Tra fischi (molti) e applausi (pochi), il ministro guardasigilli, Angelino Alfano (nella foto), ha deciso di affrontare la platea del Congresso nazionale forense di Genova per difendere l’operato del Governo sia sul fronte dell’avvocatura sia su quello della Giustizia.
«Il rischio», ha detto Alfano, «è che il cartellino rosso lo prenda l’avvocatura italiana e che a darglielo siano gli studi internazionali che si stanno insediando in Italia». Sul contenuto della riforma forense passata al Senato martedì scorso, il ministro ha chiarito subito il suo punto di vista: «Io penso che si debba tenere a mente l’avvocatura di questo secolo e non quella del secolo passato. E si tratta di un’avvocatura che deve essere capace di reggere un mercato competitivo».
Allo stesso tempo, tuttavia, Alfano ha chiesto ai delegati dell’avvocatura italiana il riconoscimento dell’impegno del Governo e della maggioranza parlamentare al fine di abrogare i pilastri delle liberalizzazioni introdotte dal decreto Bersani del 2006 ed in particolare l’abolizione dei minimi tariffari inderogabili e l’istituzione del patto di quota lite. «Per far passare questi cambiamenti», ha ribadito Alfano, mi sono dovuto scontrare con i poteri fori e in particolare con Confindustria. E allora dico: o la si smette con questa campagna elettorale permanente dentro l’avvocatura o non si andrà da nessuna parte». Se a questo punto, il guardasigilli era riuscito a prendere anche qualche applauso, i fischi sono subito tornati quando ha affrontato il tema della mediaconciliazione. «Questo istituto», ha detto il ministro, «non cancella il grado giurisdizionale. Se la mediazione fallisce si va dal giudice». E dopo aver ricordato che per il tanto vituperato spot del ministero con Milly Carlucci, la soubrette «ha lavorato gratis», ha concluso dichiarando l’intenzione di convocare un tavolo a cui dovranno partecipare i vertici dell’avvocatura, i rappresentanti delle opposizioni parlamentari e il governo «e qui, una volta per tutte, bisognerà che ognuno si pronunci sui minimi tariffari, sul patto di quota lite e sulla facoltatività della mediazione, prendendosi ognuno le proprie responsabilità».
Certo, il fantasma di una crisi di Governo e di un ritorno alle urne anticipato non è stato scacciato. Ma sul punto Alfano ha concluso: «Noi vogliamo portare avanti la Legislatura e quindi vogliamo fare in modo che la legge di riforma forense divenga legge dello Stato, tagliando, dopo 70 anni di attesa, un traguardo storico».