È diventato ormai un mantra constatare che, con la crisi e i cambiamenti strutturali del mercato legale a cui abbiamo assistito in questi anni, le direzioni legali si sono rafforzate notevolmente rispetto alle loro controparti, gli studi legali. Ma l’evoluzione in corso sta riscrivendo non solo i rapporti con gli studi legali esterni ma anche quelli all’interno dell’azienda. Il quadro normativo e regolamentare sempre più complesso, insieme all’ampliamento dei rischi, determinano in modo crescente gli obblighi e i comportamenti dell’azienda. E in questo ambito, la figura del General counsel dispone di una visione privilegiata quale esperto capace di anticipare e prevenire i rischi e i problemi che potrebbe affrontare l’azienda. Dalla funzione di “ barometro” legale, in grado di prevedere l’andamento e il maturare di situazioni in continuo mutamento, il passo verso un ruolo strategico del General counsel è breve. Tuttavia, il passaggio da tecnico del diritto a partner di business può sembrare una transizione logica, ma l’evoluzione del General counsel è molto meno scontata. Ai legali di azienda, ora in cerca di una nuova identità, resta da superare gli scogli che ostacolano il ruolo strategico.
La partita aperta
Che il coinvolgimento nelle decisioni strategiche dell’impresa sia una meta principale per i legali d’azienda non è in discussione. Lo conferma una recente indagine del Centro Studi TopLegal condotta su oltre 80 direzioni legali che ha individuato, tra le sfide principali che le direzioni affari legali dovranno affrontare in futuro, proprio la maggiore partecipazione strategica al business (citata dal 28 per cento dei rispondenti), risposta superata solo dall’imperativo di una maggiore efficienza (il 32 per cento del campione).
La ricerca di un ruolo strategico ha un duplice significato: scardina la visione tradizionale della funzione legale e fornisce all’azienda una nuova leva competitiva. Tuttavia, bisogna sottolineare che la maggiore partecipazione al business è considerata una sfida da superare, e che sull’esito dei cambiamenti in corso che riguardano i General counsel pesa ancora un’incertezza. Il motivo di questa incertezza è semplice: i General counsel si trovano a superare ostacoli che provengono sia dall’azienda che dalla stessa comunità di giuristi d’impresa. Nel primo caso, la direzione legale è troppo spesso percepita dall’azienda come un male necessario, un freno allo sviluppo. Pertanto viene tagliata fuori dal processo decisionale finché non sia proprio indispensabile ricorrere al parere legale. Ma non solo. L’eccessiva burocrazia, evidente per esempio nel mondo della Pubblica Amministrazione, nonché l’appesantimento regolamentare in alcuni settori, non aiutano certo a mettere in risalto e fare emergere il valore strategico del giurista d’impresa.
Oltre i rapporti con i vertici dell’azienda, la battaglia per un maggiore riconoscimento del ruolo strategico dei General counsel si articola anche sul fronte interno. Per prevenire i rischi è necessario il coinvolgimento della direzione legale, sin dall’inizio, in tutti i progetti strategici dell’azienda. Su tale necessità tutti i direttori legali si trovano d’accordo. Ciononostante, rimane una importante partita aperta all’interno delle direzioni legali poiché il coinvolgimento nel business richiede a sua volta il superamento da parte del General counsel della mera prospettiva legale. E di fronte a questa necessità, l’opinione si divide. Vi è chi vede la necessità di allargare il ruolo del General counsel e chi ritiene opportuno, al contrario, un rafforzamento dell’identità originale del giurista. I primi spingono verso un ruolo più vicino al business, al cuore della vita aziendale per conquistare peso e credibilità, e di conseguenza, per passare da freno allo sviluppo ad alleato strategico. I secondi, invece, sottolineando la tensione tra la velocità e la spinta innovativa degli affari e il conservatorismo del diritto, insistono che il giurista, per formazione e cultura, è fondamentalmente poco intenditore del rischio imprenditoriale e quindi debba limitarsi a valutare esclusivamente il rischio legale. Il divario di opinione emerge anche attorno la questione dei rapporti tra direzione legale e il Consiglio di amministrazione di cui, spesso nelle corporation americane e britanniche, il General counsel talvolta è membro. Il ruolo di consigliere rappresenta un’opportunità ma anche un’insidia: il rischio di un conflitto d’interesse tra l’oggettività del giurista e le esigenze commerciali predefinite rimane sempre presente. E l’esposizione che ne deriva non potrebbe essere più grave per un General counsel perché andrebbe ad intaccare l’essenza del suo valore, ovvero, l’indipendenza.
