Gli ultimi passi per l’adozione della Direttiva Ue in tema di dovuta diligenza ESG

16-01-2024

Gli ultimi passi per l’adozione della Direttiva Ue in tema di dovuta diligenza ESG

Continua il processo di approvazione della Proposta di Direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (Corporate Sustainability Due Diligence Directive, “CSDDD” o “CS3D”).

Come noto, la Proposta di Direttiva stabilisce l’obbligo per le imprese di identificare, valutare, prevenire, mitigare, rimediare o porre fine agli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente (come il lavoro minorile, la schiavitù, lo sfruttamento lavorativo, l'inquinamento, la deforestazione, il consumo eccessivo di acqua o i danni agli ecosistemi) causate dalle proprie attività e da quelle dei loro partner commerciali stabili. A tal fine, le imprese saranno tenute a effettuare investimenti, chiedere garanzie contrattuali ai propri partner commerciali stabili, migliorare le loro politiche aziendali e finanche fornire sostegno ai loro partner qualificati come piccole e medie imprese.

Le imprese dovranno integrare la cosiddetta "due diligence" nelle proprie politiche aziendali e nei loro sistemi di gestione del rischio, dando conto del loro approccio, dei processi e del codice di condotta. Le imprese dovranno anche adottare un piano che garantisca che il loro modello di business sia conforme alla limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C. A tal fine, in favore delle aziende con più di 1.000 dipendenti dovrebbero essere previsti benefici finanziari per l'attuazione del piano.

La proposta di Direttiva sta seguendo l’iter legislativo europeo ordinario con un percorso piuttosto travagliato. Il 23 febbraio 2022 la Commissione ha presentato al Parlamento europeo e al Consiglio una proposta di direttiva; il 1° dicembre 2022 il Consiglio ha adottato un orientamento generale, mentre all’inizio di giugno 2023 la proposta di direttiva era passata al Parlamento.

Come da prassi istituzionale, in seguito alle posizioni espresse dalle singole istituzioni, spesso in contrasto tra loro su singole questioni, è stata avviata la fase cosiddetta di “trilogo”, ossia il confronto istituzionale informale tra Parlamento, Consiglio e Commissione UE, durante la quale le istituzioni – anche a seguito di consultazioni con tutti gli stakeholders rilevanti, gli Stati Membri in primis – hanno raggiunto un accordo di massima su alcuni dei punti che erano ancora oggetto di discussione tra cui, a titolo di esempio, la definizione della cd. catena di valore, l’estensione o meno dell’ambito di applicazione della CS3D al settore finanziario, il sistema sanzionatorio e la definizione dell’impatto sui diritti umani.

A seguito dell’ultima riunione del trilogo, il 13 dicembre 2023 Parlamento e Consiglio hanno rilasciato dei comunicati che, purtroppo, sono in parte discordanti tra di loro.  Vediamo di riportare le maggiori novità 

L'accordo preliminare del trilogo definisce l'ambito di applicazione della direttiva, chiarisce le responsabilità delle imprese inadempienti, definisce meglio le varie sanzioni e completa l'elenco dei diritti e dei divieti che le imprese dovrebbero rispettare.

Secondo l’accordo raggiunto, l'ambito di applicazione della direttiva dovrebbe comprendere ora (a) le società con oltre 500 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale che superi Euro 150 milioni, (b) le società  con oltre 250 dipendenti e con un fatturato di oltre Euro 40 milioni, se almeno Euro 20 milioni sono generati in settori “sensibili” quali tessile, abbigliamento, agricoltura (comprese silvicoltura e allevamenti ittici), alimentare, estrazione e vendita di risorse minerali e costruzioni, (c) le società di Paesi terzi operanti all’interno dell’Unione Europea con un fatturato superiore a Euro 150 milioni, di cui almeno Euro 40 milioni generati all’interno dell’Unione Europea.  Da notare che il comunicato stampa emanato dal Consiglio omette di riportare tra i destinatari della direttiva le imprese operanti nei settori “sensibili”.

Inoltre, secondo l’accordo raggiunto dal “trilogo”, il settore della finanza (i.e., inter alia banche, investitori, assicurazioni e altre istituzioni finanziarie) sarà temporaneamente escluso dall’ambito di applicazione della Direttiva, al contrario di quanto previsto dalle bozze circolate in precedenza tra le varie istituzioni, ma vi sarà una clausola di revisione per un’eventuale inclusione futura del settore finanziario downstream sulla base di una valutazione d’impatto.  Tuttavia, secondo fonti informali su tali imprese graveranno comunque gli obblighi di elaborare dei piani di transizione climatica la cui violazione darà luogo a sanzioni amministrative ma non di responsabilità civile.

Stando al comunicato del Consiglio, tre anni dopo l’entrata in vigore, la Direttiva si applicherà anche alle società non residenti in uno Stato Membro ma con un fatturato netto superiore a Euro 150 milioni generato all’interno dell’Unione Europea; la Commissione dovrà pubblicare un elenco di imprese di paesi terzi che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva.

