A cura di avv. Andrea Sassi e avv. Alessandro Lardo
L’incremento spropositato del costo dell’energia ha colpito indistintamente imprese e consumatori, per questo motivo privati e PMI si sono adoperati per differenziare i propri sistemi di approvvigionamento energetico anche attraverso fonti green. I sistemi di produzione d’energia come i gruppi di autoconsumo, le comunità energetiche dei cittadini e le comunità energetiche rinnovabili hanno destato particolare attenzione alla luce delle esigenze emerse nell’ultimo anno. Così, più per necessità che per virtù, il processo di riconversione energetica voluto dall’UE è stato accelerato, ed il tema Energy è oggi al centro del dibattito mediatico e politico.
Se volessimo definire i soggetti coinvolti in questo processo, potremmo dire che l’autoconsumatore o prosumer è il soggetto proprietario di un impianto di energia rinnovabile che accumula e consuma tutta l’energia prodotta. Pertanto, si definisce gruppo di autoconsumo un gruppo di almeno due soggetti proprietari di un impianto di produzione di energia rinnovabile, che risiedono nello stesso edificio e che consumano tutta l’energia prodotta. Concettualmente identico è il principio alla base della comunità energetica dei cittadini[1], che associa non solo soggetti ubicati nello stesso edificio, ma soggetti privati, enti pubblici, PMI ed enti del terzo settore che producono e consumano energia, attraverso più impianti fra loro vicini e con un unico punto connessione, con il solo fine di ottenere benefici legati all’autoconsumo, senza che questo possa rappresentare in alcun modo una attività dalla quale possano derivare profitti finanziari.
La comunità energetica rinnovabile, invece, rappresenta un insieme di utenti che, tramite la volontaria adesione ad un contratto, collaborano con l’obiettivo di produrre, autoconsumare ed immettere nel mercato l’energia prodotta in eccesso, ottenendo pertanto benefici diretti derivanti dall’autoconsumo dell’energia prodotta e benefici economici derivanti dai profitti legati alla vendita dell’energia eccedente immessa nel mercato. Ai sensi della normativa vigente, possono essere parte delle comunità energetiche rinnovabili le unità abitative, le PMI, gli studi professionali, gli enti locali e gli enti del terzo settore.
Le prime fonti legislative sul tema rivengono dal Legislatore Comunitario, che con la Direttiva 2009/29/CE ha fissato gli obiettivi per la riduzione dei gas serra entro il 2020 incentivando la produzione di energia da fonti rinnovabili. In seguito è stata emanata la più famosa Direttiva RED II (Direttiva 2018/2001), la quale entro il 2030 ha l’ambizioso obiettivo di fissare al 32% il quantitativo minimo di energia proveniente da fonti rinnovabili che ogni Paese UE dovrebbe utilizzare per soddisfare il proprio fabbisogno energetico nazionale. Il Legislatore interno ha poi recepito suddette fonti comunitarie con il Decreto Milleproroghe del 2019 (DL n.162 del 30.12.2019), convertito con la Legge n. 8 del 28.02.2020 e con la Delibera ARERA 318/2020/R/EEL.
Per quanto concerne i requisiti di produzione fissati dalla normativa vigente, il legislatore di recente ha ampliato il limite di capacità produttiva consentita per ogni impianto, portandolo da 200 kW fino a 1MW. Con il via alla consultazione Pubblica del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica che ha avuto luogo dal 28 novembre al 12 dicembre, il Governo ha voluto prestare ancor di più attenzione ai gruppi di autoconsumo e alle comunità energetiche. I punti oggetto di consultazione sui quali si è sollevato il maggiore interesse sono stati, in primis quello relativo agli incentivi per gli impianti fotovoltaici, sui quali sarà previsto un fattore di correzione zonale di 4 €/MWh per le regioni del Centro Italia e 10 €/MWh per le regioni del Nord Italia, e poi quello relativo al prezzo di vendita dell’energia eccedente il fabbisogno delle comunità energetiche. Infatti fra le proposte avanzate dal ministero vi è quella di fissare un prezzo massimo pari ad 80 €/MWh nel caso in cui la quota di energia condivisa immessa sul mercato libero fosse inferiore al 70% dell’energia totale prodotta, mentre qualora l’energia condivisa immessa sul mercato eccedesse il 70% dell’energia prodotta il prezzo sarebbe lasciato alle determinazioni del gestore. Sicuramente, anche prestando attenzione ai commenti dei tecnici addetti ai lavori, le proposte sul tavolo sono interessanti e ricche di spunti ma, poiché ancora in fase embrionale, necessitano di una maggiore e più attenta previsione normativa.
