Negli ultimi tre anni i fondi attivisti, soprattutto di derivazione americana e britannica, sono intervenuti con un peso sempre maggiore nel mercato italiano. Fondi noti alle cronache finanziarie come Elliott, Amber Capital, Knight Winke, ma anche il fondo tedesco Shareholder Value Management, hanno portato avanti diverse campagne per migliorare la governance di società italiane. Si chiamano fondi “attivisti” perché, diversamente da quelli “passivi”, acquistano partecipazioni minoritarie ma significative in società quotate con l’obiettivo di influenzare il governo societario e le strategie di gestione con un esercizio consapevole del diritto di voto. Nel periodo tra il 2000 e il 2010, su un totale di 1750 casi di intervento di fondi attivisti a livello internazionale, ben 42 episodi si sono concentrati sull’Italia. Solo quest’anno, sono state complessivamente sette le società italiane puntate dagli attivisti, incluso il caso esemplare di Telecom Italia, che ha visto la vittoria di Elliott sul socio di maggioranza Vivendi nel rinnovo del Cda del 4 maggio. Questo è il dato che emerge, a fine settembre 2018, da una ricerca condotta da Activist Insight e Skadden (Activist Investing in Europe Report 2018). TopLegal ha intervistato sul tema Lorenzo Corte, partner di Skadden, da poco nominato co-head del dipartimento M&a di Londra dello studio.
Quali sono i fattori che hanno determinato un maggiore intervento degli attivisti in Italia negli ultimi anni?
Storicamente gli attivisti in Europa hanno preso di mira giurisdizioni con mercati più maturi e con un maggior numero di investitori istituzionali americani, come ad esempio Londra, Parigi ed Amsterdam, dove le società quotate risultano anche più facili da attaccare vista la minor presenza di azionisti di riferimento, circostanza alquanto diffusa invece in Italia.
Negli ultimi tre anni, però, l’attività degli activist investor è aumentata anche in Italia per diverse ragioni: è aumentato il peso di investitori istituzionali stranieri (e in particolare di derivazione americana); gli attivisti americani e londinesi – come Elliott Management Corporation e Amber Capital – hanno affinato le strategie utilizzate nel mercato europeo, acquisendo una maggiore fiducia che li ha persuasi ad entrare nel mercato italiano; infine, l’Italia (come alcuni altri stati membri europei) ha attraversato un periodo caratterizzato da alcune realtà in sofferenza, soprattutto in termini di performance, che rappresentano il bersaglio preferito dagli attivisti.
Alcuni esempi di fondi attivisti in Italia?
L'esempio più recente è certamente l'intervento di Elliott nel capitale di Telecom che è ben noto. Lo stesso Elliott è entrato anche in Ansaldo dove è arrivato a detenere una quota pari a circa il 32% del capitale sociale e, in qualità di azionista di minoranza ma con una partecipazione rilevante, è riuscito a nominare fino a tre membri del consiglio di amministrazione e un membro del collegio sindacale, impedendo il delisting di Ansaldo, a cui aspirava il socio di maggioranza Hitachi (il fondo ha poi ceduto a inizio novembre l'intera partecipazione a Hitachi, che ha annunciato un’Opa volontaria sulla parte restante del capitale, ndr).
In Parmalat, Amber ha acquisito un numero di azioni che gli ha permesso di ostacolare il completamento del takeover di Lactlalis su Parmalat e quindi il delisting della società (a inizio dicembre Lactalis ha incrementato la sua partecipazione al 95,8% del capitale, annunciando di voler procedere a uno squeeze-out (acquisto obbligatorio) del 4% del capitale restante, ndr).
Quali sono i settori e le tipologie di imprese in cui si concentrano maggiori iniziative degli attivisti?
Gli attivisti non sono sector-driven, bensì situation-driven. Storicamente, hanno dimostrato di avere interesse per società che ritengono vulnerabili. In Italia, pertanto, non ci sono settori maggiormente a rischio ovvero settori che possono definirsi al riparo da interventi degli attivisti.
Come commenta i risultati del proxy contest nell’assemblea di Telecom che ha portato alla vittoria di Elliott su Vivendi?
Ritengo sia stato dovuto ad un allineamento di interessi da parte del governo, di Elliott e degli altri investitori istituzionali. Elliott si è fatto portavoce di quella parte dell’azionariato che non si trovava d’accordo con le politiche attuate da Vivendi, sapendo così sfruttare il malcontento generale.
Le strategie degli attivisti in Europa si ispirano a quelle adottate sul mercato americano?
Il mercato europeo si differenzia dal contesto americano sotto vari aspetti: ad esempio, le regole di governance e di disclosure sono diverse. Tuttavia, molte delle strategie che abbiamo visto mettere in atto da parte degli attivisti in Europa derivano dal mercato americano. Tra gli aspetti peculiari del mercato italiano, va segnalato che per le società quotate la normativa applicabile prevede un sistema di liste in base al quale la lista di minoranza ha diritto di nominare almeno un amministratore nel Cda e il presidente del collegio sindacale. Si tratta di un vantaggio per gli attivisti che non trova eguali in altre giurisdizioni.
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