di Marco Michael Di Palma
La fine è stata veloce. Grimaldi e Associati, marchio storico che ha potuto vantare tanti successi professionali ed economici, oggetto di notevole considerazione sia in Italia sia all'estero, si è sbriciolato in meno di due mesi. Sconfitto, diranno alcuni, come Napoleone, da forze inferiori, ciniche, immeritevoli. E ci sarà da riflettere, non solo sulla fragilità di uno studio legale che con l’uscita di un singolo professionista finisce subito nel baratro, ma anche su quanti altri studi italiani in questo momento sono esposti allo stesso rischio di scomparire.
È venuto meno, nonostante una partnership qualificata di personalità di spicco, quella consapevolezza dei soggetti più importanti di avere assunto un vincolo associativo che avrebbe dovuto assicurare la continuità dello studio. Ma forse per lo studio Grimaldi era già troppo tardi.
Le responsabilità dello scioglimento sembrerebbero essere state principalmente addebitate ad alcuni soci senior a cui è stata rimproverata un’eccessiva ambizione e un profondo individualismo, distruttivo della collettività professionale. Ciò nonostante, bisogna considerare che in realtà il conflitto era compresente nel lontano 1993 alle origini dello studio, fondato sotto l’egida di un singolo professionista di grande fama e potere, e con una cultura interna incapace di crearsi gli anticorpi per sopravvivere all’emergenza.
Vi saranno coloro, senz’altro allibiti dall’estinzione di un grande nome legale, che rimpiangeranno il passare di una certa cultura di altri tempi in cui nelle associazioni vi erano colleghi riuniti in club di gentiluomini o addirittura “famiglie”. Adesso, lamenteranno, sono arrivati i manager a tempo pieno con la loro cultura aziendale in cerca solo di utili. Eppure, fin quando le parcelle e i fatturati aumentavano a dismisura, gli avvocati erano pronti ad accettare lo snaturamento di un mondo immaginato come più nobile e civile in cambio di compensi elevatissimi. Una volta scoppiata la bolla, sembra essere tornata la nostalgia della tradizione, della buona volontà e della solidarietà.
In fondo, però, le cose non sono mai state così. Il mercato legale italiano si è sempre distinto per il culto della personalità. Da parte loro, i clienti più ambiti sono sempre stati legati ai loro uomini di fiducia e pronti a seguirli nel caso cambiassero studio. Il senso della solidarietà, semmai fosse esistito, è stato ulteriormente indebolito da un mercato sempre più concorrenziale in cui serve attrarre i migliori talenti con relazioni importanti per catturare i migliori mandati. Di conseguenza, i soci sono diventati elementi mobili pronti, se necessario, ad alzare i tacchi e portarsi con sé i propri clienti.
In questo scenario, gestire i rapporti di potere e le ineguaglianze economiche all’interno di uno studio con l’amicizia e la solidarietà è una politica destinata a fallire. Per coinvolgere chi non gode dell’enorme fortuna economica personale e del potere e della fama di alcuni pochi soci, serve altro: una cultura di appartenenza insieme a una governance illuminata.
Emblematico da questo punto di vista due tendenze opposte in Italia. I nuovi soci che hanno accolto Roberto Cappelli hanno "allungato" il nome del loro studio anche per creare maggiore partecipazione e coinvolgimento diretto di persone disposte ad assumersi l’onore di guidarli un domani. Ma certamente, il nome dello studio non si può allungare all’infinito e quella scelta sembra una decisione antistorica vista accanto ad alcuni spin off e nuove realtà recenti che, anche per evitare i problemi legati agli individualismi, si sono dati nomi di fantasia.
Più che la nomenclatura, tuttavia, incide sul destino di uno studio la cultura interna che riesce a esprimere. Quando, nel 2002, i cinque soci italiani abbandonarono Clifford Chance per rilanciare Grimaldi e Associati, gli inglesi in un comunicato ufficiale indicarano come causa della rottura le divergenze dovute “all’approccio nel modo di agire e nella gestione di uno studio legale”. Dopo nove anni forse si è capito quale dei due approcci conveniva allora adottare.
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