La sintesi possibile
Per essenza, il direttore affari legali è una figura ibrida, un « socio- guardiano » come lo ha definito l’ex General counsel di General Electric, Ben W. Heineman Jr. In quanto guardiano, il General counsel è l’architetto di sistemi di vigilanza e di allerta per prevenire i rischi. La funzione legale ha inoltre il dovere di fare permeare la cultura legale in tutta l’azienda. Negli ultimi anni, la crisi finanziaria e gli scandali societari hanno richiamato l’attenzione sugli enormi rischi che il mancato o tardivo coinvolgimento del General counsel può comportare. Quando viene meno questo ruolo da guardiano dell’azienda – dovuto all’esclusione della direzione legale dal processo decisionale oppure all’incapacità da parte della stessa di interrogarsi sui comportamenti dubbiosi del suo cliente – si giunge alla calamità. Stante questo scenario, il General Counsel si trova nelle condizioni di dover ritardare le decisioni determinanti d’azienda fino al momento in cui non assuma tutti gli elementi necessari per una completa valutazione del rischio. E nell’impossibilità di trovare motivazioni legittime alle deliberazioni dei vertici aziendali, ha l’obbligo di porre il proprio veto.
Questo ruolo ritardatario, sebbene necessario, non può bastare. Il General counsel ha un compito ulteriore: sposare gli affari alla legalità e all’integrità. Integrità vuol dire mitigare il rischio in tutte le sue forme, dal rischio legale a quello etico, dai potenziali danni alla reputazione a quelli derivanti dalla comunicazione. E implica aderire allo spirito nonché alla lettera della legge, poiché il “giusto” spesso si sovrappone con il “ legale” ma non può essere semplicemente ridotto ad esso. Ed è in questo senso lato della legalità e del rischio che si deducono i presupposti del ruolo strategico del General counsel e la sintesi tra affari e diritto.
Il General counsel non gioca solo in difesa perché la stessa gestione del rischio implica un ruolo attivo e strategico. Oltre ad impedire i passi falsi, deve guidare la direzione strategica dell’azienda verso l’innovazione di nuovi beni e servizi, nonché la conquista di nuovi settori e nuovi mercati, senza pertanto snaturare il suo ruolo di guardiano. Al contrario, le opportunità strategiche risultano direttamente dall’attività della direzione legale poiché il confine tra gestione del rischio e partecipazione al business è più labile di quanto non si possa pensare. Lo dimostra il fatto che il ruolo strategico della funzione legale è del tutto intrinseco nei settori altamente regolamentati – farmaceutico, telecomunicazioni, finanziario – settori in cui vi è una sovrapposizione inevitabile tra pianificazione legale e quella strategica di business. In questa ottica, ogni presunta tensione fra diritto e affari viene meno.
In senso più generale, la possibilità di adottare l’ottica del rischio operativo, come la conoscenza del mercato, rientra nell’ambito del cosiddetto “diritto preventivo” ( preventative law) che fornisce esiti strategici immancabili per gli affari. Il diritto preventivo permette al giurista d’impresa di definire inmodo proattivo le criticità legali e commerciali prima che diventino un problema per l’azienda. Si tratta di discernere le tendenze di mercato ed anticipare il loro impatto sul business, in seguito di coordinare tutti i rischi – legali e commerciali – e, infine, tradurre il rischio legale in realtà commerciale. Per capire come si possa creare valore dal quadro legale attraverso l’efficiente gestione del rischio, basti pensare alle insidie che possono accompagnare un’operazione straordinaria. In un’acquisizione, la sopravvalutazione del rischio potrebbe portare all’abbandono dell’operazione e la perdita di un’opportunità di business; mentre la sottovalutazione potrebbe costringere l’azienda a pagare un prezzo eccessivo per il target.
Le esigenze della competitività, dell’innovazione constante e della crescita sostenibile hanno reso fondamentale come non mai la capacità di tenere in equilibrio, da una parte, la necessità di assumere il rischio – fondamentale per ogni attività imprenditoriale – e, dall’altra, la gestione del rischio. Il General counsel è chiamato a valutare il rischio senza esserne paralizzato, e a mediare tra interessi legali e commerciali attraverso soluzioni che possano conciliare le normative e gli obblighi di adeguamento con i progetti aziendali. Evidentemente, qualora dovesse sorgere un conflitto tra i ruoli di guardiano dell’azienda e partner commerciale, gli interessi legali della società devono prevalere. Ma l’orizzonte strategico in cui può muoversi il General counsel è molto più ampio. Oltre al mero tecnico del diritto, vi è un consigliere di fiducia e un leader tra gli alti dirigenti dell’azienda.
La nuova sintesi in- house