La nuova sintesi in- house

GENERAL COUNSEL: LA PARTITA APERTA

La necessità di un ruolo strategico per la direzione legale ha dato il via a un dibattito in cui le due anime del legale d’azienda spesso vengono contrapposte. Ma l’antagonismo è solo apparente

01-09-2014

GENERAL COUNSEL: LA PARTITA APERTA

È diventato ormai un mantra constatare che, con la crisi e i cambiamenti strutturali del mer­cato legale a cui abbiamo assi­stito in questi anni, le direzioni legali si sono rafforzate notevol­mente rispetto alle loro contro­parti, gli studi legali. Ma l’evo­luzione in corso sta riscrivendo non solo i rapporti con gli studi legali esterni ma anche quelli all’interno dell’azienda. Il qua­dro normativo e regolamentare sempre più complesso, insieme all’ampliamento dei rischi, de­terminano in modo crescente gli obblighi e i comportamenti dell’azienda. E in questo ambi­to, la figura del General counsel dispone di una visione privile­giata quale esperto capace di anticipare e prevenire i rischi e i problemi che potrebbe affron­tare l’azienda. Dalla funzione di “ barometro” legale, in grado di prevedere l’andamento e il maturare di situazioni in conti­nuo mutamento, il passo verso un ruolo strategico del Gene­ral counsel è breve. Tuttavia, il passaggio da tecnico del diritto a partner di business può sem­brare una transizione logica, ma l’evoluzione del General counsel è molto meno scontata. Ai legali di azienda, ora in cerca di una nuova identità, resta da superare gli scogli che ostacola­no il ruolo strategico. 

La partita aperta 
Che il coinvolgimento nelle decisioni strategiche dell’im­presa sia una meta principale per i legali d’azienda non è in discussione. Lo conferma una recente indagine del Centro Studi TopLegal condotta su oltre 80 direzioni legali che ha individuato, tra le sfide prin­cipali che le direzioni affari legali dovranno affrontare in futuro, proprio la maggiore partecipazione strategica al business (citata dal 28 per cen­to dei rispondenti), risposta superata solo dall’imperativo di una maggiore efficienza (il 32 per cento del campione).

La ricerca di un ruolo strate­gico ha un duplice significato: scardina la visione tradizio­nale della funzione legale e fornisce all’azienda una nuo­va leva competitiva. Tuttavia, bisogna sottolineare che la maggiore partecipazione al business è considerata una sfi­da da superare, e che sull’esito dei cambiamenti in corso che riguardano i General counsel pesa ancora un’incertezza. Il motivo di questa incertezza è semplice: i General counsel si trovano a superare ostacoli che provengono sia dall’azien­da che dalla stessa comunità di giuristi d’impresa. Nel pri­mo caso, la direzione legale è troppo spesso percepita dall’a­zienda come un male neces­sario, un freno allo sviluppo. Pertanto viene tagliata fuori dal processo decisionale finché non sia proprio indispensabile ricorrere al parere legale. Ma non solo. L’eccessiva burocra­zia, evidente per esempio nel mondo della Pubblica Ammi­nistrazione, nonché l’appesan­timento regolamentare in alcu­ni settori, non aiutano certo a mettere in risalto e fare emer­gere il valore strategico del giu­rista d’impresa.

Oltre i rapporti con i vertici dell’azienda, la battaglia per un maggiore riconoscimento del ruolo strategico dei General counsel si articola anche sul fronte interno. Per prevenire i rischi è necessario il coinvol­gimento della direzione legale, sin dall’inizio, in tutti i progetti strategici dell’azienda. Su tale necessità tutti i direttori legali si trovano d’accordo. Cionono­stante, rimane una importante partita aperta all’interno delle direzioni legali poiché il coin­volgimento nel business richie­de a sua volta il superamento da parte del General counsel della mera prospettiva legale. E di fronte a questa necessità, l’opinione si divide. Vi è chi vede la necessità di allargare il ruolo del General counsel e chi ritiene opportuno, al contrario, un rafforzamento dell’identità originale del giurista. I primi spingono verso un ruolo più vi­cino al business, al cuore della vita aziendale per conquistare peso e credibilità, e di conse­guenza, per passare da freno allo sviluppo ad alleato strate­gico. I secondi, invece, sottoli­neando la tensione tra la velo­cità e la spinta innovativa degli affari e il conservatorismo del diritto, insistono che il giuri­sta, per formazione e cultura, è fondamentalmente poco in­tenditore del rischio imprendi­toriale e quindi debba limitarsi a valutare esclusivamente il rischio legale. Il divario di opi­nione emerge anche attorno la questione dei rapporti tra di­rezione legale e il Consiglio di amministrazione di cui, spesso nelle corporation americane e britanniche, il General counsel talvolta è membro. Il ruolo di consigliere rappresenta un’op­portunità ma anche un’insi­dia: il rischio di un conflitto d’interesse tra l’oggettività del giurista e le esigenze commer­ciali predefinite rimane sempre presente. E l’esposizione che ne deriva non potrebbe essere più grave per un General counsel perché andrebbe ad intaccare l’essenza del suo valore, ovve­ro, l’indipendenza. 

