di Enrico Zottis*
Se c'è una cosa che questa emergenza sanitaria ci sta insegnando è il valore delle tecnologie digitali. Grazie a un computer e una connessione internet molti hanno potuto continuare a lavorare, mantenere relazioni sociali, fare acquisti e divertirsi. Il web è diventato dunque l’ecosistema parallelo dove si svolge la nostra vita.
E sebbene gran parte delle aziende abbia capito l’importanza di avere una presenza online, lo stesso non si può dire di molti studi legali. Il rapporto difficile tra avvocati e comunicazione sul web è in parte spiegabile con i limiti che il codice deontologico sembrerebbe imporre in materia di pubblicità. C'è un timore diffuso di violare le regole e raccogliere il biasimo della comunità forense (il personal brand attraverso gli strumenti digitali e la comunicazione saranno approfonditi, tra gli altri, al Master in Non-Technical Skills per le professioni legali, organizzato da TopLegal in collaborazione con Lyceum, in programma dal 22 maggio al 19 giugno 2021, ndr).
Il rischio di parlare solo di sé
Proprio nel tentativo di evitare questo rischio molti degli studi legali che decidono di approdare sul web cadono nella trappola dell’autoreferenzialità. A chi si trova a scegliere un servizio legale importa poco o nulla che uno studio sia "storico" o che tra le sue peculiarità vi sia la "riservatezza". Ciò che vuole è una soluzione a un suo problema. È sapere se il team di legali possiede questa soluzione e se è sulla sua stessa linea di pensiero.
Come accontentarlo? Raccontando la propria realtà e condividendo, senza svendere, l’immenso bagaglio di competenze ed esperienza di cui ogni studio è in possesso. Proprio un’analisi condotta qualche tempo fa da TopLegal insieme a The Story Group – Nati per raccontarti (si veda l’articolo "L'Avvocato Digitale", pubblicato su TopLegal Review n. giugno/ luglio 2017) ha spiegato l’importanza che i contenuti hanno sulle scelte dei potenziali clienti degli studi legali. In primo luogo, le figure che si occupano dei mandati legali all’interno delle aziende visitano i siti internet e i social di chi offre loro servizi di consulenza.
In secondo luogo, il 100% degli intervistati dichiara di percepire in maniera diversa (leggasi: migliore) l’immagine degli studi dotati di siti internet moderni, aggiornati e con approfondimenti tematici; infine, oltre il 40% ha contattato uno studio dopo aver letto un approfondimento pubblicato sul sito o sui social dello stesso. A questo dobbiamo aggiungere un’altra in-formazione: ormai il 70% del processo d’acquisto avviene online (fonte HubSpot). Il mondo legale deve tenerne conto, ancor di più ora che una pandemia ci confina a casa (prosegue).
*Ceo Meta Line
L'articolo è un estratto dell'approfondimento "La trappola dell'autoreferenzialità" dedicato alla comunicazione digitale nel mercato legale, pubblicato su TopLegal Review, nr. aprile/maggioio 2021, disponibile anche su E-edicola.
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