Una delle argomentazioni sicuramente cruciali di questo trilogo è stato definire, e quindi delineare la portata e l’estensione, del concetto di value chain (catena di valore) in relazione al quale le imprese soggette all’applicazione della Direttiva sono tenute ad assicurare il cd. Dovere di diligenza. L’accordo raggiunto dal Consiglio e dal Parlamento dovrebbe sposare una soluzione di compromesso: l’obbligo di diligenza si applicherà relativamente ai gravi impatti negativi effettivi e potenziali sull’ambiente e sui diritti umani per la “business chain”, che comprende i partner commerciali a monte dell’impresa e, in parte, le attività a valle, come per esempio la distribuzione o il riciclo.

Il compromesso raggiunto in sede di trilogo rafforza le disposizioni connesse all’obbligo che le società di grandi dimensioni si adoperino al massimo per adottare e attuare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici.

Per quanto riguarda la responsabilità civile, l’accordo rafforza le tutele giuridiche per le persone danneggiate.  Stabilisce un periodo di cinque anni entro cui i soggetti interessati dagli impatti negativi (compresi sindacati e organizzazioni della società civile) possono intentare un’azione legale adendo le corti di un qualsiasi Stato Membro. Limita inoltre la divulgazione di prove, provvedimenti inibitori e il costo dei procedimenti per chi intenta le azioni giudiziarie.

Quale ultimo rimedio, le imprese che rilevano impatti negativi sull'ambiente o sui diritti umani imputabili ai loro partner commerciali dovranno porre termine ai relativi rapporti commerciali, qualora detti impatti negativi non possano essere evitati, eliminati o mitigati.

Come noto, il dovere di diligenza riguarda in particolare le disposizioni dei trattati riportati nell'allegato I della Proposta di direttiva, che elenca gli strumenti internazionali ratificati da tutti gli Stati membri che stabiliscono norme sufficientemente chiare che debbano essere rispettate dalle imprese. 

Il compromesso raggiunto in sede del trilogo aggiunge però nuovi elementi ai trattati elencati nell'allegato per quanto riguarda i diritti umani, in particolare per i gruppi più vulnerabili e anche le principali convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) possono essere aggiunte all'elenco, mediante atti delegati, ma sempre una volta che siano ratificate da tutti gli Stati membri.  Secondo fonti informali, potrebbe restare escluso dall’allegato l’Accordo di Parigi.

L'accordo preliminare del trilogo introduce nell'allegato anche riferimenti ad altre convenzioni delle Nazioni Unite, come il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali o la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Analogamente il compromesso raggiunto dal trilogo chiarisce la natura degli impatti ambientali contemplati dalla direttiva, definendoli come qualsiasi degrado ambientale misurabile, quali cambiamenti nocivi del suolo, inquinamento idrico o atmosferico, emissioni nocive o consumo eccessivo di acqua o altri effetti sulle risorse naturali.

Ciascuno Stato Membro sarà tenuto a creare portali pratici, dedicati agli obblighi di dovuta diligenza delle imprese, che forniranno informazioni sui contenuti e sui criteri, sulle relative linee guida della Commissione e sulle informazioni per le parti interessate.

Inoltre, ciascuno Stato Membro dovrà designare un'autorità di vigilanza incaricata di monitorare il rispetto di tali obblighi da parte delle imprese e dotata di potere ispettivo e sanzionatorio. Tali organismi si scambieranno le migliori pratiche e coopereranno a livello dell'UE nell'ambito della rete europea delle autorità di vigilanza istituita dalla Commissione.

L'accordo preliminare prevede vari provvedimenti inibitori, tra cui "naming and shaming”, e tiene conto del fatturato della società ai fini dell'imposizione di sanzioni pecuniarie (ad es. un massimo pari ad almeno il 5% del fatturato netto della società). L'accordo prevede anche l'obbligo di coinvolgimento attivo per le società, ivi compresi un dialogo e una consultazione con i pertinenti portatori di interessi, quale misura del processo di dovuta diligenza.

L'accordo stabilisce che il rispetto della direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità possa essere considerato un criterio per l'aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni.

Inoltre, le imprese saranno responsabili per la violazione dei loro obblighi di dovuta diligenza e i soggetti terzi danneggiati avranno il diritto – come detto - di essere risarciti per i danni subiti.

L'accordo preliminare raggiunto tra Consiglio e Parlamento europeo dovrà essere approvato dal Comitato degli affari legali, dal Parlamento europeo in seduta plenaria e dal Consiglio.

Auspicabilmente il procedimento dovrebbe concludersi entro la primavera 2024, ma occorre notare che nel frattempo, proprio a giugno 2024, si svolgeranno le elezioni del Parlamento europeo.

La Direttiva, una volta approvata in via definitiva, dovrà poi essere recepita dai singoli Stati membri all’interno degli ordinamenti nazionali.

In conclusione, l’iter di approvazione della CS3D è in dirittura di arrivo.  Insieme alla CSRD, la CS3D avrà impatti importanti sulla conduzione dell’attività di impresa e sui rapporti con la “business chain”.  Le imprese dovranno quindi prepararsi per tempo, in un processo che vedrà impegnata in prima linea la funzione legale. 

Per essere sempre accanto ai propri clienti e assisterli in questo momento di importante transizione, Gianni & Origoni ha strutturato un focus team dedicato alla sostenibilità e ai fattori ESG composto da professionisti di differenti aree, con l’obiettivo di offrire l’assistenza e la consulenza legale necessaria, oltre che rispondere alle molteplici e crescenti necessità legate al tema della sostenibilità e alla gestione dei fattori ESG.

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