mercato legale. Mentre il settore amministrativo ha visto andare in direzione boutique quelli che nel corso della ricerca condotta dal Centro Studi TopLegal sono stati definiti i «quattro moschettieri » – Luca Raffaello Perfetti, Marcello Clarich, Claudio Guccione e Fabio Cintioli – a cui va aggiunta la recente uscita di Giorgio Fraccastoro da Simmons & Simmons, i protagonisti del Competition sono radicati nei grandi studi.
Guardando i movimenti più recenti, eccezion fatta per Dario Ruggiero, che si è unito in qualità di partner alla boutique fondata dall’ex collega di Bonelli Erede Pappalardo (Bep) Fabio Cintioli, tutti gli altri lateral sono stati messi a segno nell’ambito di grandi studi: Luciano Di Via è passato da Bep a Clifford Chance, Rino Caiazzo ha detto addio a Grimaldi per raggiungere in qualità di name partner Caiazzo Donnini Pappalardo e Cristoforo Osti ha lasciato Clifford Chance per approdare in Chiomenti. Per rintracciare la fondazione di una boutique Antitrust bisogna risalire al 2011, quando Andrea De Matteis decideva di mettersi in proprio, lasciando Labruna Mazziotti Segni.
La ragione è una e va rintracciata nella remuneratività della practice. I margini per chi si occupa di amministrativo sono nettamente maggiori: le boutique in questo settore, secondo gli intervistati, sono un vero “generatore di lavoro”. Al contrario, il Competition, con le recenti modifiche delle soglie di fatturato che rendono obbligatoria la comunicazione di una concentrazione, non è più profittevole. Il mercato è radicalmente crollato. Nel corso della ricerca condotta dal Centro Studi TopLegal c’è chi si è spinto fino al punto di dare delle cifre, segnalando un decremento dell’attività pari al 95%, e di affermare che « chi si occupa solo di Competition e Antitrust è destinato a non sopravvivere sul mercato ». Scomparendo la materia prima, vale a dire il lavoro, va da sé che si eclissa anche l’opportunità di mettersi in proprio. Mentre i grandi mandati altamente remunerativi (i cartelli) sono sempre meno frequenti, la maggior parte dell’attività è ancillare alle operazioni di m& a. L’Antitrust, se non arriva al Tar, costituisce ormai una consulenza ordinaria che fanno tutti, diventata commodity per i legali interni delle grandi aziende.
Naturalmente restano saldi sul mercato i grandi professori, come Gian Michele Roberti e Mario Libertini, ma si tratta di singoli esperti, il cui parere viene richiesto su questioni particolarmente complesse, che vanno considerate come interventi spot. Avere un team di 10 o 15 professionisti, coerentemente al modello boutique, secondo i protagonisti del settore non avrebbe, invece, alcun senso, perché i margini di profitto non sono tali da assorbire i costi di team numerosi.
Anche nel competition, come in altri ambiti della consulenza legale, sembra, invece, tenere l’attività di chi opera oltre confine. La domanda, infatti, arriva soprattutto a livello comunitario. Si lavora all’estero con la Commissione Europea. Tanto che c’è chi vede nascere il nuovo epicentro del settore a Bruxelles. La domanda è più internazionale che locale, quindi. E come tale, il mercato è destinato a diventare sempre più appannaggio delle realtà strutturate che guardano l’estero.
Articolo pubblicato in TopLegal marzo 2014.
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