Parlando del tema degli incentivi, il legislatore ha riconosciuto per ogni impianto un incentivo unitario sull’energia condivisa pari a 7,78 €/MWh per le utenze a bassa tensione fino al 31 dicembre 2022. Resta ferma comunque la previsione per cui, anche negli anni successivi, verrà riconosciuto un incentivo per un valore più elevato della componente variabile di distribuzione per le utenze in bassa tensione pari a 0,59 €/MWh per i successivi 20 anni. Un bel vantaggio se consideriamo i prezzi di vendita dell’energia rilevati da ARERA, che per il IV trimestre del 2022 ammontano a 6,8 c€/kWh. Ancora, il MISE riconosce dal 2020 una tariffa premio sull’energia utilizzata pari a 100 €/MWh per le comunità di autoconsumo e 110 €/MWh per le comunità di energetiche.
Sul finire del 2022 in ultimo, ARERA, con la delibera 27 dicembre 2022 727/2022/R/eel, ha definito invece un ulteriore aspetto, quello relativo alla regolamentazione dell'autoconsumo diffuso, così come previsto dal Dlgs 199/21 e dal Dlgs 210/21, approvando il relativo Testo integrato (Tiad). Potremmo definire l’autoconsumo diffuso come l’approvvigionamento energetico ottenuto da impianti, anche gestiti da terzi, che seppur nella disponibilità e sotto il controllo dei referenti delle rispettive comunità o dei gruppi di autoconsumo, producono energia in luoghi fisicamente distanti dall’effettivo luogo di utilizzo.
La delibera si pone l’obiettivo di dare una definizione del concetto di “diffuso”, dove, se per diffuso nei gruppi di autoconsumo si intendono le aree adiacenti ed in piena disponibilità del condominio, per le comunità energetiche dei cittadini e per le comunità energetiche rinnovabili, per definire il concetto di diffuso si parla più genericamente di “stessa zona di mercato dove sono ubicate le unità di consumo”.
Ancora, la delibera, oltre a fissare le metodologie di calcolo per la determinazione degli incentivi (anche in virtù della dispersione energetica derivante dalla distanza fra il luogo di produzione ed il punto di connessione), precisa che gli impianti connessi con linea elettrica diretta non possono essere ubicati ad una distanza di oltre i 10 Km dall’effettivo luogo di disponibilità dell’autoconsumatore, mentre viene utilizzata anche in questo caso la dicitura che delimita alla “stessa zona di mercato” per gli impianti che utilizzano la rete di distribuzione.
A conclusione di quanto esposto è evidente che i gruppi di autoconsumo, le comunità energetiche dei cittadini e le comunità energetiche rinnovabili, possono rappresentare una grossa opportunità, non solo in ottica di breve periodo (riducendo gli esborsi dovuti per il caro energia), ma anche in ottica di lungo periodo, poiché le piccole aziende o gli enti pubblici proprietari di un impianto, potrebbero pressoché azzerare i costi dell’energia, destinando così altre risorse all’efficientamento delle proprie attività. L’immensa quantità di lastrici solari inutilizzati può rappresentare una opportunità di sviluppo, anche in ottica di rigenerazione urbana, che potrebbe trasformarsi in una ben più interessante opportunità di guadagno.
Alla luce di quanto abbiamo vissuto negli ultimi mesi, è importante riflettere anche sul concetto di creazione di valore sul quale siamo abituati a ragionare da anni e che non ha mai tenuto conto dei costi ambientali, ma soprattutto che non ha mai considerato il concetto di scarsità energetica oggi predominante in agglomerati cittadini sempre più densamente popolati. Semplicemente per anni ci siamo disinteressati al problema e ci siamo cullati sull’idea che l’energia da combustibili fossili sarebbe stata accessibile per sempre a costi bassissimi. Oggi la creazione di valore passa da altre strade, come l’accesso strumenti tecnologici che minimizzino i consumi e mantengano bassi i costi finali. Per questo motivo, l’implementazione dei gruppi di autoconsumo e delle comunità energetiche su tutto il territorio nazionale potrebbe contribuire sensibilmente alla valorizzazione degli immobili, che così evolverebbero la loro funzione, non assolvendo più solamente alla funziona abitativa o a quella di investimento rifugio per eccellenza, ma diventando fonte di ricchezza, di autonomia e di efficienza energetica.
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[1] definizione ai sensi dell’art. 3 D.lgs n. 210 dell8 novembre 2021
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