La sintesi possibile 
Per essenza, il direttore affari legali è una figura ibrida, un « socio- guardiano » come lo ha definito l’ex General counsel di General Electric, Ben W. Hei­neman Jr. In quanto guardia­no, il General counsel è l’archi­tetto di sistemi di vigilanza e di allerta per prevenire i rischi. La funzione legale ha inoltre il dovere di fare permeare la cultura legale in tutta l’azienda. Negli ultimi anni, la crisi finanziaria e gli scandali societari hanno richiamato l’attenzione sugli enormi rischi che il mancato o tardivo coinvolgimento del Ge­neral counsel può comportare. Quando viene meno questo ruolo da guardiano dell’azien­da – dovuto all’esclusione della direzione legale dal processo decisionale oppure all’inca­pacità da parte della stessa di interrogarsi sui comportamen­ti dubbiosi del suo cliente – si giunge alla calamità. Stante questo scenario, il General Counsel si trova nelle condi­zioni di dover ritardare le de­cisioni determinanti d’azienda fino al momento in cui non as­suma tutti gli elementi neces­sari per una completa valuta­zione del rischio. E nell’impos­sibilità di trovare motivazioni legittime alle deliberazioni dei vertici aziendali, ha l’obbligo di porre il proprio veto.

Questo ruolo ritardatario, sebbene necessario, non può bastare. Il General counsel ha un compito ulteriore: sposare gli affari alla legalità e all’in­tegrità. Integrità vuol dire mitigare il rischio in tutte le sue forme, dal rischio legale a quello etico, dai potenziali danni alla reputazione a quelli derivanti dalla comunicazione. E implica aderire allo spirito nonché alla lettera della leg­ge, poiché il “giusto” spesso si sovrappone con il “ legale” ma non può essere semplicemente ridotto ad esso. Ed è in questo senso lato della legalità e del rischio che si deducono i pre­supposti del ruolo strategico del General counsel e la sintesi tra affari e diritto.

Il General counsel non gioca solo in difesa perché la stessa gestione del rischio implica un ruolo attivo e strategico. Oltre ad impedire i passi falsi, deve guidare la direzione strategica dell’azienda verso l’innova­zione di nuovi beni e servizi, nonché la conquista di nuovi settori e nuovi mercati, senza pertanto snaturare il suo ruolo di guardiano. Al contrario, le opportunità strategiche risul­tano direttamente dall’attività della direzione legale poiché il confine tra gestione del rischio e partecipazione al business è più labile di quanto non si pos­sa pensare. Lo dimostra il fat­to che il ruolo strategico della funzione legale è del tutto in­trinseco nei settori altamente regolamentati – farmaceutico, telecomunicazioni, finanziario – settori in cui vi è una sovrap­posizione inevitabile tra piani­ficazione legale e quella stra­tegica di business. In questa ottica, ogni presunta tensione fra diritto e affari viene meno.

In senso più generale, la pos­sibilità di adottare l’ottica del rischio operativo, come la co­noscenza del mercato, rientra nell’ambito del cosiddetto “di­ritto preventivo” ( preventative law) che fornisce esiti strategi­ci immancabili per gli affari. Il diritto preventivo permette al giurista d’impresa di definire inmodo proattivo le criticità legali e commerciali prima che diven­tino un problema per l’azienda. Si tratta di discernere le ten­denze di mercato ed anticipare il loro impatto sul business, in seguito di coordinare tutti i ri­schi – legali e commerciali – e, infine, tradurre il rischio legale in realtà commerciale. Per ca­pire come si possa creare valo­re dal quadro legale attraverso l’efficiente gestione del rischio, basti pensare alle insidie che possono accompagnare un’ope­razione straordinaria. In un’ac­quisizione, la sopravvalutazio­ne del rischio potrebbe portare all’abbandono dell’operazione e la perdita di un’opportunità di business; mentre la sottova­lutazione potrebbe costringere l’azienda a pagare un prezzo ec­cessivo per il target.

Le esigenze della competiti­vità, dell’innovazione constan­te e della crescita sostenibile hanno reso fondamentale come non mai la capacità di tenere in equilibrio, da una parte, la ne­cessità di assumere il rischio – fondamentale per ogni attività imprenditoriale – e, dall’altra, la gestione del rischio. Il Ge­neral counsel è chiamato a va­lutare il rischio senza esserne paralizzato, e a mediare tra interessi legali e commerciali attraverso soluzioni che possa­no conciliare le normative e gli obblighi di adeguamento con i progetti aziendali. Evidente­mente, qualora dovesse sorgere un conflitto tra i ruoli di guar­diano dell’azienda e partner commerciale, gli interessi lega­li della società devono preva­lere. Ma l’orizzonte strategico in cui può muoversi il General counsel è molto più ampio. Ol­tre al mero tecnico del diritto, vi è un consigliere di fiducia e un leader tra gli alti dirigenti dell’azienda.


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