Quando si parla con un soggetto pubblico, è facile trovare approvazione parlando della necessità di trasparenza, concorrenza, imparzialità… Dopo le prime sillabe si ottengono facilmente ampi segni di approvazione da parte dell’interlocutore.
I problemi cominciano quando si tratta di passare dai principi alle azioni.
Vi racconto la nostra esperienza, ossia l’esperienza di una startup che ha realizzato nuove soluzioni informatiche per applicare i principi appena ricordati nella selezione degli avvocati e dei professionisti in genere. Di fatto si tratta di piattaforme che realizzano procedure competitive e comparative digitali (“beauty contest”).
La mia attività mi porta a contatto con numerosi soggetti pubblici (enti territoriali, società partecipate, autorità di diverso tipo) ai quali propongo le nostre soluzioni informatiche evidenziando come esse consentano di rispettare principi ampiamente condivisi (e, vale la pena aggiungere, la cui applicazione è obbligatoria per legge).
Sebbene la sensibilità stia obiettivamente crescendo, non posso fare a meno di registrare come, circa un ente su quattro, denunci di fatto una sorta di stallo operativo che impedisce di affrontare concretamente il tema. Tipicamente, l’ente è in fase di “riorganizzazione”, quindi non è “possibile” portare a termine un processo di analisi e valutazione, se non in tempi biblici e comunque non precisati. E questo, nei casi più singolari, anche se il tema della selezione dei professionisti rappresenta effettivamente una criticità per l’ente, tanto addirittura da aver attirato le “attenzioni” dell’ANAC o della Corte dei Conti.
Personalmente non credo che situazioni di “riorganizzazione” possano impedire di adottare policy di compliance adeguate, né che sia possibile oggi ignorare le istanze di trasparenza provenienti dalla società civile e dall’opinione pubblica. Credo che la maggior parte dei dirigenti pubblici possa trovarsi d’accordo con questa affermazione.
Viene poi il dubbio che possano essere in corso così tante riorganizzazioni “paralizzanti”. E il dubbio porta a pensare che queste “riorganizzazioni” nascondano in realtà ritrosie e indolenze verso il cambiamento. Ma questa, forse, è la migliore delle interpretazioni possibili.